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C’ERA O CI SARA’ SEMPRE?

Il dubbio / 129

C’ERA O CI SARA’ SEMPRE?

di Enea Di Ianni

“C’era una volta…

C osì cominciavano le favole che hanno fatta bella l’infanzia di tanti di noi, così cominciano quelle che continuano a far felici i bimbi di oggi perché il piacere di ascoltarle, ma anche di narrarle, non pone limiti di età.

C’era una volta Amarena, una giovane mamma orsa che, con quattro cuccioli “orsetti”, nella primavera del 2020, decide di prendersi una boccata di libertà muovendosi per le montagne che separano e uniscono i borghi di BisegnaSan SebastianoOrtona dei Marsi  e quelli di VillalagoFratturaScanno.

E’ sempre stata stupenda la primavera in questi luoghi popolati, un tempo,  dall’andirivieni di uomini e donne, lavoratori e lavoratrici della terra, legnaioli, muratori ed anche artigiani giornalieri. Oggi, purtroppo, desolatamente vuoti e, proprio per questo, meno violati e violentati e  molto più rigogliosi.

Dall’alto di quei pianori, quando al suono squillante delle campane vespertine,  levantesi dal borgo della “Villa”, si accompagna lo stridulo cinguettio di volatili che sfrecciano festanti, se si è attenti diventa straordinariamente emozionante poter cogliere e respirare il sapore della primavera e innamorarsi di essa proprio come della primavera di ogni vita.

Quella del 2020 non la si può definire solo “primavera”, va aggiunto qualcosa di più. Alita, intorno a lei, Il terrore di una pandemia che ha imbrigliato tanti, troppi sorrisi, che ha spento fiorenti progetti di vita, ridimensionato l’arrogante senso di umana onnipotenza e, alla fine, ha tenuto al chiuso una quantità indicibile di persone colpevoli  di niente.

Frastornati dall’ intontimento dovuto all’imperante monopolio dei notiziari radio-televisivi, i primi camminamenti da cittadini liberi ci hanno riconciliato con noi stessi e con la vita, grati davvero, a Dio e alla natura, di poter tornare a mostrarci a viso scoperto.

Come tornavamo, noi, a riappropriarci di spazi e abitudini, anche Amarena, dopo un lungo inverno di isolamento, trascorso  nel prestare cure e attenzioni ai suoi cuccioli appena nati, era piena di voglia di tornare a respirare aria nuova, a riassaporare il fresco tepore della primavera. Noi mogi, lei quanto mai fiera, felice e  orgogliosa per la straordinaria cucciolata da allevare.

Un senso di benessere quel tragitto, ma anche una strana emozione e la forte sensazione di un “dejà vu”, qualcosa di già visto che cresce man mano che va avanti. Poi, improvvisa,  una scarica di felicità e, nella memoria, un’improvvisa luce che si accende: quel tragitto, quel percorso non erano nuovi. Le erano noti. Perché? E la spiegazione arriva, nitida:

E’ vero…”, pensa tra sé, “…L’ho già fatto questo percorso… Riconosco gli odori… li ho già avvertiti in altra occasione. Non sono nuovi. Sì, li ho scoperti  con mamma Gemma!?!”

In un attimo si rivede orsetta giocherellona, tanto curiosa e spensierata…! Questa volta, invece, ha con sé quattro cuccioli, irrequieti, da proteggere e aiutare a crescere, a sapersi difendere, a divenire autonomi. E con lei non c’è mamma Gemma!

I sentieri di quelle montagne tornano ad esserle  familiari e così pure, ora, le torna nota l’affidabilità delle genti marsicane e di quelle dell’alta valle del Sagittario, persone che ha avuto modo di “annusare”, a distanza ravvicinata, già un anno prima.

Rincuorata, corre sicura, alternandosi nel ruolo di mamma e in quello di compagna di giochi. Quando, da lontano, arriva allo sguardo il cocuzzolo verde che fa da scudo al borgo “La Villa” – Villalago -, senza pensarci avverte, più  marcato, il senso di tranquillità. Non smette di essere vigile, non se lo può e non se lo deve permettere perché quattro piccoli orsacchiotti son proprio come quattro gemellini pronti a girar le zampe se soltanto lei prova a girare lo sguardo.

