HomeCulturaartiSTEFANO CAGOL ”ARCHEOLOGIA DELL’ANTROPOCENE. MOLTO PRIMA E DOPO DI NOI” – GALLERIA C+N CANEPANERI – MILANO

STEFANO CAGOL ”ARCHEOLOGIA DELL’ANTROPOCENE. MOLTO PRIMA E DOPO DI NOI” – GALLERIA C+N CANEPANERI – MILANO

Antropocene indica l’epoca geologica attuale, in cui l’ambiente terrestre, nell’insieme delle sue caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche, viene fortemente condizionato su scala locale e globale dagli effetti dell’azione umana, con particolare riferimento all’aumento delle concentrazioni di CO2 e CH4 nell’atmosfera. Da molti anni geologi, esperti in stratigrafia, scienziati delle varie discipline, climatologi, discutono su quale sia la data in cui l’Olocene, iniziato 11 mila anni fa, si sia concluso.

 

La mostra personale di Stefano Cagol, alla galleria C+N Canepane, riprende intenzionalmente il concetto abusato dell’Antropocene per esplorarne la fine e immaginare un mondo in cui gli interventi antropogenici operati dell’uomo sono l’inizio di un età che sta per finire ed anche già passata. La narrazione ruota attorno all’idea che la nascita del nucleare, della rivoluzione industriale o dell’agricoltura siano l’inizio dell’epoca.  L’antropogeneità vista come un iperoggetto dove, il tempo e lo spazio, sono trasgressivi e dove L’Antropocene medesimo, così legato al presente e al futuro, sta lentamente ma inesorabilmente sprofondando, anch’esso, nel nostro più lontano passato.

Stefano Cagol rievoca questo periodo in una ventina di opere scultoree, installative, video, fotografiche e sonore, attraverso la presenza concettuale dei singoli elementi rappresentati: il fuoco, il ghiaccio un tempo eterno, la materia migratoria, le rocce alpine un tempo suoli tropicali, il polimeri e radiazioni diventati parte del nostro patrimonio geologico. Il risultato è una stratigrafia che rivela, evocandoli, ere umane passate e presenti nella citazione fi combustibili fossili, delle plastiche, della bomba atomica…

L’immaginare un momento tra origine, fine ed oltre, dove la temporalità è anche la durata: di ghiacciai vecchi di migliaia di anni, di polietilene di migliaia di anni, di esplosioni radioattive nucleari di milioni di anni. Tutti effetti che ci sopravvivranno. In questa dimensione si colloca l’artista tra luce e tenebre in una solitudine sciamanica e quasi divinatoria.

Il percorso espositivo consiste in una selezione di opere storiche e inedite che raccontano della coerenza della ricerca dell’artista. L’opera video Far before and after us” (2022), un rituale di fuoco tra vette che salgono dalle profondità dei tempi primordiali. Pera + Flora + Faunaun’opera per la Biennale di Venezia

The Story of Indigenousness and the Ownership of History presso il Padiglione dello Stato di Perak – Malesia (fino al 27 novembre presso gli Archivi della Misericordia). Un’altra opera della Biennale è The Ice Monolith per il Padiglione Nazionale delle Maldive a Venezia nel 2013: un blocco di ghiaccio glaciale che scompare davanti agli occhi dei passanti.

Le sculture Monuments to the Flow (of matter) in mostra per la prima volta nel 2022, recipienti di plastica termoformata riutilizzati che poggiano su una base di marmo , come recita la certificazione, “Lavori garantiti 1000 anni: un tempo oltre l’uomo”. Bouvet Island”, 2017 – 2022,  l’Antartico diventa freddo alluminio a specchio che viene accartocciato tra le mani e avvitato insieme. Si dice che quest’isola sia il luogo più remoto del pianeta, ma non senza gli effetti della bomba atomica artificiale e usata. E poi c’è una delle prime opere dell’artista, che è stata creata nel 1995 ma non ha perso nulla della sua attualità. È la registrazione di un’esplosione atomica, estremamente rallentata: il risultato è un suono simile a uno strumento a corde, alienante e sconvolgente, sintesi perfetta dell’essere umano che scuote mortalmente le corde del pianeta.

L’apocalittico Stefano Cagol crede nel profondo ruolo sociale e spirituale dell’artista al suo interno.

Tutto questo riassume la poetica e l’interiorità nella narrazione dell’artista ma , io sono un pittore che, pur nel riconosce l’importanza globale delle tematiche deve saper leggere la poesia della narrazione  attraverso i vari linguaggi espressivi usati . Di solito mi succede di essere piuttosto critico davanti a fenomeni che parlano attraverso  processi installativi ma l’opera di Cagol ha tutt’altro sapore.

E’palese la capacitè di gestione dello spazio che nello sviluppo dei processi installativi diventa la tela bianca, il campo visivo nel quale l’artista ordinatamente dispone tutte le fasi ne i vati pezzi che determineranno l’opera. La grande capacità di organizzazione di mestiche che vedono convivere in un amalgama perfetto metodologie digitali e tecniche tradizionali nella restituzione di quel credo sociale e spirituale dell’artista dove storia, ricordo, sogno, incubo, conoscenza vera o presunta si fondono.

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