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IL RE E’ MORTO

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IL RE E’ MORTO 

Il Re è morto: e anche se gli eroi sono sempre giovani e belli è un giorno di immensa tristezza.

La mia generazione è assolutamente figlia di Pelè, che apparve nelle nostre vite nella prima Coppa Rimet in eurovisione della storia: quella del 1958, quella dell’Italia incredibilmente assente (e sarebbe successo ancora, purtroppo), quella del Brasile per la prima volta Campione del Mondo.

Chi, come me, ha amato il calcio è cresciuto a pane e Rei. Senza mai porsi la domanda se fosse il migliore: perché, semplicemente, in quel momento lo era (e lo sarebbe rimasto a lungo). Perché in bianco e nero prima, a colori poi e – per quanto mi riguarda – di persona infine, ci avrebbe obiettivamente fatto vedere cose che non avevamo mai viste tutte assieme. Il Dio del Calcio aveva scelto lui: e ce lo sbattè pure in faccia in quel crudele 1970 messicano quando un Brasile mai tanto forte probabilmente avrebbe vinto anche senza la sua immensa guida.

L’ho conosciuto, sì: ci ho parlato, ci ho cenato, ci ho viaggiato, ci ho fatto trasmissioni insieme. Non mi ha mai deluso: mi ha sempre regalato cordialità, professionalità e credo addirittura un embrione di amicizia. Un tratto umano perfetto, all’altezza della sua immensità calcistica sul campo. Ha vinto, unico della storia, tre Mondiali per Nazioni e due Mondiali per club. Giocava come respirava

Non è criticabile, non è vulnerabile, non è moralmente attaccabile. Per totale sincerità posso dire che, alla completezza e alla perfezione di un giudizio già comunque siderale, si può solo sottrarre la piccola “colpa” di non aver accettato la sfida del calcio europeo (ovviamente non sentendone il bisogno). Altre “divinità” calcistiche l’hanno fatto e, al contrario di lui, hanno fatto vincere squadre (nazionali e di club) che probabilmente non avrebbero mai vinto. E questo forse ha fatto la differenza.

Ma non è assolutamente il momento di fare paragoni: e men che meno graduatorie. Solo dolore e rispetto! Adeus nosso Rei: obrigado por tudo

L’albero di Natale con gli “Dei” di Marino Bartoletti

È il Natale di un anno indefinibile: iniziato (e proseguito) nella follia di una guerra e terminato nella malinconia di troppi addii che ci hanno toccato da vicino. Nel mezzo, le nostre vite: coi loro bilanci, coi loro eventuali momenti di gioia, coi loro inciampi, purtroppo anche coi loro dolori. Il “mio” albero l’ho realizzato con le cose più belle: quelle che mi hanno dato orgoglio, successo e speranza. Ed è su quelle tre creature di carta – oltre che sugli affetti irrinunciabili – che a settant’anni ho immaginato e costruito qualcosa che, senza paura, mi piace chiamare “futuro”. Non bisogna MAI smettere di sognare. Buon Natale!

Marino Bartoletti Facebook NATALE 2022

 

 

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