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LE ARMI SPUNTATE DELLA MINERVA” CONTRO BULLI E MAESTRE FUORI DI TESTA: COSI’ LA SCUOLA MUORE

BUONA DOMENICA DI PASQUA E BUONA SETTIMANA AI LETTORI DI “CENTRALMENTE” LA RIVISTA DELLA DOMENICA

a nome di tutti gli autori

                                                                   Il Direttore Pierluigi Palmieri 

Editoriale /54

Così la scuola muore: Le armi spuntate  della  “Minerva” contro bulli e maestre fuori di testa

di Pierluigi Palmieri

 

Come se non bastasse la pioggia di problemi che l’hanno investita in questi ultimi anni, questa settimana  sulla scuola italiana è piombato un  episodio che ha irritato e disgustato tutti”. NO, carissimi lettori non è un refuso tipografico, il corsivo che avete già letto nel mio editoriale del 13 febbraio scorso, si attaglia perfettamente al quello odierno. Mentre sono nitide nella nostra memoria le immagini del corteo di protesta degli studenti del Liceo di Cosenza, dove un “porcone”  prestato all’insegnamento provava a barattare la sufficienza in Matematica in cambio di foto a seno nudo delle studentesse, arrivano  notizie fresche su nuovi  pesanti misfatti in ambito scolastico.. Una settimana, quella appena trascorsa che si è caratterizzata  come tutt’altro che “santa”  per gli episodi venuti alla luce grazie alle denunce delle omissioni delle istituzioni da parte di mamme coraggiose, ma anche di insegnanti che fanno eccezione. Mi riferisco al pestaggio a sangue di una tredicenne all’interno di un istituto di Anzio da parte di un gruppo di compagni di classe, alle gravissime offese lanciate  in chat contro un bambino autistico dalle sue maestre della scuola dell’infanzia e all’assurda assegnazione di un compito a bambini di 6-7 anni  invitati a disegnare i gironi dell’inferno e a collocarvi i nomi dei compagni che vorrebbero vedere morti. Come non provare  ancora disgusto, ancora irritazione?

Sull’episodio di Anzio va spesa qualche parola in più rispetto alla consueta lettura del fenomeno del bullismo, di norma associato all’esaltazione, in termini negativi, dei caratteri tipici dell’età adolescenziale. L’ambiente scolastico è esattamente il luogo deputato a cogliere questi aspetti nel comportamento , individuale e in gruppo,dei ragazzi ed è tenuto ad offrire le opportunità più adeguate alla conquista del necessario equilibrio psicofisico. Nel precedente intervento ho provato a mettere in evidenza i motivi che sono alla base delle carenze che affliggono il nostro sistema scolastico a livello organizzativo e di professionalità.Oggi aggiungo la critica all’atteggiamento dei responsabili sindacali con in testa il Presidente dell’Associazione Presidi  che in Tv ha provato a giustificare il comportamento omissivo di alcuni Dirigenti. La statistica ci dice che quando in una scuola accadono episodi che vanno oltre la “normale amministrazione”, scatta, in automatico un meccanismo  di “blindatura” che tende a nascondere la verità, fino a negare l’evidenza.  Questo processo,   con il Dirigente Scolastico che si nasconde dietro “la difesa del buon nome della scuola” , coinvolge, in un inevitabile effetto domino, tutto il personale scolastico e finisce  per assumere quasi sempre i contorni dell’omertà. Un atteggiamento inconcepibile là dove a farla da padrona dovrebbe essere invece l’educazione alla lealtà e alla trasparenza. Ribadisco che per gli insegnanti è doverosa la segnalazione di comportamenti “anomali” da parte di colleghi di lavoro, mentre il Dirigente  di fronte a violazione delle norme comportamentali del personale scolastico. Deve intervenire  con una contestazione degli addebiti e assegnare all’accusato i termini per presentare le  proprie giustificazioni, per poi decidere di irrogare una eventuale sanzione disciplinare, coinvolgendo l’apposito Ufficio  superiore competente. Questa sarebbe la prassi, che in genere  i Dirigenti,  purtroppo, si limitano ad applicare alle “mancanze”  più lievi, come assenze non giustificate nei tempi previsti, ritardi nella consegna di documenti e altre inadempienze burocratiche. A nessuno sfugge la gravità dell’atteggiamento “omertoso” di cui stiamo parlando, ma ancora più preoccupanti sono le cause che ne stanno a monte. Tornano quindi ad emergere i problemi relativi alla formazione e alla selezione del personale che incancreniscono la scuola ormai da anni. La scuola tradisce se stessa se agli adolescenti la secondaria non offre una sponda sicura su cui far approdare le incertezze e le esuberanze dell’adolescenza.

