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Una zuppa di carote contro la transizione mancata

Il Limite / 81

Una zuppa di carote contro la transizione mancata

di Raniero Regni

 “La temperatura globale continua a salire. E il nostro Pianeta si sta avvicinando rapidamente a dei tipping point che renderanno la catastrofe climatica irreversibile. Siamo su un’autostrada verso l’inferno con il piede premuto sull’acceleratore “. Non è la battuta di un film dell’orrore, né l’espressione di un terrorista ambientale. Sono le parole con cui il Segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha dato inizio alla Conferenza internazionale sul clima COP27. Ad affermazioni del genere l’intera umanità dovrebbe inorridire e correre immediatamente ad una svolta nel modo di vivere e di pensare, capendo che i sistemi naturali non si possono né dominare né guidare. Ma, come succede con le dichiarazioni che ricorrono in questi giorni di guerra, relative all’uso di ordigni atomici in Ucraina, ci stiamo abituando al peggio e non facciamo nessuna azione decisa di risposta. Il pianeta risponderà solo alle nostre azioni, non alle nostre parole.

Poi arrivano dei ragazzi che per protesta lanciano una minestra contro un quadro e mezzo mondo si scandalizza. Solo chi la ama può strappare la bandiera”, diceva Carmelo Bene in un memorabile recital teatrale dedicato al poeta russo Esienin, e strappava il drappo rosso simbolo di una rivoluzione tradita. Mi viene in mente questa scena vedendo i giovani attivisti autori dell’azione di protesta. Il gesto fa venire i brividi e per un attimo si teme per lo sfregio di un capolavoro frutto, come spesso accade per le grandi opere d’arte, del genio e del dolore umani. Eppure capisco i giovani di Extintion Rebellion, movimento socio-politico di disobbedienza civile e di azione non violenta che chiede ai governi di tutto il mondo, nel caso specifico a quello italiano, di impegnarsi a fondo per controllare il riscaldamento globale e di agire subito e in maniera forte per fronteggiare la crisi climatica che riguarderà soprattutto le giovani generazioni. È un gesto provocatorio ma non è un gesto frutto di impazienza e intemperanza giovanile. Hanno ragione loro, non c’è tempo, si fa troppo poco per ridurre l’inquinamento ambientale e si fa troppo per agevolare coloro che sono i massimi responsabili del disastro. Il limite dell’impegno dei governi di tutto il mondo è evidente come anche la malafede politica.

È necessario ascoltare la loro protesta ma non con paternalistica sufficienza come ho visto fare anche da commentatori che pure stimo.  Qui la frattura generazionale e l’incomprensione è massima e però pende tutta dalla parte dei giovani. La ragione della possibilità di un cambiamento sta dalla loro parte e mette in minoranza la necessità di una transizione lenta sostenuta dagli adulti. Il gesto è dovuto alla sconsolata constatazione che la transizione ecologica impostata nelle precedenti, pur decisive COP internazionali è stata mancata. E’ questo che non hanno capito i vari Cingolani, Draghi, Meloni. Il contenimento dell’innalzamento della temperatura dell’atmosfera terrestre di 1,5 è stato mancato e ci si avvia ad un innalzamento accelerato e sempre più forte le cui conseguenze noi non riusciamo neanche ad immaginare.

Allora appaiono condivisibili le ulteriori osservazioni fatte dal segretario generale dell’ONU, “le crisi urgenti di oggi non possono essere una scusa per arretrare o per fare del greenwashing. Semmai, sono un motivo di maggiore urgenza, di azioni più incisive e di responsabilità effettiva…L’umanità ha una scelta: cooperare o morire. Si tratta di un Patto di Solidarietà Climatica o di un Patto di Suicidio Collettivo”.

Se la transizione ecologica ha già trenta anni di ritardo e non trent’anni per essere realizzata, dobbiamo accelerare ora, in questo decennio, la transizione alle energie rinnovabili. E allora ben vengano le azioni e l’impegno dei gruppi giovanili di tutto il mondo, dover salvare il mondo è comunque un impegno esaltante.

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