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Abituarsi al peggio? Guerra e crisi ambientale

Il Limite / 110

 

Abituarsi al peggio?

Guerra e crisi ambientale

 

“Riconsiderando il secolo precedente e il nostro fino ad oggi, posso attestare che tutti i maggiori eventi sono stati inattesi”

E. Morin

di Raniero Regni

Credo che sia stato Leopardi a definire l’abitudine una malattia. Certo la routine ha dei vantaggi, evita il continuo e logorante senso di allarme che renderebbe la vita troppo faticosa. Però abituarsi al peggio, accettare l’inaccettabile è altrettanto pericoloso. Sì, ci stiamo abituando ai bollettini di guerra, con i loro bilanci in numeri di vite umane, di distruzioni causate, di razzi lanciati, da una parte e dall’altra. Così ci stiamo abituando alla crisi ambientale con i suoi effetti devastanti che compaiono sotto forma di eventi climatici catastrofici e di inquinamento crescente.  È più forte di noi, ma così facendo l’abitudine conduce al peggio.

La frase che abbiamo messo in occhiello a questo articolo è stata scritta da uno degli intellettuali più importanti di oggi, che ha più di cento anni: E. Morin. Per cui il suo valore non è solo di tipo concettuale ma ha il peso di una testimonianza di chi ha assistito di persona a quasi tutti gli eventi più importanti del secolo scorso e di questo. Nessuno si aspettava una catastrofe europea nell’agosto del 1914. Eppure abbiamo avuto la prima guerra mondiale. Nessuno aveva previsto la rivoluzione Russa eppure abbiamo avuto l’URSS. Nessuno pensava che il fascismo durasse e invece abbiamo avuto il ventennio. Nessuno pensava che l’accesso legale al governo in Germania di un piccolo partito estremista avrebbe portato alla nascita del Nazismo. Nessuno pensava che nel ’39 la Germania e la Russia si alleassero, né che con l’invasione della Polonia sarebbe scoppiata la più grade guerra di ogni tempo. E, più vicino a noi, impensabile la sconfitta degli Stati Uniti in Vietnam. Impensabile il crollo pacifico dell’Unione sovietica nel 1989. Impensabile e imprevedibile anche la pandemia nel 2021. Certo, ci sono sempre state le Cassandre inascoltate, coloro che pure avevano previsto il peggio. Ma la stragrande maggioranza è stata spesso risvegliata bruscamente dal proprio torpore, dall’abitudine.

Certo, nel 1972 c’era stato il famoso “rapporto Meadows” del Club di Roma, che si intitolava proprio I limiti dello sviluppo, ma nessuno lo ha ascoltato con la dovuta attenzione e abbiamo dovuto aspettare l’estate 2022 per prendere coscienza della tragedia della crisi climatica innescata dal riscaldamento globale. La degradazione della biosfera, riconosciuta dal 1970 dai pionieri scientifici dell’ecologia, è stata volutamene ignorata e occultata e oggi presenta il suo terribile conto ad una coscienza ecologica, rimossa per mezzo secolo, e che resta ancora insufficiente.

Oggi la guerra in Ucraina rappresenta una minaccia costante. È una crisi bellica che aggrava tutte e altre crisi, quella ecologica, quella economica, quella della civiltà, quella del pensiero. Nel 2017 si contavano ottanta milioni di esseri umani sull’orlo della carestia. Dopo la pandemia sono diventati 276 milioni e oggi sono 355 milioni. La pace diventa sempre più urgente ma sembra ogni giorno più lontana. Non entro nel dibattito su guerra giusta e pace giusta. Come osserva sempre E. Morin, “dobbiamo riconoscere, nello stesso tempo, ciò che è semplice (l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, l’opposizione fra democrazia occidentale e dispotismo russo) e ciò che è complesso (il contesto storico e geopolitico)”. Ovvero che esiste una dimensione in cui grandi potenze imperiali si contendono il dominio del mondo. Ovvero che si stanno combattendo più guerre in una stessa guerra. Ma tenere unite queste due dimensioni significa essere costretti a pensare. E pensare stanca. Montessori scrisse molto tempo fa che la politica al massimo può impedire la guerra, ma solo l’educazione può costruire la pace. La politica fallisce e l’educazione appare impotente. Eppure, se dall’imprevisto può nascere la catastrofe, forse dall’imprevisto di tante piccole e giovani volontà può nascere anche la salvezza. Spera il meglio e preparati al peggio, sostiene qualcuno. Per me vale invece non abituarsi al peggio, ma sperare e impegnarsi per il meglio.

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