La scuola tradisce se stessa se  al bambino dai tre ai sei anni  la scuola dell’infanzia non mette a disposizione un ambiente particolarmente adatto ai suoi “periodi sensibili” , individuati da tempo immemorabile dalla Montessori  confermati oggi dai neuroscienziati, in cui acquisisce più capacità mentali rispetto a tutto il resto della vita.

La scuola tradisce se stessa se nelle  elementari non  lascia spazio alla creatività degli alunni.  Un’accusa di tradimento che, data la brevità dei postulati evidenziati e non rispettati,  potrebbe apparire esagerata ma che purtroppo trova conferma proprio negli episodi che stiamo prendendo in considerazione.

La sensibilità della prima infanzia, la creatività e la curiosità della fanciullezza, l’audacia fisica e i problemi legati al superamento della bisessualità nell’adolescenza, sono i presupposti  imprescindibili su cui si basa la delega educativa che le famiglie rilasciano alla scuola. Questi principi pretendono un bagaglio di conoscenze, una potenza vocazionale ed una predisposizione all’empatia a livelli superiori alla media, per non dire di eccellenza. E qui, è proprio il caso di dirlo, casca… “l’asino”. E’ ancora vivo e vegeto il  reclutamento dei docenti attraverso il cosiddetto doppio canale (graduatorie “permanenti” e concorso) che avrebbe dovuto porre fine al precariato e dare avvio all’assunzione solo attraverso il concorso a cattedre. Si sale ancora in cattedra con titoli di studio conseguiti senza aver seguito corsi dedicati alla didattica delle discipline e all’approfondimento della psicologia dell’età evolutiva. Nei concorsi a cattedre, si propinano quesiti astrusi  che poco o nulla hanno a che vedere con le scienze dell’educazione, e soprattutto con l’accertamento delle attitudini all’insegnamento. Si può accedere alla Dirigenza  scolastica dopo aver prestato cinque anni di servizio, trascinandosi dietro le carenze di cui sopra.  Di volta in volta, i ministri che si sono dati il cambio per decenni al Palazzo della “Minerva” in Viale Trastevere si sono vantati  di aver assorbito negli organici un numero di precari sempre superiore rispetto al predecessore, ma la demagogica assenza di sbarramenti ha spuntato le  loro armi  contro l’incompetenza. Così ci siamo ritrovati a scoprire  maestre, compresa l’insegnante di sostegno, che gioiscono per l’assenza del bambino autistico, ribattezzandolo “Ansia” e  auspicando che ritorni miracolato; scopriamo che la Preside ignorava che l’insegnante che ha invitato i bambini a “mandare all’inferno” i compagni di classe  era stata sottoposta  più di una volta a Trattamento Sanitario Obbligatorio; infine apprendiamo che  la ragazza pestata a sangue mentre riceveva insulti razzisti, era rimasta rinchiusa in un’aula, priva di soccorso, per oltre mezz’ora. Ha poi dichiarato: “Dopo l’ultimo calcio in faccia ero svenuta e mi sono risvegliata urlando… Ero convinta che sarei morta”.

Così è la scuola che muore.

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