E’ felice di aver ripetuto quel percorso è felice perché…perché…  Non le viene il perché ed è normale: gli orsi non si affidano ai proverbi come noi umani, altrimenti, in questa occasione, Amarena avrebbe potuto pensare  “Chi lascia la via vecchia per la nova, sa quel che lascia… e non quello che trova!?!”

Pur non conoscendo il proverbio, è soddisfatta ugualmente. Sorride, in cuor suo, dentro, per la scelta mentre punta, dritta, giù, in direzione “La Villa”, sollecitata da crescenti odori di frutti di stagione che parlano una lingua straordinariamente attraente.  Una ripresa da dietro darebbe davvero il senso di quanta attrattiva esercita, in natura,  la frutta di stagione: se non fosse per la mole che li differenzia, mamma orsa e figlioletti corrono all’unisono verso quei sapori e all’unisono si arrestano per soddisfare la crescente acquolina dell’attesa. Non hanno più fretta, ma solo tanta voglia di assaporare le delizie di un albero, magari lo stesso che aveva finito per far attribuire a lei il nome di Amarena.  Quel borgo ha il sapore della familiarità, sa di casa e di amicizia, anche di leale rispetto… E quei frutti hanno una dolcezza particolare: sanno di buono e di sicuro, sanno di natura incontaminata e di ospitalità leale, anche di curiosità che di  foto amiche, scattate da amici che la stanno osservando e immortalando ancora una volta…”

Ci abbiamo pensato un po’ in tanti quando è accaduto l’inenarrabile.

Anche lì, anche quella tarda sera si sentiva a casa, a San Benedetto dei Marsi. Girava, come sempre, fiutando qualcosa e non era neppure guardinga perché solo qualche sera prima, attendendo i suoi piccoli che si attardavano per le vie interne di San Sebastiano, si era confermata nel convincimento di trovarsi tra gente amica. Ce n’era di gente, quella sera, intorno a lei! Persone dabbene, tranquille, tenutesi ai margini della via, desiderose solo di poter ammirare quella famigliola che si andava ricomponendo. E quando è accaduto che i cuccioli si sono ricongiunti a mamma Orsa, sempre rimanendo tranquille e a bordo strada, quelle persone hanno accompagnato, con sguardo commosso, quella straordinaria famigliola d’orsi che andava allontanandosi, senza fretta, con Amarena in testa.

Perché proprio noi, San Sebastiano-Bisegna-San Benedetto-Ortona de Marsi  e Villalago? Negli anni di inizio secolo scorso, forse prima ancora del terremoto che tanto devastò la Marsica e, da noi, cancellò Frattura di Scanno o appena dopo di esso,  i villalaghesi, “quelli della Villa” già intessevano ottimi rapporti di vicinato con la gente marsicana dei luoghi citati. Erano anni in cui “vicinato” aveva un senso ed era un valore da rispettare. C’erano, così, i vicini di casa e i vicini di pascolo, di bosco, di campi. Tanta vita si svolgeva nel lavoro dei campi, nel pascolo, nella semina, mietitura e trebbiatura del grano, nella coltivazione delle patate e, altrettanto, nel “fare la legna”, cioè nel taglio e trasporto della legna da ardere. In quelle giornate ritrovarsi insieme era per tutti una consuetudine, un punto di forza e di piacere. Insieme si vincevano paure  e si alimentavano speranze. Il sigillo più forte lo pose, poi, la 2° guerra mondiale e allora fu un via vai, soprattutto di donne della “Villa” che si recavano  a Bisegna, San Sebastiano, Ortona per scambiare parte dei loro corredi di nozze con grano, granturco e altri viveri. Non crebbe solo l’amicizia, nacquero anche belle storie d’amore che il dopoguerra consolidò e Amarena, col suo andirivieni tra Marsica e alta valle del Sagittario, ci ha aiutati a ricordarle  ridando vigore e valore  a sentimenti di reciprocità affettiva e stima mai venuti meno. Chi ha pensato, vigliaccamente, di porre fine al via vai di mamma Amarena, l’ha eliminata solo fisicamente.  Amarena resta.

Resta, per sempre, simbolo dolce-amaro della vita tra i borghi di montagna: una vita che prova a mitigare l’amaro  delle quotidiane carenze con il dolce della genuinità di affetti e della semplicità  C’è sempre, nella vita di ognuno di noi, un Giuda. Dobbiamo solo avere il coraggio di non esserlo noi. Mai!

 

 

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