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EPIGENESI E IL LIMITE DELLA SOCIETA’ ADULTOCENTRICA

Il Limite 87

EPIGENESI E IL LIMITE DELLA SOCIETA’ ADULTOCENTRICA

di Raniero Regni

Uno dei limiti più vistosi della cultura umana odierna è l’adultocentrismo. È la mancanza di uno sguardo che ci faccia capire chi sono i bambini e quali siano i loro bisogni di sviluppo. I bambini sono sempre esistiti, sono un dato biologico, sono i cuccioli della nostra specie, ma l’infanzia, che è un dato storico e sociale, deve essere scoperta. E questa scoperta è difficile, ha richiesto secoli e ancora è lontana dall’essere compiuta. Perché? Perché i bambini sono facili da amare, noi siamo fatti apposta, come mammiferi, per prenderci cura dei nostri cuccioli. Ma i bambini sono molto difficili da capire. È molto difficile per un adulto capire che sono esseri molto diversi da noi. E’ difficile non proiettare su di loro i nostri limiti, le nostre incomprensione, le nostre paure, la nostra infanzia ferita e distorta da pratiche educative che riproducono errori da secoli .

Eppure tutta la psicologia dell’età evolutiva del secolo scorso ci ha detto che l’infanzia è il periodo più importante della vita. Il periodo fondativo e decisivo, capace di compromettere tutto lo sviluppo successivo. La pedagogia con Montessori ci ha detto che “il bambino è il padre dell’uomo”, che i primi sei anni, i primi dodici anni, i primi diciotto anni, sono fatali per lo strutturarsi della personalità adulta. Le neuroscienze ci confermano oggi che i primi mille giorni sono quelli più intensi per la costruzione del cervello, che è un organo plastico e che subisce in maniera molto forte le influenze dell’ambiente, proprio nel periodo di più intenso sviluppo.

Oggi arriva un altro approccio, quello epigenetico che studia le influenze dell’ambiente dal momento del concepimento fino alla nascita. È un approccio affascinante, una frontiera della ricerca scientifica di oggi che sembra andare molto al di là delle discussioni secolari su quale sia il ruolo dell’innato rispetto all’acquisito, se l’ambiente o i geni siano decisivi per lo sviluppo.

Infatti l’epigenetica studia i meccanismi biochimici che influenzano l’espressione dei geni senza modificare il codice. Studia le dinamiche del genoma, il modo in cui le molecole provenienti dall’interno e dall’esterno del nostro organismo attivano o disattivano i nostri geni. Significa genomi sensibili all’ambiente, cambiamenti indotti dall’esterno e talvolta ereditabili per alcune generazioni. Un generatore intrinseco di variabilità che rende il comportamento del cervello piuttosto imprevedibile.  Un tipo di informazione molecolare che non dipende dal DNA e che rappresenta una forma di memoria, dopo la divisione cellulare, che le cellule mantengono circa stati precedenti delle cellule da cui derivano. Che vuol dire? Che forse una generazione di madri che ha sofferto la fame trasmetterà questa esperienza ad una generazione di figli.

Il cervello è particolarmente sensibile alle interferenze degli agenti chimici estranei perché, fra tutti gli altri organi del corpo umano, è quello che utilizza la più ampia varietà di molecole per inviare i messaggi chimici che coordinano la vita mentale e le funzioni biologiche. La vulnerabilità del cervello agli inquinanti ambientali è data anche dalla rapidità del suo metabolismo. Mamme che sono vissute vicino ad industrie inquinanti non possono proteggere i loro nascituri da queste influenze invisibili ma decisive.

Se una mamma o un genitore legge precocemente ai propri figli, se  il bambino è sin dalla nascita esposto al libro in una relazione, è molto probabile che diventerà un lettore. Se è esposto a schermi, ad un biberon con il cellulare, che è oggi già disponibile sul mercato, allora diventerà un essere che comunica senza entrare in relazione.

Di questo e di molto altro si è parlato in un Convegno che si è svolto alla Università Lumsa di Roma mercoledì scorso. Prima del concepimento, dopo il concepimento e prima della nascita, nel parto e subito dopo il parto, nei primi anni di vita, l’influenza dell’ambiente è massima. E più si risale indietro e più è importante l’educazione. Ma noi ancora non crediamo all’importanza fatale dell’infanzia. Non abbiamo scoperto i bambini figurarsi i feti. Eppure, come è stato detto durante il convegno, se cambiamo l’inizio della storia cambiamo la storia. 

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