HomeLa RivistaNIKOS KARÙZOS , IL POETA CHE ABBRACCIA IL CAOS E LA BELLEZZA DEL MONDO

NIKOS KARÙZOS , IL POETA CHE ABBRACCIA IL CAOS E LA BELLEZZA DEL MONDO

La sua militanza nella sinistra lo costringe ad un esilio forzato, durante la dittatura dei colonnelli ma nonostante ciò la sua voce poetica non tace e continia con le pubblicazioni sul giornale Nea Estia. Nel periodo post-indipendenza si dichiara anarco-comunista. Rimane un metafisico per tutta la vita, così come rimane , secondo la sua auto definizione “un poeta esistenziale”.

La sua scrittura, intrisa di immagini sconnesse e di una filosofia profondamente pagana, si manifesta come un richiamo agli elementi invisibili che circondano l’umanità. In una dichiarazione illuminante, Karùzos sottolinea la sua formazione scientifica come fondamenta del suo lavoro artistico, suggerendo che la sua poesia, simile all’arte, possieda una resilienza destinata a perdurare nel tempo. Il suo abbracciare il caos e la bellezza del mondo, trasformandoli in versi che risuonano con un’energia vitale caratterizzano questa sua urgenza esistenziale. Il poeta respinge l’iperrealismo e l’adesione ad una singola prospettiva, preferendo un approccio alla scrittura che abbracci la complessità e le sfumature. Questa apertura alla molteplicità delle interpretazioni si riflette nella sua convinzione che la poesia, intrisa di potenza e verità, possa essere un faro per un cambiamento sociale significativo, anche se silenzioso e graduale nel suo effetto.

Il linguaggio poetico è per sua natura inaccessibile, e Karouzos appartiene ai poeti allusivi ed ermetici. La sua spontaneità, a volte sprezzante, esprime le sue opinioni senza alcuna evasione o elusione. Indipendentemente dal fatto che gli scritti siano opere d’ufficio o una raccolta peripatetica, rivelano una profonda erudizione. Fino dai tempi dei suoi studi superiori, Karouzos aveva una buona conoscenza della letteratura  greca, antica e moderna, oltre che di quella francese. La lettura di Karùzos è ancorata alla sua capacità di suscitare  incanto e provocare riflessioni profonde, capace di condurre il lettore in un viaggio affascinante attraverso paesaggi emotivi e concettuali.

Nìkos Karùzos, considerato fra i maggiori poeti greci del ‘900, nasce a Nàfplio nel 1928. Frequenta giurisprudenza all’università di Atene senza concludere gli studi. La sua prima pubblicazione è del 1949 sulla rivista “Il nostro secolo”. La prima silloge, “Il ritorno di Cristo” è del 1954. Diventa conosciuto negli anni ’60 con le raccolte “Il cervo delle stelle”, “Il sacco a pelo” e “Lutti”. Seguono numerose altre pubblicazioni fino agli ultimi scritti del 1990, poesie composte durante i due anni che passa in ospedale a causa del cancro che lo uccide.                    ( R.P.)

Primo dialogo

– Come non fossimo mai esistiti
e però soffrimmo dal profondo.
Né ci fu data una spiegazione
per il profumo dei fiori, almeno.
L’altra metà della nostra età passerà
bluffando a carte con la morte.
E dicevamo che l’amore non ha tempo
di mostrarsi tutto intero.
Una musica
degna delle nostre emozioni
non la sentimmo.
Ci trovammo in un intervallo del mondo,
si salvi chi può.
– Saremo salvati da una dolcezza
coronata di spine.
Salve, fiori silenziosi
i calici in raccoglimento,
la paura si raffina nei vostri cuori.
Il Signore funziona intimamente,
intimamente esistiamo fra voi.
L’anima morbida non ha passioni rocciose
e canta sempre la canzone della pazienza.
Oh, torneremo alla bellezza
un giorno…
Col sacrificio di quanto intorno appare
l’anima riconquisterà la sua solitudine.

Secondo dialogo

– Morte, che attraversi gli attimi come una corrente,
che ti chiami Oggi
o Domani
o Ieri:
non lo ignoriamo.
Ciclotimia della natura,
terrore dei ricordi
terrore di quanto fatto
e dei nostri volti il pianto profondo,
non lo ignoriamo.
Ci resta da continuare questa cosa,
senza volerlo,
senza non volerlo.
Illuminazione nel vuoto i nostri sogni.
– Con lacrime serali
accetto le tue parole.
Il tuo spirito salda il conto,
si muove in diagonale.
Non hai visto il bello accanto a te
nella spaventosa caduta?
Ritorna – questo è il miracolo -,
con gli occhi fatti a pezzi,
con le tempie infuocate per la caduta,
ritorna
dalla tua giusta parte.
Ti senti caduto
l’inferno che è la casualità
il petto un ingrediente dell’aria,
senza prospettiva i passi.
Però
all’angolo invernale il caldarrostaio
da te è circondato.
Taglia una canzone dai fiori
con le dita nostalgiche.
Ritorna – questo è il miracolo.

Sento la notte

Povertà, fuoco, veleno questo luogo.
Piroghe i greci nei colori delle epigrafi
e l’amore ultima speranza
che ha intrecciato le mani di tante coppie
rosso blu verde
arancione giallo favola
i tuoi capelli neri
che bacerei con due passi
donna scala celeste.
Povertà fuoco veleno questo luogo.
E questo ragazzo del mare
la luce che gli si frantuma fra i capelli
raggi colorati deificano
il fiore del suo corpo.
E questo ragazzo
col sudore dell’estate nel suo germogliare.
Strade con dolore
Stadìu, amata –
manchiamo
tutto si sbarra
e tu, cuore, come ti sei inaridito…
Ora il tempo cambia
porta l’erba
e le acque di pace.
Posso
cambio il tempo
esco dalle fiamme…
Bambini donne uomini in strada
le domestiche e le loro ore
l’ansia dell’attesa nei petti
Vanghélis
e i colpevoli che corrono
in fretta
quasi a cento all’ora
perché noi non si veda
il loro volto.

( traduzione di Massimiliano Damaggio)

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