LA POESIA CIVILE DI WOLE SOYINKA: UNA VOCE DI LIBERTÀ E RESISTENZA

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letteratura e poesia/Roberto Puzzu/170

Nel vasto panorama letterario mondiale, pochi scrittori hanno saputo coniugare l’impegno civile con un’arte poetica così vibrante e potente come Wole Soyinka.

Premio Nobel per la Letteratura nel 1986, Soyinka ha sempre mantenuto viva una profonda attenzione verso i temi della libertà, della giustizia sociale e della resistenza contro ogni forma di oppressione. La sua poesia, dopo decenni di battaglie politiche e personali, è più che mai attuale, capace di scuotere le coscienze e risvegliare lo spirito umano di libertà.

In Soyinka, l’arte si fa portavoce di un messaggio politico che, senza mai sacrificare la raffinatezza del linguaggio o la complessità delle emozioni, non si limita ad esprimere una critica verso le ingiustizie del mondo, ma incarna una passione profonda e viscerale per la libertà.

La libertà, per Soyinka, non è soltanto un ideale astratto: è una necessità vitale, una forza inarrestabile che spinge l’uomo a resistere anche nelle condizioni più disperate.

Uno degli aspetti più straordinari della sua poesia civile è l’intreccio tra il personale e il politico. Nei suoi versi, l’individuo non è mai separato dalla collettività, e il destino del singolo è sempre legato a quello di comunità oppresse e costrette al silenzio. Il dolore dell’anima si fonde con le sofferenze di un popolo nel creare, al medesimo tempo, una dimensione poetica intima e collettiva.

La resistenza umana si manifesta attraverso le parole di Soyinka in tutta la sua straordinaria potenza . La sua stessa vita è testimonianza di questa capacità di resistere: arrestato, perseguitato e imprigionato per le sue posizioni politiche, non ha mai smesso di lottare contro la dittatura, la censura e la coercizione. Questa lotta si riflette chiaramente nei suoi testi, dove il coraggio di opporsi all’oppressione si affianca a una ferma determinazione a non cedere, neppure di fronte alle minacce più brutali. In questo nostro mondo segnato da nuove forme di oppressione, ingiustizia e violenza, la sua voce continua a risuonare come un richiamo alla libertà e alla dignità umana. La sua opera è un monumento alla resistenza contro la coercizione, un canto che non può essere definito solo ideale, ma che rappresenta l’essenza stessa della condizione umana: Soyinka ci ricorda che la libertà non è un diritto concesso dall’alto, ma una conquista quotidiana, ottenuta con il sacrificio, la resistenza e il coraggio per essere liberi, sempre e comunque.

La sua poesia civile è quindi un appello alla responsabilità individuale e collettiva, un invito a non rinunciare mai alla propria umanità e a combattere sempre per la verità e la giustizia.

MORTE NELL’ALBA

Una mattina, mentre guidavo in direzione di Lagos,
un bianco galletto sbucò dall’oscurità e si schiantò
contro il parabrezza. Un miglio più avanti mi imbattei
in un incidente automobilistico e in un uomo morto
da poco nello schianto.

Viaggiatore, devi partire
All’alba. E strofinare i tuoi piedi sopra
L’umido tartufo della terra.
Lascia che l’aurora spenga le tue lampade, e osserva
Vaghi formicolii di vegetazione nella luce celeste
Piedi avvolti nel cotone a violare il primo lombrico
Sulla zappa. Ombre si allungano ora con vigore
Non morte del crepuscolo e triste prostrazione.
Questo delicato ramoscello, delicate specie sfuggenti
Rilascianti gioie e apprensioni per
Un nudo giorno. Gravati relitti si ritraggono,
Si piegano alla foschia in anonima moltitudine
A svegliare i mercati silenziosi – rapide, mute
Processioni su grigie scorciatoie…
Su questo
Copriletto, si trovava –
Improvviso inverno alla morte
Del solitario trombettiere dell’alba, cascate
Di bianchi fiocchi piumati, si rivelò
Un futile rito. Prima, la propiziazione accelerò
Torvamente, ancora.
Il piede destro per la gioia, il sinistro, orrore
E la madre pregava, Bambino
Possa tu mai camminare
Quando la strada attende, affamata.
Viaggiatore, devi proseguire
All’alba
Prometto meraviglie dell’ora santa
Presagi come l’agitato perverso
Impalamento del gallo bianco – come chi sfiderebbe
Le irose ali della progressione umana…
Ma un altro spettro simile! Fratello,
Ammutolito nel trasalito abbraccio della
Tua invenzione – questa smorfia dileggiata
Questa contorsione serrata – sono io?

Poesie Perdute 

A volte penso alle poesie che ho perso –
Forse la loro perdita è stata quella che ha salvato il mondo – ancora
Si perdono, e le ricordo solo
Quando un frammento levita dietro
Fatture scartate, l’avviso con il bordo nero
Di un ultimo addio, una nascita, un invito di nozze
E altre pietre miliari di un genere minore.

Il momento tormenta – perché? Oltre
La passione di un istante, un lampo dubbio –
Satori in un bar, un taxi o un ristorante, un aeroporto
Sala d’attesa – che fa nascere lo scarabocchio
Su un tovagliolo macchiato, quale cast dell’effimero
Una volta risuona, poi respinge la mente
La mattina dopo? Tutto ciò che sopravvive

Imitando un petalo raggrinzito premuto
Tra le pagine di libri da tempo scartati.
Una foglia cadente intrappolata brevemente dal sole che passa
Scintilla, una mera scheggia di memoria
Ma piena di accuse malinconiche
Di abbandono. Troppo tardi,

Nessuna vita in essa. Il libro è chiuso
L’esultanza o la disperazione del momento
Annegata in fiumi di vino, raggrinzita
Nei soli di grandi guerre. Io giro
Questi album di un momento di verità
In cenere, i loro riccioli maledicono nel fumo –
Ancora una volta fuggitivi oltre il richiamo
Della convocazione dell’usurpatore da
La mattina dopo.

Penso alle voci che ho perso, e ai tocchi,
Il fugace sfiorare di occhi che si scava
Nel profondo del cuore del bisogno, il giuramento
Non detto, più che atti di fede
Che forgiano un mondo istantaneo in un patto silenzioso
Con gli sconosciuti – legami più profondi, più profondi
Dell’abbraccio dell’amore più caro.