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PERCHE’ L’INFLAZIONE CONTAMINA IL PREZZO DELL’ORO

PERCHE’ L’INFLAZIONE CONTAMINA IL PREZZO DELL’ORO

di Mario Travaglini

Come promesso la scorsa settimana riprendo e concludo il discorso sull’oro, partendo da quanto accade a livello produttivo. 

Per decenni il prezzo delle azioni delle miniere d’oro è stato strettamente correlato al prezzo dell’oro e le loro performances sono state molto simili. Ma dal 2008 l’industria mineraria nel suo insieme ha sotto performato rispetto all’oro. Le ragioni sono da ricercare soprattutto nei vincoli ambientali, nei problemi connessi alle autorizzazioni, alla ingordigia dei governi che vogliono una fetta sempre più grande della torta, alla instabilità politica, alla diluizione delle azioni quali titoli di proprietà e, infine, alla ormai cronica  mancanza di scoperte di nuovi grandi giacimenti.  In questo momento storico in cui l’inflazione si è installata in tutte le economie del mondo e sembra insensibile ai provvedimenti di politica monetaria intrapresi dalle Banche Centrali le domande a cui va data una risposta sono le seguenti :

  • Il prezzo dell’oro,dopo la flessione in atto, aumenterà abbastanza da compensare completamente l’aumento dei costi?            

  • In che modo l’inflazione influisce sull’oro ?                   

L’aumento dei costi di produzione è abbastanza difficile da seguire con precisione in quanto questo indicatore è attendibile solo se studiato a lungo termine. Infatti, come ci ricordano gli esperti del settore: “Il metodo generalmente usato ed accettato per la rendicontazione dei costi di produzione, AISC (All-in Sustaining Costs, ovvero il costo medio totale necessario per  sostenere un’operazione mineraria per produrre un’oncia di metallo), è stato adottato solo nel 2012. In precedenza, poiché i proprietari delle miniere usavano   metodi diversi, era difficile se non impossibile confrontare i loro costi di produzione ed arrivare quindi ad un costo effettivo universale».  Altrettanto evidente ed inconfutabile è l’aumento dei costi di produzione nel tempo. Ad esempio, all’inizio degli anni 2000, il costo per estrarre un’oncia era di circa di 300  dollari mentre oggi si aggira intorno ai 1.200, al cui interno le componenti principali sono date dal costo della mano d’opera (40%) e da quello energetico (24%). Si intuisce facilmente che in un momento di alta inflazione come l’attuale il rialzo di detti costi è assolutamente scontato, cosi come gli altri costi  indotti o ad essi legati. Non essendoci antidoti per frenare l’aumento dei costi di produzione minerari l’unico fattore che potrebbe compensare detti aumenti è il prezzo dell’oro. Tuttavia, poiché non c’è alcuna garanzia che il prezzo dell’oro aumenti abbastanza, tanto da compensare completamente l’aumento dei costi estrattivi, il rischio è che lo sfruttamento delle miniere potrà subire un rallentamento ovvero, nei casi più difficili, delle temporanee chiusure.  Insomma, nel prossimo futuro, l’inflazione dovrebbe costituire un fattore importante per influenzare la performance delle miniere d’oro, i cui proprietari, constatando che i costi di produzione continuano a salire, sforando la spesa in conto capitale, potrebbero decidere di ridurre la produzione, di chiudere le loro attività estrattive o, in ultima analisi, procedere ad incorporazione di società concorrenti (vedasi articolo scorsa settimana). Che fare, allora? La cosa migliore è quella di abbinare ad uno Stock picking (1) un tempismo eccellente nella scelta dei titoli del settore.

Pertanto, se vogliamo che i nostri investimenti minerari siano più redditizi degli investimenti in oro fisico, è opportuno che, dopo aver ripassato le 10 regole di borsa già pubblicate sulla rivista, studiamo come selezionare i titoli e come agire nel rispetto dei tempi di borsa. Restando al tema affrontato oggi ritengo che la strategia migliore è quella di acquistare azioni di una società che opera in una giurisdizione sicura e favorevole all’estrazione mineraria con bassi costi di produzione, spese in conto capitale ragionevoli e un buon potenziale di estrazione sia in termini quantitativi che temporali. E, naturalmente, acquistare le azioni al giusto prezzo. Ciò significa scegliere il momento giusto nel mercato ed evitare di acquistare al culmine del ciclo (vedasi ancora una volta articolo scorsa settimana). Come ha cinicamente sottolineato una volta il barone Rothschild, il momento migliore per acquistare è quando c’è sangue nelle strade, anche se ciò significa mantenere le azioni per diversi anni senza grandi guadagni e aspettare il prossimo mercato rialzista. 

(1) Lo stock picking è una strategia di selezione dei titoli azionari (“stock”) con la quale  si va a selezionare, una per una, la singola storia aziendale. Una selezione del meglio, se vogliamo. Di stock picking parlano spesso i gestori che, dopo aver individuato le classi di attività (“asset class”) più interessanti, mettono a fuoco, all’interno di ciascuna di esse, gli specifici titoli da inserire nel paniere del fondo. 

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