Valore & Valori/168
di Mario Travaglini
Nel riprendere il filo logico del discorso fatto la scorsa settimana, con cui ho raccontato quanto accaduto in borsa durante la prima parte del mese di agosto e di come le quotazione siano riprese a salire, provo ad esplorare il settore delle Micro Cap che, specie negli ultimi anni, ha ricevuto poca attenzione sia dalle case di investimento che dai piccoli risparmiatori. Lo scopo è quello di verificare se sussistono motivi validi per inserire questo comparto nei piani di accumulo e se le tendenze siano diverse rispetto a quelle delle Small Cap o delle big dell’azionariato mondiale. Una premessa tecnica mi sembra necessaria per inquadrare meglio il tema: con il termine Micro Cap vengono identificate quelle società che hanno una capitalizzazione di mercato compresa, più o meno, fra i 50 milioni e i 500 milioni di euro. Sotto i 50 si parla di Nano Cap mentre sopra i 500 e fino ai 10 miliardi vengono identificate come Small Cap. Per quali motivi non ispirino molta fiducia per me resta un mistero; non posso pensare che sia da attribuire alle loro piccole dimensioni o al ridotto flottante riservato alle negoziazioni quando, valutando oggettivamente il quadro azionario prospettico fino alla fine dell’anno, sembrano offrire le migliori opportunità oggi sul mercato.
Le serie statistiche ci permettono di contestualizzare e di dire: in un mercato ribassista, i titoli a grande capitalizzazione ottengono risultati migliori rispetto a quelli a media capitalizzazione; e quelli delle Small Cap se la passano meglio di quelli delle Micro Cap. Di contro, in un mercato in ascesa, la storia ci ha dimostrato che le Mid Cap sovraperformano le Large Cap, le Small Cap sovraperformano le Mid cap e le Micro Cap sovraperformano le Small Cap. In altre parole, l’intero processo si inverte.
Ma questo non è ancora successo.
Come ogni investitore attento sa, le sette magnifiche sorelle – Apple, Amazon, Meta, Tesla, Microsoft, Alphabet e Nvidia – hanno garantito praticamente la totalità dei guadagni di S&P 500 e Nvidia da sola ha contribuito per il 30% all’aumento dell’indice di quest’anno. Il grafico qui sotto riportato mostra come le Micro Cap hanno avuto prestazioni assolutamente superiori nel lungo termine.
Se un secolo fa qualcuno avesse investito 1.000 euro in Large Cap, con i dividendi reinvestiti, oggi avrebbe 12,8 milioni di euro. Lo stesso importo investito in Small Cap rappresenterebbe 35,4 milioni di euro e 1.000 euro investiti in un portafoglio diversificato di Micro Cap varrebbero oggi 55,3 milioni. Il compromesso che bisogna accettare per questa sovraperformance è, come potete immaginare, un’enorme volatilità. Poiché ciò è particolarmente vero per le Micro Cap che non realizzano ancora profitti, occorre rimanere vigili ed indirizzare gli investimenti in quelle che hanno già avuto una crescita sostanziale delle vendite. E c’è una buona ragione per fare tutto questo. Infatti, le aziende che non sono in grado di sostenere la crescita con il proprio flusso di cassa dovendo periodicamente attingere ai mercati azionari e obbligazionari per raccogliere capitali finiscono per diluire gli azionisti esistenti o per ritardare la crescita dei profitti. Facciamo un esempio pratico: supponiamo che una società abbia 5 milioni di azioni quotate 20 euro ciascuna con una capitalizzazione di mercato di 100 milioni di euro. Se in un certo momento essa ha bisogno di raccogliere 20 milioni di euro deve mettere in circolazione un milione di nuove azioni a 20 euro, diluendo gli azionisti esistenti del 20%, perché ci sarebbero ben 6 milioni di azioni e non più 5. Di tal ché dopo l’operazione il valore borsistico del titolo dovrebbe assestarsi intorno ai 16,6 euro per azione. Questo è uno dei motivi principali per cui i titoli a microcapitalizzazione sono rimasti indietro in questo mercato rialzista. Almeno fino ad ora.
Ripensando a quanto accaduto ad aziende come Amazon, Tesla e Netflix, che hanno visto i loro maggiori guadagni prima ancora di conseguire un solo dollaro di profitto, mi aspetto che nei prossimi mesi accada la stessa cosa alle Micro Cap, ovvero una crescita delle vendite a doppia o tripla cifra ed un rimbalzo spettacolare delle loro quotazioni. Aggiungo anche che ciò è tanto più vero in quanto saranno le Micro Cap a beneficiare maggiormente dei tagli dei tassi della Fed e della BCE essendo quelle che hanno debiti spesso contratti a tasso variabile. Maggiore sarà il taglio dei tassi, più la banca centrale allenterà la sua politica, maggiore dovrebbe essere l’apprezzamento di questi titoli. In sintesi, la sovraperformance storica, le valutazioni basse e l’imminenza di un taglio dei tassi rendono le MicroCap l’asset class che dovrebbe registrare la sovraperformance più forte nei mesi a venire. Gli investitori più accorti dovrebbero posizionarsi ora per l’imminente inversione di tendenza