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Inceneritori e rifiuti: accade in Umbria

Il Limite / 131

Inceneritori e rifiuti: accade in Umbria

di Raniero Regni

 La questione degli inceneritori e della connessa politica di gestione dei rifiuti non è un tema particolare. Appare più un sintomo di una questione generale e di fondo che è quella della politica ambientale ed energetica e, andando ancora più a fondo, della più generale questione dei rapporti della nostra specie con il pianeta. Non è un caso che sulla questione dell’inceneritore di Roma sia già caduto anche un governo nazionale. Si parla del particolare ma la vera contesa riguarda il generale. Il dibattito (o la sua assenza?) si è aperto adesso anche in Umbria dove l’attuale amministrazione regionale di centro destra ha presentato e approvato il piano per la gestione dei rifiuti il quale prevede appunto anche la costruzione di un inceneritore, il secondo, perché ne esiste uno già a Terni.

Dietro questa scelta c’è il non detto dei poteri interessati. La verità è che il governo nazionale e quello regionale, sostenuti dalle stesse forze politiche, non possiedono né la cultura né gli strumenti adatti per affrontare la crisi climatica e la sfida della transizione ecologica. Per cui decidono in base non ad una visione ma ad una scelta pregiudiziale. Accusano gli ambientalisti di dire sempre no ad ogni proposta ma il loro modo di procedere è davvero ideologico. Hanno deciso che la crisi ambientale non c’è, hanno deciso che l’energia va prodotta a tutti i costi infischiandosene dell’impatto ambientale, hanno deciso che i rifiuti ci saranno sempre, hanno deciso che i rifiuti una volta bruciati scompaiano e da questo fanno derivare le loro scelte. Hanno deciso di ascoltare solo i poteri economici interessati.

Questo per quanto riguarda il merito. Per quel che riguarda invece il metodo ignorano completamente ogni contributo di associazioni e di cittadini che da anni studiano il problema sviluppando proposte articolate. Saltano ogni audizione o la riducono ad un dialogo tra sordi, creano una commissione di cosiddetti esperti ben istruiti da lobby di interessi ben organizzate e decidono. Salvo poi scontrarsi con la resistenza delle popolazioni locali e con mezzi e risorse insufficienti su cui il loro decisionismo miope finisce il più delle volte per insabbiarsi.

Ma andiamo per ordine e vediamo i dettagli. La scelta di costruire in Umbria l’inceneritore con recupero di energia non è la soluzione adeguata per diverse ragioni. L’incenerimento dei rifiuti si contrappone ai principi dell’economia circolare. Il modello di sviluppo indicato dalla politica europea, che crea vantaggi economici e vantaggi occupazionali ed è in linea con gli obiettivi di sostenibilità ambientale, prevede che materiali e risorse devono essere mantenuti il più a lungo possibile nel ciclo produttivo. Oggi è addirittura in discussione il riuso come vero sostituto del riciclo.

L’incenerimento dei rifiuti, il co-incenerimento e la discarica sono opzioni da minimizzare. Per questo la costruzione di inceneritori e il co- incenerimento non possono essere finanziati con i fondi del Recovery Fund o Next Generation Eu, perché soggetti al principio del DNSH (Do Not Significant Harm), che determina come, ogni attività economica, debba contribuire in modo sostanziale alla tutela dell’ecosistema, senza arrecare danno a nessuno degli obiettivi ambientali

Le analisi merceologiche effettuate a campione da Arpa Umbria mostrano come circa il 90% dei materiali che compongono il rifiuto secco residuo sono riciclabili, l’incenerimento si realizzerebbe soprattutto utilizzando materiali riciclabili, che non vengono intercettati con i sistemi di raccolta differenziata. Produrre energia tramite incenerimento si dimostra controproducente nel percorso verso la de-carbonizzazione. A livello europeo e nazionale, si sta facendo sempre più ricorso ad una quota crescente di energia rinnovabile per ridurre drasticamente l’impronta di carbonio che invece aumenterebbe notevolmente con l’incenerimento dei rifiuti. Mentre in altri paesi europei (la sempre citata Danimarca) si stanno adottando moratorie e/o piani di spegnimento progressivo degli inceneritori, in Umbria se ne prevede la messa in funzione in pericolosa controtendenza rispetto al resto d’Europa.

Poi c’è l’effetto Lock in. L’inceneritore ingessa il sistema di gestione dei rifiuti perché risulta essere la tecnologia a maggiore intensità di uso dei capitali finanziari, potendo garantire il ritorno degli investimenti solo con contratti di lunga durata a tonnellaggi garantiti. I Comuni, che sono collegati a tale impianto, dovranno stipulare dei contratti in base ai quali dovranno conferire un certo tonnellaggio di rifiuti l’anno per non essere soggetti al pagamento di penali. Ne conseguirà che i Comuni non saranno più incentivati a perseguire percorsi di riduzione, riuso e riciclo dei rifiuti come fanno invece oggi con successi sempre crescenti.

La scelta di realizzare un inceneritore della capacita annua di 160 mila tonnellate è subordinata alla sostenibilità tecnica ed economica dell’impianto da realizzare e del suo gestore, data la necessità di produrre quantitativi certi di secco residuo e scarti da raccolta differenziata per alimentare tale impianto di incenerimento.

L’inceneritore non elimina la discarica anzi, la raddoppia, richiedendo discariche sia per rifiuti non pericolosi (le ceneri pesanti o “scorie”), che per rifiuti pericolosi (le ceneri volanti). Le discariche, secondo quanto riportato nel piano regionale, riceveranno annualmente, dopo la messa in funzione dell’inceneritore, circa 30.800 tonnellate di rifiuto, a seguito di varie fasi di trattamento. Durante la fase a regime prevista dalla Regione entro il 2028-2030 dovranno essere previsti ulteriori nuovi ampliamenti di volumetria delle discariche umbre, a conferma della tesi che l’incenerimento dei rifiuti non è alternativo alla discarica. Per non parlare poi della vera vocazione dell’Umbria che avrebbe tutte le caratteristiche, storiche, geografiche, demografiche e persino spirituali-religiose, per diventare una vera eccellenza europea in fatto di sostenibilità, un vero “cuore verde”.

Poi c’è la questione ancora più generale che è legata allo smaltimento dei rifiuti affidata ai privati. La domanda sorge spontanea ma è tutt’altro che ingenua: potranno mai ditte private interessate allo smaltimento contribuire alla riduzione dei rifiuti? Stessa domanda vale anche per i cementifici di Gubbio usati come inceneritori impropri.

Queste le ragioni, espresse in Dossier molto documentati, da tutti i gruppi ambientalisti umbri che hanno protestato lo scorso 14 novembre a Perugia. A conferma del fatto che la posizione ideologica, ovvero di un sapere interessato che si fonda sul potere, è quella del governo regionale e non dei suoi oppositori.

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