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Valore & Valori / Mario Travaglini 170

Come abbiamo visto la scorsa settimana, l’UE è accusata di eccessiva centralizzazione e di praticare politiche economiche rischiose. Le dimissioni di Thierry Breton e le controverse nuove nomine stanno riaccendendo le tensioni all’interno della Commissione europea ponendola di fatto di fronte ad un bivio.

Sotto la guida di Ursula Von der Leyen, gli eccessi normativi dell’UE sull’ambiente e sulla tecnologia digitale continuano a sollevare preoccupazioni in tutta Europa, e il rapporto di Mario Draghi ne è solo l’ultimo esempio. Il declino industriale, il crescente malcontento nei confronti delle politiche climatiche e la tendenza verso la centralizzazione fanno presagire un futuro pieno di insidie.

Nonostante l’avvertimento di Mario Draghi, secondo cui “con questa legislazione stiamo uccidendo le nostre imprese”, la Von der Leyen non sembra aver imparato alcuna lezione dal malcontento pubblico mostrato nelle elezioni di giugno, considerando che la distribuzione dei portafogli sia stata fatta senza troppo pensare. La nomina di personaggi come Stéphane Séjourné, Teresa Ribera e Christophe Hansen come nuovi commissari europei non fa altro che aggravare la sensazione che la Commissione stia perseguendo politiche economicamente insostenibili.

Il fatto più preoccupante, però, è che si è spinta a rifiutare la nomina di Thierry Breton che la Francia aveva proposto per un secondo mandato. Questo è  stato davvero un segno dell’eccessiva centralizzazione  e del consolidamento del potere nell’UE che, peraltro, la stessa baronessa non ha intenzione di nascondere. Dal retrobottega si è appreso che il commissario francese si è dimesso dopo aver accusato la Von der Leyen di aver stretto un accordo con il presidente Macron per metterlo da parte in cambio di un ruolo più influente per la Francia.

Breton non è stato l’unico commissario a sfidare la centralizzazione del potere della signora Von der Leyen, ma è stato uno dei più virulenti. La sua opposizione al tentativo di Von der Leyen di nominare Markus Pieper inviato per le PMI dell’UE è solo un esempio dell’attrito. Questa carica, precedentemente onoraria, si è trasformata in una carica ben retribuita, cosa che il signor Breton con poco tatto non ha mancato di far rilevare.

I conflitti  e le dispute con la Von der Leyen, insieme a rapporti sempre più scadenti con le principali aziende tecnologiche statunitensi, alla fine hanno portato al suo allontanamento. Questa crescente centralizzazione del potere sotto la guida della Von der Leyen non è stata esente da critiche ma è più che chiaro che intende mantenere la rotta, anche di fronte alla resistenza pubblica e politica. Ciò è visibile anche nella distribuzione dei portafogli dei commissari europei designati.

La nomina di Teresa Ribera come commissaria europea alla concorrenza, con responsabilità anche per la politica climatica, è forse la più allarmante. L’unica cosa che le interessa è evitare gli aiuti statali, come dimostrano i sussidi miliardari concessi dal governo spagnolo all’“idrogeno verde”, senza tenere conto del rapporto critico della Corte dei conti europea su tale approccio. La signora Ribera, una socialista spagnola che da tempo promuove politiche climatiche che molti considerano economicamente dannose, sarà anche responsabile del portafoglio “transizione pulita, giusta e competitiva”. Di particolare preoccupazione è la sua opposizione al nucleare, una fonte energetica in grado di coniugare standard di vita e ridurre le emissioni di CO2. La signora Ribera non è l’unica contraria al nucleare. Il danese Dan Jørgensen, altro attore chiave nella politica energetica della Commissione, condivide la sua opposizione. Durante il suo mandato in Danimarca, è stato testimone di progetti energetici costosi e alla fine falliti, come le “isole energetiche”.

I sostenitori del clima e la lobby delle energie rinnovabili avrebbero interpretato la decisione della Von der Leyen di affidare a Ribera, Jørgensen e al commissario olandese Wopke Hoekstra la responsabilità della politica climatica ed energetica come un segno di continuità con il “Green Deal”, anche se  l’uso di quel termine è stato  cancellato dai titoli dei commissari europei perché diventato troppo divisivo. Un’altra figura preoccupante è quella del lussemburghese Christophe Hansen, nominato nuovo commissario europeo all’Agricoltura. In qualità di ex relatore della direttiva UE sulla deforestazione, è responsabile di una direttiva che ha portato a notevoli attriti nel commercio internazionale, in particolare con i principali esportatori di olio di palma, come la Malesia e l’Indonesia, dove molti piccoli agricoltori sarebbero colpiti dalle misure dell’UE.  Il rifiuto dell’UE di riconoscere i propri standard sulla deforestazione, che secondo le ONG sono stati efficaci nel ridurre la perdita di foreste, ha bloccato i negoziati commerciali. Il Regno Unito, dal canto suo, ha adottato questi standard, dimostrando un approccio più pragmatico. Le conseguenze della direttiva hanno anche spinto la Germania e altri Stati membri dell’UE, così come gli Stati Uniti e il Brasile, a chiedere il rinvio della sua attuazione. Il ruolo del signor Hansen in questa vicenda solleva quindi profondi interrogativi sull’opportunità di assegnargli una nuova posizione importante.

Andrius Kubilius, lituano, è, infine, il commissario designato alla difesa. Già soprannominato “il primo capo della difesa dell’UE” da Bloomberg, Kubilius non ha perso tempo nel sostenere una maggiore emissione congiunta di debito europeo per finanziare un bilancio della difesa di 500 miliardi di euro. In seconda battuta, se ciò si rivelasse politicamente irrealizzabile, ha anche suggerito di attingere dai fondi del programma di ripresa COVID dell’UE o dal fondo di salvataggio dell’eurozona. Allo stesso modo, il commissario designato francese Stéphane Séjourné, stretto alleato in patria del presidente Macron, sostiene la centralizzazione dell’UE, avendo votato a favore delle tasse UE, delle norme punitive sul clima e delle tariffe climatiche. Ha anche sostenuto il famigerato divieto de facto dell’UE sui motori a combustione, che oggi funge da simbolo del declino industriale dell’Europa. In qualità di commissario europeo, Séjourné sarà ora responsabile della “prosperità” e della “strategia industriale”. Tutto ciò è indicativo dello stato dell’UE. Un diplomatico europeo, commentando la distribuzione dei portafogli della signora Von der Leyen, ha spiegato che “se si guarda a chi è responsabile delle direzioni generali, non si puo fare a meno di notare che sono tutti delatori della signora Von der Leyen”. In teoria, il Parlamento europeo e gli Stati membri dell’UE possono sempre risolvere la questione, ma è improbabile che lo facciano. Mala tempora currunt sed peiora parantur. Non credo occorra rivolgersi a Lotito per la traduzione.