SAPERE DI MARE

Il Limite / 69

SAPERE DI MARE

A Marotta una delle splendenti e accoglienti gemme dell’Adriatico l’hanno pensata proprio giusta lanciando la manifestazione culturale  intitolata “SAPERE DI MARE”. Dall’amicizia tra l’accademico e il maestro di vela, che si contornano di persone argute e propositive è nata l’idea intelligente di offrire una vera e propria “immersione”  nella cultura del mare e per una profonda conoscenza dell’Adriatico. Il 27 luglio la proiezione del Film PESCAMARE” nella sezione <Storia della marineria da pesca>  con lo scenografo Luca Caprara, ha fatto seguito la  conferenza del Biologo marino Corrado Piccinetti sul tema  Il mare come ambiente di vita. La ciliegina sulla torta l’ha regalata l’accademico Raniero Regni, Pedagogista della Lumsa, che ha sviluppato il tema <Adriatico e Mediterraneo, tra storia e avventura>  che ha affascinato gli astanti. Qui di seguito offriamo ai lettori lo scritto, altrettanto coinvolgente, che rappresenta a pieno il pensiero di Regni, prestigioso  titolare della rubrica  “Il Limite” della nostra Rivista della Domenica.

(Il Direttore)

                                                             di Raniero Regni

Sì, avete letto bene. Non “sapore di mare”, la canzone famosa che Gino Paoli scrisse nel 1963 e che da allora ha accompagnato le vacanze di molti italiani. No, “sapere di mare”. Anche storicamente il “sapere” deriva dal “sapore”. Una persona “sine sapor”, dicevano i latini, era una persona sciocca. Lo si dice ancora oggi, è una persona “insipida”, una persona che non sa di niente, senza sale. Il sapere e il sapore di cui vorrei parlare è quello del mare. Adesso, molti di noi sono sulle spiagge. Guardano tutto il giorno la cangiante distesa d’acqua, sempre uguale e sempre diversa, dalle mille sfumature che si confondono con quelle del cielo. Molti di noi magari sognano l’”azzurra solitudine”, avrebbe detto il solitario Nietzsche, la bellezza smeraldina di una crociera in barca a vela. Ma che cosa ne sappiamo noi del mare?

L’Italia ha ottomila chilometri di coste ma, come succede per le città colme d’arte e di memoria del nostro paese, noi italiani, come non conosciamo la storia, non sappiamo neanche niente del mare. 

Eppure è il più grande ecosistema che esiste oggi sul pianeta. Ha più di quattro miliardi di anni e ha molto da raccontarci. Da lì è venuta sicuramente ogni forma di vita. E’ dal mare che la vita proviene ed è il mare che la vita protegge. 

Ma i mari italiani sono anche pieni di storia e di storie. Il Mediterraneo, e poi il Tirreno e l’Adriatico. Oltre diciassettemila specie e una biodiversità notevolmente superiore a quella di ogni altro mare. Il Mediterraneo è all’incrocio di tre continenti, tre grandi masse: l’Africa, l’Asia e l’Europa. Un mare che unisce le terre che divide, come è stato detto di ogni mare. Un’unità architettonica e climatica sulle rive del quale si sono avvicendate un numero impressionante di civiltà. Il Mediterraneo dell’età del bronzo, di Cnosso 7000 anni fa. Il Mediterraneo dei micenei e dei troiani. Non a caso l’Odissea, assieme all’Iliade, il primo grande poema occidentale è un poema del mare. Ricordare e dimenticare, questo è il segreto del viaggio di Odisseo, di Ulisse. I luoghi dei suoi viaggi e delle sue peripezie sono tutti sulle rive del mare. I poemi omerici sono racconti mediterranei. 

Poi arrivano i Fenici e gli Etruschi, il Mediterraneo pre-greco diventa così un mare affollato. Poi c’è il mare greco, il mare fra le terre, mesogea, mesoges, questo significa letteralmente Mediterraneo in greco antico. Un piccolo mare, se lo si guarda sul mappamondo, quasi un lago salato, ma pieno di storia. Nel 480 con Atene che domina diventa un lago greco. Una scelta, quella del mare rispetto alla terra: le città della magna Grecia sono sempre vicini al mare. Chi è nato nel Mediterraneo è secondo i greci nato dalla parte giusta, attorno inciviltà e barbarie.  Il Mediterraneo antico era pieno di dei. Ma poi c’è anche l’altra culla della civiltà occidentale. Gerusalemme, la cultura ebraico-cristiana.  Da Gerusalemme a Roma, il viaggio di Pietro e Paolo. Roma, che nel frattempo, dopo la sconfitta cartaginese, era diventata la più grande potenza del mare nostrum. “Nostrum”, non nel senso del possesso (quella è un’idea sviluppata dall’imperialismo fascista molto più tardi) ma nostro perché più familiare, più vicino all’idea che i romani avevano della civiltà.

Dopo il tramonto di Roma, rimane l’altra Roma, quella bizantina e il Mediterraneo è un mare controllato da Costantinopoli. Poi diventa un lago arabo, mentre l’Europa si ritira dalle coste. Ma poi c’è la ripresa delle repubbliche marinare: Genova, Pisa, Amalfi. E soprattutto Venezia. Chi, come chi scrive, si trova ora sulle coste dell’Adriatico, dovrebbe sapere che per molti secoli questo mare interno al Mediterraneo, verrà chiamato semplicemente il “golfo di Venezia”. L’Adriatico è il Mediterraneo del Mediterraneo, su cui si affacciano sette stati, un corridoio marittimo che unisce Oriente e Occidente, Nord e Sud. Sulle cui coste si è sviluppato, come ha scritto lo storico E. Ivetic, “l’homo Adriaticus …una forma mentis e un paradigma all’insegna dell’apertura culturale…Il Mediterraneo è il mare delle diversità, l’Adriatico, nonostante i confini e gli scontri, è il mare delle convergenze”. 

Questo e molto altro dovrebbe essere il “sapere di mare”. Sapere che il mare è forse troppo sfruttato, che forse oggi è minacciato dall’azione umana che sembra non aver limite. Che oggi è anche il mare dei migranti che lo attraversano pericolosamente in continuazione. Dovremmo sviluppare e approfondire questa conoscenza. Anche se in vacanza non vogliamo pensare a niente, dovremmo comunque conoscere queste storie. Perché solo chi conosce riesce poi ad apprezzare e proteggere quello che conosce e ama. Infine, è vero che per vivere bisogna forse dimenticare, ma per capire bisogna ricordare. 

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