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Magic moment per le materie prime

Su queste colonne è la prima volta che affronto il tema delle materie prime. E’ il caso quindi di fare un breve riassunto di quanto accaduto fino ad oggi segnalando subito che in termini borsistici esse vengono definite Commodities. Occorre constatare che dal 2008, famoso anno della crisi dei subprimes, il settore non ha smesso di sprofondare per effetto della riduzione della domanda e della conseguente flessione della produzione industriale . Nel 2016 l’intero comparto  era sceso talmente in basso da farne una opportunità anticiclica per tutti quei risparmiatori  freddi, determinati e con  nervi d’acciaio che vedevano le materie prime come un investimento che a lungo termine avrebbe dato certamente buoni frutti . Fino al 2019 il settore  veniva considerato da tutte la banche d’affari come uno dei pochi in grado di  salvarsi dalla grande “bolla” che all’orizzonte si manifestava in crescente formazione. Ma cosa è accaduto in questi due ultimi anni?   La risposta la troviamo nel rapporto In Gold We Trust di Ronald  Peter Stöferle e Mark J. Valek pubblicato il 27 maggio scorso, nel  quale viene spiegato che i tre principali indici di borsa  (CRB Commodity Index , Bloomberg Commodities Index (BCOM) e S&P GSCI) erano concordi nel ritenere che il minimo del 2016 non era stato violato e che a fine aprile 2020 i corsi di tutte le commodities erano usciti dal letargo e iniziavano a crescere in modo deciso. La metafora usata dai due autori è emblematica : “ecco la fenice che risorge dalle sue stesse ceneri”. Tuttavia, come direbbe qualcuno, una domanda sorge spontanea: siamo all’alba di un nuovo super ciclo delle materie prime o, piuttosto, di fronte ad un banale fuoco di paglia?

Sono portato a pensare che la prima ipotesi sia la più valida e ciò per  due ordini di motivi. Il primo : Il  gigantesco piano industriale annunziato da Biden per creare nuove infrastrutture ed ammodernare quelle esistenti sarà il motore per la crescita della domanda di materie prime che,di conseguenza, spingerà al rialzo i corsi borsistici delle società produttrici. Il secondo : l’economia mondiale dovendo colmare i ritardi che ha accumulato in questi ultimi anni anche a causa della pandemia spingerà  la domanda delle commodities a svilupparsi man mano che i livelli produttivi torneranno alla normalità. In un simile  contesto va anche messo in conto l’effetto che verosimilmente si manifesterà quando  gli investitori istituzionali, da lungo tempo assenti da questo tipo asset, torneranno ad apprezzare il ruolo storico che le materie prime hanno avuto come  “beni rifugio”. Naturalmente il rialzo non si realizzerà in un giorno con una impennata dei prezzi bruciante quanto, invece, con una dolce ascesa rappresentata da una curva che ha preso la sua direzione da almeno 12 mesi. 

Se vogliamo cercare a tutti i costi la causa potenziale che manterrà il mercato delle commodities in crescita dobbiamo andare in Cina e ricordare che essa, da sola, assorbe il 50% della domanda mondiale. Nulla fa pensare che possa cambiare qualcosa almeno per i prossimi venti anni.

Chi ha tempo e voglia può esaminare un grafico molto istruttivo costruito dalla Ned Davis Research Group Incrementum AG nel quale viene mostrato in modo impressionante come dal 1802 al 2011 la valorizzazione delle materie prime in rapporto ai corsi azionari resta storicamente a buon mercato.

Vorrei chiudere questo articolo richiamando l’attenzione sulla cosiddetta “onda verde” ossia sulle pressioni continue che vengono manifestate in favore di una economia più ecologica e più rispettosa della natura. E’ chiaro che le materie prime “ecologiche” avendo un peso minore rispetto al complesso delle commodities  costituiranno un fattore secondario nella equazione tra domanda e corsi borsistici ma che,tuttavia, non mancheranno di far il loro peso addizionale nello sviluppo del super ciclo.

La raccomandazione è,dunque, di posizionarsi in anticipo e di non aspettare tempo.

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