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CRISI AMBIENTALE: STILE DI VITA O SCELTE POLITICHE?

Il Limite/37

di Raniero Regni

Ogni valore ha sempre avuto bisogno di apologeti ma soprattutto di testimoni credibili. Il vecchio Platone lo diceva, “le buone azioni danno forza a noi stessi e ispirano buone azioni negli altri”. Tutti noi dovremo fare qualcosa individualmente per ridurre l’impronta ecologica, essere guidati da questa sensibilità in molte scelte quotidiane può dare un contributo notevole. Ma il problema è sistemico e lo dovrà essere anche la soluzione. Puntare esclusivamente sulla coerenza e la buona volontà dei singoli, da solo, non può portare lontano. I nostri guai con il clima e con l’energia sono effetti del fallimento del mercato e questi possono essere affrontati solamente attraverso un’azione collettiva che si fa subito azione politica. Infatti in una democrazia il mezzo dell’azione collettiva è il governo. Per cui l’ambientalismo, che oggi non è più una scelta etica per pochi ma un’indispensabile scelta politica per tutti, deve farsi azione collettiva. 

M. Mann, il climatologo più importante degli USA, più volte citato in questa rubrica, mostra nei suoi interventi come spesso questo voler scaricare sui singoli le scelte ambientali è uno degli strumenti principali degli inattivisti del clima. Infatti nessuno, neanche i più conservatori e interessati imprenditori e politici, osa più mettere in discussione gli effetti dell’azione umana sul cambiamento climatico, ma si usano strategie più indirette come attaccare individualmente gli esponenti più famosi impegnati nella battaglia per la difesa dell’ambiente e della sua salute. 

Ad esempio, se un professore universitario – ed ogni riferimento personale è puramente voluto – si impegna per una campagna di sensibilizzazione sui rischi ambientali costituiti da due cementifici che insistono sulla stessa piccola conca da più di mezzo secolo, dove si trova la sua città, e vogliono usare combustibili derivati da rifiuti, allora lo scopo deve essere un altro. Uno scopo recondito e segreto, quasi sicuramente finalizzato al potere e al possesso: “forse vuole candidarsi alle prossime elezioni e vuole fare il sindaco?”. Questo riferimento personale replica nel piccolo quella più ampia strategia che M. Mann ha studiato e smascherato su più ampia scala messa in atto dagli inattivisti del clima che vogliono distrarre l’opinione pubblica. “Uccidere il messaggero”, ovvero screditando colui che si fa portatore di una coscienza adeguata alle sfide del tempo, si cerca di distogliere la gente dal concentrarsi sul messaggio. Gli attivisti più impegnati vengono attaccati per la coerenza o incoerenza delle loro scelte di vita: Greta Tunberg attraversa l’Atlantico per partecipare alla più grande manifestazione mondiale per il clima nel 2019 ma si dice che la barca a vela da lei usata è di plastica non riciclabile. Leonardo di Caprio, e prima ancora A. Gore, due grandi testimonial impegnati contro l’inquinamento ambientale vengono criticati perché consumano troppa luce per le loro abitazioni o perché viaggiano in aereo. Persino il Papa è stato attaccato su questo piano.  

In un’intervista, il grande scrittore indiano Amitav Ghosh ha affermato, “le dimensioni della nostra attuale crisi sono tali da non poter essere affrontate attraverso azioni individuali. In una situazione di guerra, ad esempio, sarebbe assurdo provare a rispondere apportando cambiamenti negli stili di vita individuali. Ciò che stiamo affrontando oggi è di portata ancora maggiore, quindi è inutile pensare di rispondere a questa situazione individualmente”. 

È vero comunque quello che scriveva Montesquie, “nessuna legge, nemmeno la meglio concepita, può sopravvivere se non vive nell’anima dei cittadini”. Per cui l’azione politica riposa sempre sulla condivisione di una visione del mondo e dei valori che vanno educati e trasmessi anche attraverso un’efficace azione di pedagogia sociale a favore della sostenibilità. Ma è altrettanto vero che poi le azioni individuali hanno bisogno di una sponda politica, ovvero hanno bisogno di rappresentanti eletti nei consigli comunali, provinciali, regionali e poi in Parlamento, che si facciano portatori di riforme urgenti e indispensabili. Per cui è giusto e necessario sostenere quei politici che si impegnano in azioni a favore dell’’ambiente, della salute e del clima. E questo diventa difficile in Italia dove non è mai decollato un movimento politico verde. 

Un esempio formidabile nella direzione contraria ci viene dalla Germania, indicandoci con forza dove spira il vento della storia. Il governo tedesco, che si è recentemente formato, è frutto della coalizione cosiddetta a “semaforo”, costituita da socialdemocratici, liberali e verdi. Il parlamento ha approvato pochi giorni fa il nuovo governo guidato da Scholz, in cui il partito ambientalista ha ottenuto il vice-cancelliere Habeck, che è anche ministro dell’Economia e del clima, Baerbock, nuova ministra degli esteri, Lemke, nuova ministra dell’Ambiente, Pzdemir ministro dell’Agricoltura, Speigel ministra della famiglia. Oltre alla nutrita presenza femminile si vede quale lungimirante strategia politica c’è dietro. Il vice-cancelliere che dirigerà il ministero dell’Economia e del clima ha capito che la riconversione industriale green sarà un colossale affare anche economico. Verranno utilizzati ingentissimi fondi per preparare il futuro. L’esatto contrario di quello che sta facendo il nostro Ministero della transizione ecologica, guidato paradossalmente da un non ecologista, non un verde ma un tecnocrate che impiegherà i fondi del PNRR per rallentare il passaggio ad un’economia sostenibile con classiche soluzioni-non-soluzioni, con un business-as- usual travestito da progresso, come il metano e l’uso dei combustibili derivati dai rifiuti, se non con vere e proprie assurdità come il nucleare. Un ponte che non porta da nessuna parte se non verso il disastro, ecco la transizione all’italiana. Una strategia miope di gestione del presente con la scusa che la transizione ha bisogno di tempo e non può essere troppo brusca perché questo danneggerebbe l’economia, incapace quindi di produrre futuro. Di fronte a tali argomentazioni come non dare ragione a M. Mann quando scrive, “quando vi imbattete nell’affermazione secondo cui è troppo costoso agire, fate notare che è vero il contrario. Gli impatti del cambiamento climatico ci stanno già costando molto di più delle soluzioni. In realtà, il 100% di energia verde probabilmente si ripagherebbe da sola”. Le scelte dei consumatori non costruiscono linee ferroviarie ad alta velocità, non finanziano la ricerca e lo sviluppo delle energie rinnovabili e non stabiliscono un costo per le emissioni di anidride carbonica. Stile di vita sì, ma soprattutto scelte politiche. 

 

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