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D’AMICO O MARSILIO? ASPETTANDO IL NUOVO GASPARI, ITALIA ED EUROPA FIATO SOSPESO

Attualità & Amarcord / 147

di Marcello Martelli

L’Italia e l’Europa ci guardano, aspettando la scelta che domenica faremo noi abruzzesi. Votiamo con attenzione e nel modo giusto, visto che alla nostra decisione-così avvertono-sono collegati gli equilibri futuri della politica nazionale ed europea. Accipicchia, che responsabilità! Luciano D’Amico o Marco Marsilio? Dove mettiamo la croce del nostro consenso? Andiamo a centro-destra o a sinistra? Nonostante tutto, andare avanti si deve, anche se molti di noi abruzzesi vorremmo tornare indietro. A quel cosiddetto “gasparismo” che, tutto considerato, resta un collaudato e affidabile modello d’azione politica, fortemente rimpianto dai conterranei dello scomparso leader di Gissi. Grazie in particolare alle spiccate doti che il pluriministro Remo Gaspari aveva, mantenendo un contatto forte e costante con la sua gente. Il vecchio leader, sempre generoso, non ha lesinato fino all’ultimo buoni consigli e idee, lasciando un testamento ancora oggi attualissimo. Sempre che, lasciando alle spalle questo lungo ventennio di fermo, il convoglio Abruzzo voglia riprendere il cammino interrotto, ricollegandosi al gomitolo del passato. Tocca a tutti noi renderlo reale in questa campagna elettorale, visto che il confronto e la continuità con il passato si confermano, a nostro avviso, fondamentali. In particolare sul “gasparismo”, disdegnato dalla casta ora dominante come “espressione di deteriore assistenzialismo, sprechi e posti per tutti nella pubblica amministrazione”. Giudizio tranciante e, sostanzialmente, infondato. Gaspari, con il suo patrimonio etico-politico (facile immaginare i suoi giudizi sui fatti dell’attualità), non ha bisogno di avvocati d’ufficio. Gli abruzzesi un giudizio lo hanno già espresso e più volte. Tutti sanno e hanno visto. Innegabile che il “gasparismo” abbia portato a casa soldi pubblici, che vogliono dire opere pubbliche, infrastrutture e tutto il resto. Dalla “politica della fontanella” di spatariana memoria (per l’acqua che non c’era nei paeselli più sperduti) alle autostrade cosiddette “faraoniche”. Si può discutere se giusto o sbagliato, ma la direzione di marcia era quella. Che doveva fare il leader abruzzese? Rinunciare alla fetta di interventi pubblici che spettavano alla sua regione? Chiudere la porta in faccia all’assistenzialismo cosiddetto? Bene: oggi l’Abruzzo non disporrebbe di autostrade e tutto il resto, a beneficio di chi tanti scrupoli non li avrebbe manifestati. Si conterebbe persino qualche abruzzese in meno alle Poste e in altre pubbliche amministrazioni. A vantaggio di quanti quei posti li avrebbero occupati e in fretta. I falsi e facili moralismi non servono a nessuno. La vera colpa di Gaspari forse è di aver regalato qualche poltrona a chi non meritava (vedi Tercas e dintorni, per capirci). Aveva però riscattato la sua terra dalla povertà di sempre, che portava gli abruzzesi a morire nelle miniere di Marcinelle. La verità è che un tempo c’era a Roma chi, tutelandone diritti e interessi, sapeva assicurare alla regione una sicura prospettiva di sviluppo. Magari partecipando alla spartizione dei pani e dei pesci, giusto o sbagliato che fosse. Ora che tipo di tutela e di futuro abbiamo? A parte i finanziamenti pubblici, l’assistenzialista Gaspari era persino bravo a dirottare verso la sua regione una consistente massa di capitali privati. Con investimenti di grandi e forti gruppi industriali nel Vastese e altre aree abruzzesi. A cominciare dalla Fiat e una miriade di attività dell’indotto. Ora (e da almeno 20 anni) è tutto fermo. I cecchini del “gasparismo” lo sanno e magari hanno pronta la risposta con cui pensano di giustificare tutto. Altri tempi, diranno. Carenti nella comunicazione, nonostante pensino il contrario, si affrettino a raccontarci il loro operato in un Abruzzo irriconoscibile rispetto alla stagione del “gasparismo”, quando negli anni ‘90 raggiunse il punto più alto. Ora abbiamo perso decisamente quota, con una “debacle” persino nei riguardi di regioni che stavano peggio, con un declino da mettere sul conto di tutti. Ma preso atto che la situazione attuale si conferma grave e stagnante, serriamo le fila e domenica andiamo compatti alle urne. Per far vincere chi, fra D’Amico e Marsilio, a nostro avviso ha più “gasparismo” nelle vene e nel costruire il futuro.

 

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