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L’economia dei due Francesco: spirito del tempo o tempo dello spirito?

Il limite / 77

L’economia dei due Francesco: spirito del tempo o tempo dello spirito?

di Raniero Regni

È trascorsa da poco la festa di S. Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, patrono mondiale dell’ecologia, “il più santo degli italiani e il più italiano dei santi”, ma il santo più conosciuto e amato anche dai non Cristiani e dai non credenti.

Il Papa, che per la prima volta per un pontefice, ha scelto il nome di Francesco, ha celebrato la ricorrenza con il meeting della Economy of Francesco, l’incontro annuale tra migliaia di giovani economisti e imprenditori che sono venuti ad Assisi per discutere e confrontarsi su di un’economia dal volto umano, un’economia compatibile con l’ecologia e con la giustizia sociale.

Per chi scrive, nato e cresciuto a Gubbio, San Francesco è un personaggio familiare. Una presenza che quasi si tocca e si respira. Gubbio è infatti una città francescana come lo è tutta l’Umbria. È la città presso la quale il Santo si rifugiò dopo la fuga da Assisi, dopo la rottura con il padre, ed è il luogo dove ha vestito per la prima volta il saio. San Francesco è forse il santo planetario più famoso al mondo. Una figura straordinaria, l’alter Christus, il fondatore dell’umanesimo, il creatore della lingua italiana, colui che ha insegnato a Giotto a dipingere paesaggi ed animali provocando la rivoluzione rinascimentale. Colui che ha sentito la fraternità con tutto ciò che vive, spingendo più in alto e più a fondo il messaggio Cristiano. Una figura la cui potenza spirituale travalica la nostra civiltà e si dimostra dialogante con tutte le altre. Il suo essere giullare di Dio e giocoliere dell’anima, lo porta a sovvertire tutte le categorie del tempo, baciando il lebbroso e sposando Madonna Povertà. Il suo anti-intellettualismo gli fa usare la poesia per comunicare con l’intelligenza del cuore. “Il Poverello – ha scritto il grande medievalista francese J. Le Goff – resta non solo uno dei protagonisti della storia ma una delle guide dell’umanità”.

E, ricordando il Santo, il Papa ha fatto un discorso formidabile che lo conferma come uno dei leader mondiali, uno dei pochissimi messaggeri di pace e speranza, una guida non solo per i credenti ma per tutti gli esseri umani. “Se parliamo di transizione ecologica – ha detto Papa Francesco – ma restiamo dentro il paradigma economico del Novecento, che ha depredato le risorse naturali e la terra, le manovre che adotteremo saranno sempre insufficienti”. Parole definitive. Il Papa è oramai il leader che in tutto il mondo parla più chiaramente della crisi ambientale e della sua gravità. Per questo, nello stesso discorso, si è rivolto ai giovani economisti chiamandoli ad essere “artigiani e costruttori della casa comune che sta andando in rovina”. E questa casa non ha bisogno di pennellate di vernice, magari verde, ma di cambiare struttura.

La proposta di Francesco, il Papa, riporta in auge la proposta di Francesco, il Santo. E’ la proposta dei due Francesco. “L’altissima povertà” francescana che, in pieno Medioevo, lancia una formidabile sfida allo spirito del tempo, del suo ma anche del nostro. Abbiamo parlato in altre occasioni dell’attualità del Medioevo. E qui possiamo aggiungere un’altra considerazione a quelle già fatte. Come sostiene il filosofo G. Agamben, quella di Francesco fu una sfida grandiosa portata avanti con il rifiuto di ogni potere e di ogni proprietà, utilizzando l’amore attraverso la povertà. Ma questo portò subito dopo la sua morte, ed in coerenza con le sue ultime volontà, ad una disputa teologico-giuridica sulla possibilità di dare il via ad una forma di vita che non era una regola, né una forma di vita che la trasformava in un perenne liturgia, come nel monachesimo, ma che rappresentava una sfida radicale perché sceglieva un’esistenza totalmente conforme al Vangelo. Il progetto di San Francesco era quello di una vita umana sottratta alla presa del diritto, un uso dei corpi e del mondo che non si sostanzi mai in un’appropriazione”: “sine proprio”. Dei beni del mondo indispensabili alla sopravvivenza non si dà mai proprietà ma solo uso comune. La disputa, raffinata e sottile, sul contrasto tra uso e proprietà, usufrutto e semplice uso, iniziata e poi persa dai francescani, si ripropone oggi nella discussione sui beni comuni come le matrici ambientali, acqua, aria, suolo, che rappresentano un limite all’abuso e all’appropriazione privata del mondo.

Quel movimento, come altri del tempo, andava contro la nascente ricchezza tardo medievale che però coincideva con la povertà spirituale. Ieri come oggi, è necessario andare contro lo spirito del tempo riscoprendo il tempo dello spirito che è anche quello di una vera transizione ecologica.

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