HomeLa RivistaCultura&ArteLA BELLEZZA ARTISTICA, NEL NOSTRO PAESE, E’ CENERENTOLA DA TROPPO TEMPO

LA BELLEZZA ARTISTICA, NEL NOSTRO PAESE, E’ CENERENTOLA DA TROPPO TEMPO

BUONA DOMENICA DI PASQUA E BUONA SETTIMANA AI LETTORI DI “CENTRALMENTE” LA RIVISTA DELLA DOMENICA

a nome di tutti gli autori

                                                                   Il Direttore Pierluigi Palmieri 

Un articolo di Stefano Monti su Art Life invita a riflettere sulla gestione dell’arte contemporanea e su i riflessi che questa ha nei centri abitati, così come ci invita a riflettere sulla dicotomia fra la produzione artistica e la società contemporanea segnalandone il forte distacco che è in essere fra di esse. Questo fenomeno non è sicuramente ascrivibile solo al nostro tempo. 

Appena qualche passo indietro, nella storia dell’arte ci fa vedere i linguaggi artistici che, non appena esentati dalla loro funzione divulgativa, religiosa o sociale, perdono qualsiasi contatto con la società in generale ed anche dalle classi abbienti che ne erano state la committenza e/ o il collezionismo. Difatti le grandi opere, nel corso dei secoli, non erano sicuramente volute o di proprietà del ceto medio basso. Questo meccanismo prese una strada diversa, dopo la caduta dell’Ancien Régime, legata al progressivo arricchimento di una borghesia che, con il fiorire del libero commercio, dispone di strumenti culturali e finanziari che le consentono di godere dei frutti dell’arte ma anche di vederli anche come un investimento finanziario, come merce. Questa piccola storia che parrebbe slegata dalla vita di tutti i giorni ma, in realtà lo è, legata, ed anche parecchio!

 

Mai si erano viste tante brutture architettoniche condensate in uno stesso periodo storico: la Chiesa che è stata una delle più grandi promotrici del patrimonio artistico italiano avvalla manufatti architettonici disegnati da quella specie, ibrida e infame, che imperversa incontrollata e impunita, oltre che nelle sagrestie anche nelle pubbliche amministrazioni, definita degli “archeometri”. Tutto ciò ha visto intensificarsi e stratificarsi interventi al ribasso ignoranti di qualsiasi senso della bellezza e dell’armonia che l’architettura, scultore armonizzante del territorio dovrebbe avere. Questo atteggiamento ignorante è accompagnato spesso da interventi incoerentemente e ignorantemente definiti  di street art che danno il colpo di grazia alle realtà architettoniche, anche povere ma coerenti, prima degli interventi,  che finiscono, dopo questi, deturpate.

Quali possono essere state  le concause di un simile degrado? Innanzi tutto la mancanza di quella dimensione culturale capace di individuare” la ricerca artistica attuale” come “valore”, non inferiore a quello espresso nel passato: di conseguenza all’attribuzione di “valore”  anche quello artistico e monetario . La incapacità, quasi tutta nazionale, di un vero mercato del collezionismo e di centri (discorso a parte va fatto per i privati) capaci di individuare la produzione locale di pregio e valorizzarla.E’ pesata come un macigno la disattenzione dei governi che si sono pedestremente succeduti indisposti ad investire in cultura. Tutto questo sta nella cecità di una nazione che, fra le altre, non ha ancora imparato a riconoscere la preziosità di tutto quanto già possiede; meno che mai  vedere nella produzione artistica nazionale una risorsa, non solo culturale ma anche finanziaria poiché l’arte è un bene che si “vende” con il quale si commercia, è un bene rifugio, è un bene di investimento; il nostro paese riposa supinamente su uno delle più grandi e ricche miniere d’arte ma, ignorante, preferisce la fame oltre alla sudditanza culturale e  subita da paesi che propio niente, a parte atteggiamenti modaioli, hanno da insegnarci. Un bene già fonte di reddito economico per vari paesi che, intelligentemente hanno saputo investire e costruire aziende culturali gestite come attività finanziarie da centinaia di professionisti e curatori che coltivano la produzione artistica, nelle varie specificità, e che da tutto questo hanno saputo ricavare benessere culturale ed economico. E’ tanto grande il nostro patrimonio e così abbondantemente  abbondantemente stratificato nei secoli che ci potrebbe fare affermare “ la storia siamo noi” .

In questo contesto le ultime notizie raccontano che la Quadriennale romana, una delle più alte istituzioni artistiche del nostro paese, ha costituito un nuovo gruppo di esperti per la selezione degli artisti; questo gruppo  a sua volta ha nominato altri inquirenti sul territorio: gruppo, molto esiguo in verità, con il compito di individuare nelle varie regioni le produzioni d’arte legate alla contemporaneità. Ma siamo certi che questa sia la via giusta? Siamo certi che “ ai confini dell’Impero” non siano presenti cervelli snobbati dalla disattenzione e dall’esiguo numero di chi deve indagare il territorio? Forse questa ricerca dovrebbe essere il frutto di selezioni locali che, piramidalmente attraverso ammissioni ragionate, arrivano a rappresentare i propri territori alla Quadriennale romana. Una selezione fondata sul valore riconosciuto e scevra da attenzioni troppo personalistiche o fuorviata, come sempre più spesso accade, dalle mode del momento.

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