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La lezione sul mito del professor Covid. Leggendo Baricco

La pandemia è stato lo stress test delle idee sbagliate del ‘900. Il mondo non finirà ma dovrà cambiare il nostro modo di pensare e il nostro rapporto con il pianeta.

Quando accade un evento catastrofico che coinvolge tutto il mondo ed eccita i media in un incessante commento planetario, il rumore diventa assordante. Un eccesso di informazione è sempre deformante e allora viene il momento di spegnare tutti i social, tutti i media, tutte le televisioni e di aprire i libri. Sì, ci è stato consigliato di rileggere il Decameron di Boccaccio, I promessi sposi di Manzoni e La peste di Camus per capire la pandemia, testi indispensabili.

Ma poi bisogna leggere anche altro per pensare la novità di quello che ci sta accadendo. Di qualcosa che è così vicino e pressante ma che non riusciamo a vedere e a pensare in tutta la sua portata. In questo senso, il testo di Alessandro Baricco sembra una lettura davvero importante. Intanto per il tipo di scrittura, quasi che lo scrittore e saggista torinese cercasse una modalità espressiva nuova, essenziale, breve come quella di un sms, all’altezza di contenuti totalmente nuovi. Come se le formule tradizionali fossero inadeguate a dire l’inaudito e l’indicibile nella forma stessa dell’espressione, andando al di là di quello che “menti novecentesche” possono pensare.

La pandemia non è solo un evento sanitario ma possiede la forza di un evento mitico

La tesi è semplice e forte: la pandemia non è solo un evento sanitario ma possiede la forza di un evento mitico, “la pandemia è una creatura mitica”. E lui si domanda giustamente come mai i politici si servano solo dei virologi e degli epidemiologi e non anche degli antropologi. Che cos’è un mito? È la modalità che gli esseri umani hanno creato per far fronte ad eventi che li trascendono e li travolgono. Di fronte a forze che non possono essere addomesticate l’umanità ha eretto quelle fragili e formidabili costruzioni collettive che sono i miti. “Figure in cui una comunità di viventi organizza il materiale caotico delle proprie paure, convinzioni, memorie o sogni”, questo è lo spazio mentale del mito. Non è niente di fantastico o di leggendario, il mito è sì artificiale ma non irreale e come venga generato è misterioso. Come il rito, a cui è legato, è finto ma non falso. Attraverso la creazione mitica si costruiscono mondi e si distruggono mondi di straordinaria bellezza e potenza, nei quali “gli uomini diventano più di ciò che sono”.

Accecati dalla potenza della spiegazione scientifica la nostra capacità di leggere e intendere il mito si è oggi andata indebolendo, per questo non capiamo quello che ci sta accadendo. Lo si è ridotto a reperto magico, lo si è considerato una forma di ignoranza passata da superare. Così facendo siamo diventati incapaci di riconoscerlo quando inevitabilmente si presenta.

Non è niente di fantastico o di leggendario, il mito è sì artificiale ma non irreale e come venga generato è misterioso

La scienza andrebbe messa in rotazione con il sapere mitico, non in antagonismo. Creatura mitica è stato, ed ancora in parte lo è, l’inconscio così come anche quello che Baricco chiama, e lo chiamava così anche nel precedente saggio The game sulla rivoluzione informatica, il mito della profondità. Quello che ci sta accadendo ora non è solo il prodotto di una serie di cause ma un evento mitico. Il mito è l’effetto del grido umano di fronte all’inaspettato che diventa storia. Il contagio è l’evento scatenante di una costruzione immaginaria collettiva. Il virus è un incipit ma poi c’è stato un contagio delle menti più che dei corpi. L’evento mitico è stata la frattura, stile fine del mondo, preceduta da un sotterraneo movimento sismico costituito dalla rivoluzione digitale degli ultimi venti anni, un altro evento “virale”, e da tutta un’altra serie di accadimenti che l’hanno resa possibile e “poi quasi invocata”. 

C’è sempre una sproporzione là dove gli umani generano il mito”. La sproporzione era quella del mondo che abbiamo creato con troppi abitanti stipati nelle città, con troppi viaggi, con troppi turisti, con troppo inquinamento, con troppo sviluppo infinito in un ambiente finito, con troppo ingiustizia e diseguaglianza tra ricchi e poveri, con troppo di tutto. L’effetto era quello, ancor prima del Covid, di una “illogica disarmonia, se non una chiara deformità”. Lo sguardo è rivolto al virus ma quello che si sente nell’aria è tutto il resto della mostruosità. Era l’incipit di un’alba o di un tramonto di una civiltà.

Se la pandemia è un grido mitico collettivo che cosa volevamo significare a noi stessi? La risposta è da ricercare nella follia in cui stavamo vivendo prima e nel “bisogno spasmodico di fermarsi…Un urlo di fatica. Di ribellione”. È l’incrinatura del mondo impossibile di ieri in cui gli umani hanno ritrovato l’evento elettrizzante che segna una cesura drammatica. “Nulla sarà come prima”, lo si disse all’indomani dell’11 settembre ma, come dice Baricco, era una bigiotteria intellettuale. La vera cesura è il Covid con la sua ossessione per la distanza e l’igiene, quasi la confessione che lavandosi continuamente le mani potessimo purificarci per la vita che facevamo prima.  Così, nelle corsie in cui si moriva senza sapere di che cosa, noi abbiamo disegnato la sintesi mitica di un nostro possibile

destino, per costringerci a guardarlo, a temerlo, a dirlo, forse a fermarlo”. Ecco la lezione del prof. Covid, quello che il mito intende dirci: non possiamo più vivere la vita di prima. L’organizzazione del mondo nella quale siamo vissuti deve cambiare. Ecco che cosa è venuto a dirci l’evento mitico: “spezza le catene dell’inevitabile” e pensa l’impensabile. Il dominio del mondo a cui aspiravamo è impossibile, le conseguenze disastrose delle nostre azioni collettive non possono essere ignorate. È necessario rivedere il modello di vita, il nostro rapporto con la natura, dobbiamo cambiare vita, respirare su basi diverse, dobbiamo mettere da parte la tristezza e agire. La pandemia è stato lo stress test delle idee sbagliate del ‘900. Il mondo non finirà ma dovrà cambiare il nostro modo di pensare e il nostro rapporto con il pianeta.

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