
L’ideologia della fine delle ideologie del nostro tempo è una condizione che corrisponde a forme di rappresentazione collettiva di un’intera società. Essa supera i limiti dell’immagine individuale ed investe interi strati della popolazione, trasversalmente. È in tale scenario che il culto del frivolo e del banale trova la sua incarnazione spettacolare nelle opere di molta arte “contemporanea”.
Marcello Faletra, in un suo recente editoriale, ne racconta l’attuale esperienza dentro un’analisi assolutamente condivisibile. Questa parte dal fatto che l’attuale produzione sia in fondo solo merce da promuovere dentro i circuiti e con i medesimi meccanismi che appartengono alle società ricche, ovvero quel legame che vede arte contemporanea e banalità qualunquista strette in un abbraccio mortale, dove la promozione e la divulgazione avvengono esclusivamente con lo scopo di un arricchimento e a discapito del suo significato:
“Da questo punto di vista l’artista, seppure in forma diversa, è quello che un tempo si sarebbe chiamato lavoratore produttivo, poiché il suo lavoro “creativo” si trova fin dall’inizio soggetto alla stima, al prezzo e al valore, e viene realizzato al solo scopo di accrescere il capitale stesso. E dal momento che dal punto di vista del capitale la produzione non riveste alcuna importanza in sé stessa se non come strumento di arricchimento, il significato di un’opera è nullo.”… “Le società primitive non conoscono qualcosa come il banale. Solo le società ricche, le società degli individui allevati nell’abbondanza delle merci, le società dell’accumulo del valore e della panoplia delle immagini conoscono il fenomeno della banalità. Come i negozi o i supermercati i musei, le gallerie pubbliche e private “offrono” una gamma di oggetti culturali – opere d’arte – che si prestano a ricevere un valore estetico, un significato ed un prezzo dopo un’accurata promozione pubblicitaria. ”,,, “La banalizzazione, dunque, non è una pratica che guarda a un fine, essa è senza verità e senza ragione. Si ha un bel far finta di nulla di fronte al suo cospetto, tuttavia essa plasma le coscienze e le azioni degli uomini più di quanto questi credano di tenerla a distanza. Non avendo né coscienza né inconscio, il banale diviene un’incognita che annulla qualsiasi inferenza di significato. Forse significano qualcosa i Puppy o i balloon di Koons? Tutti interrogano quest’arte banale, la espongono, la celebrano, mai in quanto niente, sempre per farla parlare, per attribuirle un valore che queste OPERE smentiscono.”