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Il dubbio / 131

IDOLI O IDEALI?

di Enea Di Ianni

Vai con chi è meglio di te e fagli le spese”.

Proprio così: aspira sempre al meglio, al meglio per te, e cercati un modello proprio in coloro che davvero già  sono, per te, i migliori.

E’ la molla del vivere delle specie viventi, una legge non sancita, ma assolutamente valida e funzionale al crescere, al migliorarsi, all’ambire ed anche, perché no? Al sognare. Si nasce per vivere, è vero, ma per vivere, oltre le cure e il nutrimento, abbiamo fortemente bisogno, sempre, di punti di riferimento,  qualcosa o  qualcuno che attragga la nostra attenzione, la concentri e accenda, in ciascuno di noi, il desiderio di emulazione.

Senza imitazione e senza modelli di vita si fa difficile il vivere stesso e neppure è pensabile il sopravvivere che trova fondamento e ragione, sempre e soltanto, in un tratto di vita di cui rimangono, come  tracce, il “modus vivendi” e il “modus operandi” recepiti dagli altri e che si articolano  nel pensiero e nel nostro immaginario.

Da una parte c’è la natura che ci circonda, immensa e indifferente alla nostra sorte …  e dall’altra il tentativo degli uomini di costruire qualcosa di umano, lasciando una traccia che non scompare(Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno, p. 59). (1)

E’ il pensiero di Omero e dei greci da lui educati, pensiero che non vede il mondo fatto per noi e, men che meno, la centralità dell’uomo rispetto a tutto il resto. Sembrerebbe un vano desiderio degli umani sperare che il loro passaggio sulla scena terrestre possa lasciare, comunque, un segno per chi verrà dopo. Si succedono le generazioni e scompaiono gli individui: perché darsi da fare, perché impegnarsi nel lasciare segni di sé? Perché se i sentimenti forti di ogni esistenza muovono dalla spinta dell’eros, dal desiderio d’amore e di vita, allora è pensabile che si possa, a ragione, fare ben uso dell’amore, scegliere se indirizzarlo  in una direzione piuttosto che in un’altra.

Ciascuno di noi può decidere se vivere da coraggioso o da pavido, da buono o da cattivo, da mediocre o da eroe. Insomma dipende esclusivamente da noi dire la nostra oppure accodarci al dire degli altri o, magari, trovare una mediazione. Insomma essere uno, nessuno o centomila.

Un tempo c’erano gli eroi. Ma c’erano davvero? E chi erano?

La risposta che arriva per prima è che gli eroi avessero delle caratteristiche tali da occupare, nella scala del creato, una posizione intermedia tra l’umano e il divino. L’immaginario li pensava figli di umani e di divinità, dotati contestualmente di caratteristiche umane e di capacità divine.

L’eroe era un semidio: non proprio un dio, ma neppure un semplice mortale. Per Omero, a rendere “immortale” il singolo era la gloria e la gloria non apparteneva a tutti, ma solo a lui, al singolo eroe.

Per Tucidide, invece, la gloria del singolo non è mai solamente di uno: si fa, da subito, gloria collettiva, gloria della democrazia, di tutti gli altri. Anche di tutto un popolo.

L’una o l’altra ipotesi non ci sgomentano, semmai ci inducono a ricercare il percorso, le strategie di crescita capaci di sollecitarci in un senso o nell’altro. Di certo è che si nasce umani, purtroppo riduttivamente umani anche se,  legittimamente, aspiranti al meglio e al massimo possibile che l’umano consente ai singoli.

E’ indubbio che il ruolo dell’amore sia quello di accendere la vita, di animarla: l’eros è in se stesso desiderio di vita, di viverla e generarla, vitalità in cammino verso un traguardo che lascia svettare, in lontananza, il piacere sommo della desiderata felicità.

Non è facile l’andare, ma neppure è impossibile. E’ vero, ci sono momenti in cui tutto può apparire vano, illusorio, forse anche inutile e potremmo lasciarci andare allo stesso sconforto di Glauco:

Tidide magnanimo, perché mi domandi la stirpe?/ Come stirpi di foglie, così le stirpi degli uomini;/ le foglie, alcune ne getta il vento a terra, altre la selva/ fiorente le nutre al tempo della primavera;/ così le stirpi degli uomini: nasce l’una, l’altra dilegua” ((Iliade, VI, vv. 145-149)

E qui la riflessione ci porta ad un bivio: o la morte conclude ogni cosa determinando la fine dell’individuo e il succedersi delle generazioni, oppure… Oppure, contrapposto alla morte, l’eros, in qualche modo, ha una sua valenza, una spinta interiore capace di portare l’essere umano a cimentarsi in gesta che vanno al di là dei limiti di una vita e sopravvivono alla morte stessa e al mutare delle generazioni.

Negli eroi omerici la gloria era ciò che rendeva grande e, in qualche modo, immortale il singolo, soltanto lui. Tucidide, ateniese, apre, invece,  ad un’altra dimensione, più contagiante: la gloria dell’eroe, pur essendo del singolo e dipendente da lui, ha il potere di trasformarsi in gloria collettiva: la gloria della democrazia, degli ideali e non degli idoli.

Gli ideali danno gioia, gli idoli danno noia, gli ideali vivono in noi, gli idoli sono fuori di noi e, prima o poi, schiavizzano:

Promettono felicità ma non la danno; e ci si ritrova a vivere per quella cosa o per quella visione, presi in un vortice auto-distruttivo, in attesa di un risultato che non arriva mai… Gli idoli promettono vita, ma in realtà la tolgono!”

E’ il messaggio che va ripetendo, con convinzione, Papa Francesco, un messaggio apparentemente rivolto a giovani e giovanissimi, ma che deve toccarci tutti perché non esistono i giovani e i giovanissimi al di fuori di un contesto che includa, con essi, anche i meno giovani, gli adulti, i seniores. Non si è giovani per se stessi, ma sempre in riferimento ad altri termini di confronto,  così come si è grandi rispetto ai piccoli e piccoli rispetto ai grandi.

Vale la pena prendere a modello degli “idoli”? Ci aiutano davvero, gli “idoli” a vivere la nostra quotidianità, a sentirla nostra e, per quanto possibile, ad agire per migliorarla e migliorarci? E’ ancora Papa Francesco a venirci in soccorso: “Gli idoli proiettano ipotesi future e fanno disprezzare il presente…”   

Gli idoli ci privano del presente, il presente non c’è più, non lo si avverte perché si è mentalmente proiettati altrove. Vivere senza presente vuol dire non solo aver perso l’oggi, ma anche il domani perché quando domani arriverà sarà un ”oggi” che, in concreto, non c’è.

Non abbiamo bisogno di idoli, ma di ideali, ideali nella quotidianità che pur ci sono, ma  facciamo di tutto perché non appaiano. I riflettori sono puntati a tempo pieno su idoli e invece c’è bisogno di eroi, eroi nella e della quotidianità.  Eroi alla Tucidite: esseri umani che, fattisi esemplari per il loro “modus vivendi et operandi “, si facciano, da subito, ideali di “gloria collettiva, gloria della democrazia, di tutti gli altri” e, come tali, meritevoli d’essere presi a modello, di “fargli le spese”.

(1) [Mauro Bonazzi, Creature di un sol giorno. I Greci e il mistero dell’esistenza, Einaudi, Torino 2020,

 

 

 

 

 

 

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