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IL CAPITALISMO SENZA FALLIMENTI E I CONTRASTI IN EUROPA

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 IL CAPITALISMO SENZA FALLIMENTI E I CONTRASTI IN EUROPA

di Mario Travaglini

Riconosco che il titolo di questo articolo non spiega abbastanza lo scopo. Il suo sviluppo più coerente potrebbe essere : “Le incertezze che pesano sull’Eurozona dovrebbero incoraggiare a proteggersi da una crisi monetaria, anche quando i fallimenti sembrano impossibili”. Se rileggo i testi classici di economia, di diritto,di contabilità e finanza sui quali ho studiato durante il periodo scolastico e  universitario non posso fare a meno di constatare come i sacrosanti principi sui quali si fondava il mercato libero, siano stati falsati, se non gettati deliberatamente nella pattumiera. Infatti è interessante notare come i recenti eventi bancari abbiano distorto valori che sembravano fino ad oggi intangibili.

Siamo di fatto entrati in una nuova era in cui il fallimento non è più possibile. Se un’azienda è troppo grande per fallire, verrà salvata. La Silicon Valley Bank deteneva i depositi di molte società tecnologiche, tanto che una startup su due aveva un deposito alimentato dalla liquidità derivante dalla raccolta fondi. Solo l’anno scorso aveva 35.000 clienti e deteneva depositi per circa 200 miliardi di dollari. Per anni questi depositi non hanno fruttato nulla, poiché i tassi di interesse erano bassi. SVB li ha collocati in obbligazioni a lungo termine. Ma il valore di questo portafoglio è crollato sotto l’effetto dell’aumento dei tassi. Ogni volta che un cliente della SVB ritirava il suo denaro, la banca subiva delle perdite. E poiché molti clienti volevano ritirare i loro soldi…. le perdite,alla fine, sono diventate insostenibili.

Dopo questo incidente, non ha importanza se la FED e la BCE fermeranno il  rialzo dei tassi. Dal mio punto di vista ha poca importanza perché è sufficiente uniformarsi al solito principio di gestione patrimoniale da tenere sempre a mente: ossia, quando i tassi sono bassi, i prezzi sono cari,mentre quando i tassi  sono alti, i prezzi sono a buon mercato. Semplicemente perché, come nel primo caso  (tassi bassi), gli acquirenti a credito si moltiplicano e alzano la posta in gioco. Quindi, pur essendo vero che i  tassi sono aumentati, è sufficiente aspettare pazientemente che  le azioni, non ancora adeguatamente valutate, lo diventino a breve e poi trarne profitto. Come non ricordare quando dodici anni fa con la Grecia in bancarotta la moneta unica corse il rischio di esplodere ? Ma in questo 21° secolo che pretende di instaurare un capitalismo senza bancarotta, ciò che vale le grandi imprese bancarie del settore privato deve valere anche per il settore pubblico. La Grecia è stata quindi salvata e oggi dobbiamo subire senza fiatare i  tassi negativi. La scorsa settimana, il Governatore della banca centrale greca ha dichiarato di aspettarsi che il debito greco venga riqualificato e rivisto al rialzo  dalle agenzie di rating, auspicando che venga ricollocato nel posto in cui merita dopo tanti sacrifici, ossia a “investment grade”. Il Governatore, tuttavia, sembra dimenticare che il suo Paese è indebitato per il 190% della sua economia e se rilegge i testi di storia finanziaria capirebbe che la sua richiesta e oltremodo temeraria perché  non si torna mai indietro da un tale livello di indebitamento se non per default (non si paga) o per vincere una guerra e saccheggiare il perdente per salvarsi. La Grecia importa più di quanto esporta; il deficit pubblico è superiore al 7%, ben al di sopra della crescita dell’attività economica che è solo del 5% . Se dunque l’appello del Governatore dovesse essere accolto dalle agenzie di rating   queste ultime saranno costrette ad alzare il livello anche per i paesi come il Portogallo, la Spagna e l’Italia, sancendo in tal modo il principio che fallire non sarà più consentito né per il pubblico né per il privato di grandi dimensioni (leggasi Credit Suisse e banche americane varie). In questo contesto si inserisce anche il conflitto in essere tra la Russia  e l’Ucraina, che dimostra quotidianamente che gli interessi dei paesi che condividono la moneta unica non convergono (per usare un eufemismo), soprattutto in campo energetico e militare. Di recente, alla opposizione di alcuni paesi tra cui l’Italia, si né aggiunta anche quella tedesca, mettendo in discussione il divieto di commercializzazione dei motori termici entro il 2035. “Serve libertà di scelta nella tecnologia. La decisione sui motori è una questione per i clienti, per i costruttori e non per i politici”, ha tuonato Christian Lindner, ministro delle Finanze tedesco, per giustificare che il suo Paese non voterà il testo. Con il rialzo dei tassi dovrebbe riaffiorare il dissenso tra formiche e cavallette, il che non fa ben sperare per il corso dell’euro e per il prezzo dei combustibili fossili le cui bollette si pagano in dollari. Questa incertezza sull’Eurozona è un motivo potente per proteggersi da una possibile crisi monetaria con strumenti che abbiano a che fare con l’oro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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