Nelle stanze più nascoste ed ovattate dei palazzi della finanza da qualche tempo è stata avviata nel più assoluto riserbo uno studio approfondito sulla dimensione che dovrà assumere il prossimo processo inflattivo. Dal modo in cui ho posto il problema si intuisce che non sarà una inflazione fuori controllo ma sarà pilotata dalla geopolitica mondiale i cui interpreti principali, come al solito, saranno gli USA e la Cina. Questo, tra i tanti segnali, mi fa pensare che l’inflazione sarà il tema economico-finanziario più importante una volta messa sotto controllo l’attuale crisi sanitaria.
Per il momento l’inflazione la si vede solo a livello di costi a causa dei ritardi nei flussi di lavoro presenti in tutti i processi produttivi (volgarmente chiamati colli di bottiglia). In un secondo momento l’inflazione passerà ad attaccare i profitti per il fatto che le imprese saranno portate ad aumentare il loro margine di utili. Successivamente, poiché le condizioni monetarie e finanziarie tenderanno a rimanere “molto accomodanti”, così come più volte ribadito dalla BCE e dalla FED, la domanda rischierà di essere presa in una spirale di crescita fino ad innescare la rincorsa tra prezzi e salari che, alla fine, conclamerà l’inflazione monetaria.
La mia idea è che la FED tramite le parole e le decisioni del suo presidente Jerome Powell si accollerà volutamente il rischio dell’inflazione perché in quel rischio ci vede la opportunità di un un ritorno al passato, quando la bolla del
2008 non era ancora deflagrata.