Una Venezia quasi estiva, sempre meravigliosa e cosmopolita, ha accolto questa cinquantanovesima biennale d’arte. La curatrice italiana Cecilia Alemani, afferma di voler includere più artiste donne per compensare la “grande preponderanza di artisti maschi” nelle precedenti edizioni.
Il titolo che ha scelto per la mostra di quest’anno è ‘Il latte dei sogni’. “Ogni immagine si forma nel movimento”.
Questo può essere considerato il mantra dell’edizione 2022 .
Ci vorrebbe almeno una settimana per la visita completa, ce la siamo cavata in due giorni.
L’impressione generale che se ne ha è una breve considerazione che mi vien da fare ogni qualvolta lascio un padiglione e velocemente mi dirigo verso il prossimo: niente di ciò che vedo mi spinge a fermarmi per meglio osservare.
Una sensazione di déjà vu mi accompagna.
Mi è difficile comprendere quale momento della contemporaneità stiamo raccontando: sarebbe bello che la Biennale parlasse di futuro e non di passato. Così ci infiliamo nell’arsenale dove un’esposizione “ALLORO” palesemente pensata per una esaltazione del mondo al femminile celebra, fra le altre, la parte scura con il solito modulo espressivo di Louise Nevelson, recentemente assurta all’olimpo dei grandi (perché il mercato ha deciso che ora la si vende).
Poi però c’è la prevedibile infilata di installazioni con la terra, le piante insomma un panorama visto, già visto e più volte similmente digerito.
Il padiglione Italia, sicuramente da visitare visto che è costato alla comunità tutta due milioni di euro,” rappresentato da un solo artista, Gian Maria Tosatti che, nel più tradizionale fare concettuale. racconta l’Italia del suo ricordo: ambienti domestici che chi ha la mia età riconosce perfettamente (quell’ l’Italia… con i letti a rete e le piastrelle a mosaico, le porte che cigolano, i telefoni a muro (con il disco utile a formare il numero). E poi le macchine da cucire Singer, i banchi delle operaie, il lavoro in fabbrica. Una vecchia radio trasmette, in loop. musica e parole dal film Fuga per la Vittoria. Insomma immersi in un film dove ogni cosa sta al suo posto…parecchie persone, visitatori come me, sono piuttosto critici nei riguardi dell’opera pensata da Tosatti che, “vista l’occasione, avrebbe potuto fare qualcosa di più”: ma l’opera è lo specchio dell’artista Tosatti che lavora e trova nell’indagine del suo passato, che per permeazione diventa collettivo, la poetica del suo racconto. Se poi la contemporaneità italiana è altra bisognerebbe farne carico a chi promuove la rappresentanza italiana pagata dalla collettività, con solo la esclusiva presenza di un artista.