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Dal limite dell’impotenza al limite dell’onnipotenza

Il Limite / 130

Dal limite dell’impotenza al limite dell’onnipotenza

di Raniero Regni 

 

Rispetto agli antichi, è cambiata la configurazione del limite, ma il limite non è stato abolito. Semplicemente, al limite dell’impotenza si è sostituito il limite sotteso al delirio di onnipotenza

U. Galimberti

 La sapienza greca antica lo sapeva. Perciò ripeteva: niente di troppo, il meglio è nemico del bene. Sul frontone del più sacro dei templi, quello di Delfi dedicato ad Apollo, c’era scritto “conosci te stesso”. Questo non era un invito all’introspezione, come la possono intendere i moderni, ma un saggio invito a sapere qual è il proprio posto, a non credersi mai un dio. È a questa prospettiva che si richiama anche Umberto Galimberti quando osserva che, secondo i greci, “se vuoi raggiungere la felicità (eudamonia), realizza il tuo demone (daimon = ciò a cui sei portato), ma secondo misura (katà métron), perché se la oltrepassi prepari la tua rovina”.

Il mondo contemporaneo dominato dalla superpotenza tecnica rischia continuamente la tracotanza, la follia, supera costantemente il limite. Infatti la nuova concezione del limite che l’era della tecnica impone non consiste più, come per gli antichi, nell’incapacità di padroneggiare la natura. Ma, al contrario, al limite dell’impotenza si è sostituito il limite sotteso al delirio di onnipotenza. Questa è, secondo il filosofo italiano, la riconfigurazione del limite che appare oggi dominante e tremendamente pericolosa. È necessario dare una misura a se stessi, questa è l’”etica del viandante”, non più guidato dal suo delirio di raggiungere una sovrumana meta finale. Non un sovrano che domina il suo regno ma il viandante che non domina neppure la sua vita, questo noi siamo oggi. Un invito all’umiltà, che non ha niente a che fare con il delirio folle e suicida della nostra specie che ha pensato di soggiogare tutte le altre specie del pianeta, moltiplicando la propria distruttività.

L’invito è quello alla modestia e alla misura. L’etica del viandante è un’etica del limite. In tutto quello che sta accadendo oggi nel mondo l’oltrepassamento del limite appare continuo e sconsiderato. Si pensa che la tecnica, responsabile delle minacce sia anche capace di trovare le soluzioni per superare queste stesse minacce. Ma questo ragionamento non appare più tanto convincete. Ho l’impressione che non basterà cambiare l’auto con motore endotermico con quella a propulsione elettrica. Credo che il cambiamento dovrà essere molto più radicale e nella direzione di un’autolimitazione degli spostamenti che consumano comunque energia. In una autolimitazione degli stessi viaggi aerei per i quali la tecnologia disponibile sarà sempre comunque quella dei motori a combustione. In altre parole, credo che saremo costretti a cambiare modo di vivere per evitare un’estinzione di massa, ovvero qualcosa di infinitamente più grande.

“Eppure – come osserva lo scrittore A. Moresco – tutto va avanti come se niente fosse, le sterminate moltitudine umane non paiono in grado di modificare di un solo millimetro la direzione della loro corsa”.

Ma lo stesso autore spiega anche perché tutto o quasi continua come prima, “perché se questa consapevolezza diventasse endemica crollerebbe tutto. Tutto l’edificio di potere su cui si è installata la nostra specie, le sue strutture mentali e il suo immaginario non reggerebbe un secondo di più a un simile urto”. Eppure, questo scenario autodistruttivo e paralizzante non è l’unico e non è inevitabile, possiamo cambiare rotta.

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