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DUE P(ESI)AESI, DUE MISURE

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 DUE P(ESI)AESI, DUE MISURE

di  Mario Travaglini

                   L’evoluzione della politica energetica europea durante la scorsa settimana è stata affascinante. Sebbene il tempismo possa essere stato casuale, la giustapposizione non avrebbe potuto essere più sorprendente. La Finlandia ha annunciato di aver avviato le operazioni commerciali del reattore nucleare di Olkiluoto 3 sulla costa occidentale del paese. Questa notizia è tanto più notevole in quanto Olkiluoto 3 è la prima centrale nucleare ad essere aperta in 16 anni in Europa.

La sua entrata in servizio era inizialmente prevista per il 2009, ma è stata ritardata di oltre dieci anni a causa dell’aggiunta di ulteriori meccanismi di sicurezza. Questo tempismo si rivela essere particolarmente opportuno per la Finlandia in quanto, per effetto del conflitto in Ucraina, avendo perso le sue importazioni di gas naturale dalla Russia, non era più in grado di produrre una buona parte di energia per il suo fabbisogno complessivo. Olkiluoto 3 risolverà in gran parte questo problema ed è una parte essenziale della politica energetica della Finlandia per raggiungere la neutralità,  ossia lo zero carbone in  tutto il Paese. Infatti il 50% dell’elettricità finlandese sarà prodotta oggi dal nucleare, ed Olkiluoto 3  contribuirà per circa il 14%  e rimarrà  operativo per “i prossimi 60 anni», almeno secondo fonti ufficiali governative.

Colpisce il contrasto con la Germania che, due settimane fa, ha chiuso e ritirato dalla rete elettrica le sue ultime tre centrali nucleari. Per rendere le cose ancora più interessanti un sondaggio svolto appena dopo ha mostrato che il 59% dei tedeschi era contrario alla chiusura e solo il 34% era favorevole mentre il 7% si era dichiarato indifferente o non in grado di rispondere.

 A differenza della Finlandia, la Germania sta andando nella direzione opposta per quanto riguarda la neutralità del carbonio. Negli ultimi due anni il governo socialista tedesco  ha aumentato il proprio consumo di carbone tanto che oggi esso contribuisce per  oltre il 36% alla produzione di elettricità del Paese. In sostanza la politica energetica della Germania ha ucciso la sua indipendenza energetica, ha  aumentato le emissioni di carbonio e portato le aziende tedesche a trasferire le loro fabbriche in paesi che hanno accesso a fonti di elettricità affidabili ed economiche. Il caso della Volkswagen con il 50% della produzione realizzata all’estero ne costituisce un esempio emblematico.

Tornando nella metà campo finlandese rilevo come recenti sondaggi hanno dimostrato che quasi il 70% dell’opinione pubblica è ora favorevole all’energia nucleare, una percentuale ben superiore alla media dell’Ue. Non è sempre stato così: stando ai sondaggi degli anni ’80 solo il 40% dei finlandesi era favorevole a questa fonte energetica.

Anche il partito dei Verdi finlandese non si oppone all’energia nucleare, una posizione non condivisa dai suoi omologhi in altri Paesi europei. Questo cambiamento di atteggiamento ha diverse spiegazioni. In Finlandia la fiducia nella regolamentazione statale è alta e molti considerano l’energia nucleare uno strumento importante per combattere la crisi climatica rispettando l’ecologia. Inoltre, l’uranio permette alla Finlandia di diventare più autosufficiente nella produzione di energia.

     Questi  i fatti. Ora le mie considerazioni. In virtù della loro vicinanza al circolo polare artico i finlandesi sono stati i primi ad avvertire i pericoli provenienti dai cambiamenti climatici, sviluppando un alto rispetto per la natura ed un senso molto profondo per l’ecologia in generale che, unitamente al loro noto senso civico, hanno permesso di assumere decisioni che in altri paesi sembrano essere molto controverse perché appesantite dalle ideologie politiche che con la natura, il clima, l’ecologia non dovrebbero avere a che fare. Un Paese, in sostanza, che ha fatto e continuerà a fare grandi progressi nella sostenibilità perché accanto, e sottolineo accanto, al nucleare:

  • si è posto l’obiettivo di produrre entro il 2030 il 50% di energia elettrica da fonti rinnovabili;

  • ha investito nella promozione del trasporto pubblico elettrificato e l’auto elettrica per il privato, ovvero veicoli a basse emissioni;

  • ha puntato sulla innovazione tecnologica con molte aziende impegnate nello sviluppo di tecnologie pulite e sostenibili;

  • ha adottato un sistema di gestione dei rifiuti basato sulla prevenzione, il riciclaggio e il recupero energetico;

  • ha incoraggiato la costruzione di nuovi edifici a basso consumo energetico attraverso incentivi fiscali e finanziari.

La sintesi che ho riportato appena sopra  mostra come un Paese fortemente ambientalista, connotato da una politica ecologica che travalica l’appartenenza partitica, sia riuscito a far convivere in modo ottimale diverse fonti energetiche,  che sono peraltro quelle più pulite, mettendosi nello stesso tempo anche al riparo da dipendenze estere di cui tutti noi abbiamo recentemente conosciuto le negative ricadute economiche e non.

Tornando alla Germania uber alles, magnificata oltre ogni limite in un recente articolo di questa rivista, mi permetto di osservare come l’errore commesso all’epoca della sottoscrizione dei contratti per l’acquisizione del gas russo, con i quali il Paese si legava in modo quasi esclusivo a quella fonte energetica, viene di fatto ripetuto per il fotovoltaico e pale eoliche. La diversificazione vale in Borsa e vale anche nella politica energetica.

Se la Germania  vuole tappezzare i suoi tetti e le sue autostrade  di pannelli fotovoltaici, come pure installare pale eoliche anche nel giardinetto di ogni singola abitazione, ebbene lo faccia pure. Ma non si pretenda di germanizzare ancora una volta l’Italia e trasferire quell’esempio in casa nostra.  Il turismo, e il suo indotto, oltre a garantire più di un milione e duecentomila posti di lavoro, aiuta il  PIL in maniera significativa (stime 2024/2025 intorno al 18%); non tener conto di questo sarebbe un vero delitto e, anziché copiare quanto fanno altri paesi che, per fortuna, sono diversi dal nostro per tradizioni, storia, clima, morfologia e 7.917 Km di coste, i nostri ecologisti  farebbero bene ad indignarsi di quanto sta accadendo in Sardegna, universalmente nota come l’isola con uno dei mari più belli del mondo. Qui, nell’isola di San Pietro, nei pressi di Carloforte, nel silenzio generale, si sta massacrando quanto di più bello la natura ci ha concesso con la costruzione di 7 gigantesche aree eoliche in dispregio ai parchi  marini esistenti, alle oasi faunistiche dell’entroterra e alle storiche tonnare ancora oggi in funzione. Siccome tutto questo la Germania non c’è l’ha, noi per sentirci uguali a loro, provvediamo a distruggerlo. Bel colpo. Da parte mia posso solo dire sommessamente e a bassa voce: Viva la Finlandia, finalmente una buona notizia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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