HomeLa RivistaL’UCRAINA VAL BENE UNA MESSA?

L’UCRAINA VAL BENE UNA MESSA?

Economia & Finanza 55

 

L’UCRAINA VAL BENE UNA MESSA ?

di Mario Travaglini

La scorsa settimana ci siamo occupati della questione economica collegata alla guerra in Ucraina con l’impegno di affrontare quest’oggi il tema politico. Tema delicatissimo perché le decisioni prese in quella sede determinano da un lato, direi inevitabilmente, le scelte economiche che riguardano il reddito, il consumo, il risparmio, l’investimento e l’occupazione relativi a un intero continente, a un Paese o a una regione geografica (macroeconomia) e, dall’altro, il comportamento economico di singoli individui, famiglie e aziende (microeconomia). La metafora contenuta nel titolo proviene da un fatto storico forse dimenticato: quello dell’ugonotto calvinista Enrico di Navarra che, una volta vinta la guerra per la conquista del trono di Francia, per essere incoronato Re, rinunciò alla sua fede religiosa per convertirsi al cattolicesimo. Così nel 1594, prima di essere incoronato nella cattedrale di Chartres come Enrico IV, pronunciò le parole “Parigi val bene una messa”, e cioè: pur di conquistare il regno di Francia, il cui potere risiede a Parigi e di cui questa città è il simbolo, ci si può sacrificare e prendere parte a una messa e cambiare il credo religioso. Questa espressione la usiamo quindi quando ci troviamo davanti a una situazione per cui siamo disposti a rinunciare a qualcosa o a sacrificare qualcosa pur di arrivare ad ottenere ciò che desideriamo. E in Ucraina è davvero cosi ?   A cosa e quanto siamo disposti a rinunciare per aiutare gli ucraini? Quello che decide la comunità internazionale in termini di sanzioni economiche e di aiuti militari è condivisibile? E, soprattutto, è utile per arrivare alla pace? O c’è una via inesplorata o non battuta per far cessare questa mattanza di innocenti? La domanda evocata nel titolo non è retorica e ce la dobbiamo porre in tutta la sua complessità : L’Ucraina, dunque, val bene una messa?  Occorre innanzi tutto ricordare che dal 14 febbraio 2014 il fascicolo ucraino ha assunto la forma di un’interminabile guerra civile che gli esperti hanno sempre definito “a bassa intensità”, ossia di scarso interesse mondiale sulla quale i media occidentali hanno sempre  mantenuto una forma di omertà. Non averne mai parlato, non aver mai stabilito le responsabilità dei protagonisti (tre sul campo, ma cinque  aggiungendo l’Europa e la NATO) permette a questi stessi media di stabilire che una “vera guerra” è nata spontaneamente dalla “follia inspiegabile” e dalle pulsioni barbariche di un dittatore formattato dal KGB. Sappiamo bene, anche attraverso le norme del diritto internazionale, chi è l’invasore e qual è il paese invaso; ma dobbiamo riconoscere che l’Europa  in questa circostanza ha dato prova di tutta la sua impotenza aggiungendo ai tanti fallimenti anche questo sull’Ucraina. Non tanto per la guerra in se quanto invece per l’impreparazione  totale davanti ad un conflitto regionale che si trascinava da oltre otto anni lasciando che andasse in metastasi e diventasse un conflitto mondiale. E anziché porsi come credibile ed autorevole entità di mediazione ha preferito aggiungere guerra alla guerra, organizzando la consegna di armi all’Ucraina  al di fuori di ogni quadro giuridico, senza alcun dibattito al Parlamento europeo e nell’assenza del potere decisionale di Ursula von der Leyen in questo campo (probabilmente crede ancora di essere il ministro della Difesa tedesco?).

Insomma l’Europa con la sua cronica inconsistenza ha permesso agli Stati Uniti di rafforzare la loro egemonia nel vecchio continente attraverso anche la leva della Nato, trascinandoci tutti in una guerra per procura tra Russia e America il cui esito stabilirà se l’Ucraina rimane  parte della sfera di influenza americana  nella quale è stata attratta in modo informale dal 2014 ovvero tornerà in quella  russa. D’altra parte che Washington  non voglia porre fine al conflitto è di tutta evidenza, continuando a non far nulla per affrontare le preoccupazioni russe  attraverso la diplomazia,  per promuovere la cessazione delle ostilità o per sostenere i negoziati tra i belligeranti ufficiali; al contrario ha passato gli ultimi otto anni ad addestrare ed equipaggiare le forze ucraine (vedasi anche gli ultimi 800 milioni di dollari in armamenti concessi solo due giorni fa). A mio avviso a Biden non interessa che si arrivi alla pace perché ha in mente un obiettivo diverso: verosimilmente quello di congelare e cronicizzare il conflitto per indebolire  le risorse della Russia e puntare alla sua destabilizzazione. Se cosi fosse si impongono due considerazioni :

  1. a) questa guerra, almeno da un punto di vista della geopolitica economica, potrebbe trasformarsi, per una clamorosa eterogenesi dei fini, in una disfatta per chi l’ha scatenata e in una grande opportunità per gli Stati Uniti e, in misura ridotta, per l’occidente in generale.

  2. b) la Russia avrebbe fatto due grandi errori. Il primo : quello di mettersi nella condizione di vassallaggio nei confronti della Cina. Il secondo: quello di non aver capito che il vero scontro non è quello oggi in atto ma quello economico globale tra Washington e Pechino. Le strategie in atto potrebbero anche spiegare la partita che sta giocando il Presidente ucraino, apparentemente eterodiretto dagli Usa ed impermeabile ad ogni iniziativa di pace, compresa quella forte ed autorevole di Papa Francesco messa in evidenza durante la Via Crucis della scorsa settimana.

Ciò che non riesco a comprendere è come sia possibile continuare a parlare solo di guerra e di armi e non di pace. Ecco perché, avendo troppo rispetto per le vite umane, preferisco rimanere ugonotto.

 

 

 

 

 

Nessun Commento

Inserisci un commento