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SCHMUTZIGES TANZEN

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SCHMUTZIGES TANZEN 

di Mario Travaglini

Il quattro novembre scorso Olaf  Scholz è stato a Pechino in visita ufficiale. Non è stato  un caso che il Cancelliere tedesco si sia precipitato ad omaggiare  Xi Jinping dopo appena quattro giorni dalla riconferma ricevuta dal congresso del Partito Comunista Cinese (PCC) che lo ha consacrato quale detentore del potere assoluto e grande timoniere della nazione all’inizio del terzo millennio. Qualora qualcuno avesse ancora dubbi riavvolga il nastro e riveda la scena patetica del vecchio leader di partito liquidato da  Xi Jingping in pieno congresso.

 Se, dunque, il viaggio di Scholz non è stato un caso, forse è opportuno chiederci perché lo ha fatto e, in particolare, a cosa sta giocando la Germania . E, altra domanda, perché proprio mentre l’Unione Europea tenta di prendere le distanze dalla Cina e gli Stati Uniti provano a rendere la loro economia meno dipendente da quella cinese?. Dirty dancing, balli proibiti, schmutziges tanzen ? Forse. Sta di fatto che Berlino privilegia -come sempre- gli affari . Cinismo mercantilista, simulata ingenuità, presunto egoismo o semplice mancanza di visione geopolitica. Difficile da dire, specie se si considera che la diplomazia tedesca è poco leggibile. Un dato tuttavia appare inconfutabile : la Germania è entrata nel panico a causa del crollo dei due pilatri che hanno retto nell’ultimo ventennio la sua economia. Da un lato il gas russo permetteva al sistema industriale una competitività a lungo termine  grazie ad una energia a buon mercato e, dall’altro, le esportazioni  verso la Cina consentivano di generare  enormi eccedenze commerciali che la politica utilizzava nella gestione del welfare.  Il primo pilastro è venuto meno a causa della invasione in Ucraina, mentre il secondo è stato ipotecato dal cambio di rotta impresso alla politica da Xi Jingping, il quale,  dopo aver riaffermato che la crescita rimane legata al pragmatismo, ha precisato che detto pragmatismo sarà sempre  fondato sui principi inscalfibili di purezza ideologica, sicurezza nazionale e controllo del partito. Pechino ha fatto capire che in un contesto di tensioni crescenti con il mondo occidentale  punterà su una economia resiliente, meno dipendente dai mercati e dagli investimenti stranieri per dedicarsi al rafforzamento dei rapporti con la Russia. Due semplici considerazioni si impongono. La prima: l’asse ideologico con Putin ha come bersaglio le grandi democrazie dell’occidente. La seconda: la reiterata opposizione all’indipendenza di Taiwan rende sempre più plausibile la sua annessione con invio di mezzi militari.  Ebbene, in questo contesto cosa spera di ottenere Scholz?  A quale strapuntino mira? Perché si dimena così platealmente, contrariamente a quanto sono abituate a fare le aziende tedesche che come le papere sembrano immobili in superficie e sott’acqua muovono le loro potenti leve?. Certo c’è da preservare un milione di posti di lavoro, i cento miliardi di export e fare in modo che Mercedes, Bmw e Volkswagen non abbiano a subire una riduzione nelle vendite che, ricordo, rappresentano circa il 40% del loro volume d’affari complessivo, il che  porrebbe seri problemi di occupazione interna ed il ricorso a forme di assistenza statale . Il tentativo di mantenere questo stato delle cose ha  però un prezzo, peraltro già corrisposto prima della visita del Cancelliere: la vendita parziale (per il momento) di un terminal del porto di Amburgo alla società pubblica cinese Cosco. Insomma un gentile presente offerto dal vassallo come avveniva ai tempi delle monarchie feudali che la propaganda di regime non mancherà di enfatizzare. Ironia della sorte, Amburgo, il più grande porto tedesco aperto a tutto il mondo, è anche la città dove Scholz ha esercitato la funzione di sindaco per due mandati e dove ogni anno si incontrano gli uomini che contano nelle relazioni economiche dei due paesi. Amburgo ha dunque un senso perché i cinesi, in funzione delle  relazioni che intrattengono con questo o quel paese, sono nella condizione di orientare il loro traffico marittimo verso gli Stati che si rivelano essere più funzionali allo sviluppo dei loro interessi. Amburgo ha ancora una volta un senso perché si presta molto bene per realizzare lo scopo finale di Pechino che è quello di dividere prima l’Europa e poi l’intero campo occidentale. Questo atto permette anche di dimostrare agli Stati Uniti che la Cina ha sempre di più la forza economica  per “fare spesa” in Europa e che gli alleati europei sono meno legati all’America rispetto a quanto avviene tra Pechino e Mosca. E’ stupefacente che tutto questo non venga afferrato dal Cancelliere tedesco il quale, di fatto, si presta al gioco di  Xi Jinping e conferma ancora una volta che l’attitudine della Germania è egoista, con una visione a corto termine che non prevede di anteporre gli interessi europei a quelli interni, sebbene si conoscano i grandi rischi dell’operazione.

E’ imbarazzante,infine, il comportamento della Commissione Europea, guarda caso a guida tedesca, che tenta di percorrere una terza via tra  l’evangelismo degli ultimi anni e il confronto duro e frontale avviato da Trump. Temo, per motivi ovvi,  che lo stato confusionale in cui versa la Germania diventerà europeo e che la riduzione delle dipendenze strategiche come il controllo degli investimenti esteri rimarranno pura utopia. In questo contesto la commissione presieduta dalla Baronessa Von der Leyen resterà tranquilla e muta consentendo ai suoi connazionali di continuare ad esibirsi nel ballo a loro più congeniale: Schmutziges Tanzen.

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