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CAMBIARE O FARE “AMMUINE”

Il dubbio / 123

Cambiare o fare “ammuìne”

di.. E. Di Ianni

 

                        “C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole…”?

L’arrivo dell’autunno, ormai prossimo, si preannuncia vivace nel nostro Abruzzo e forse anche in altre regioni. Nell’Abruzzo peligno c’è sentore di una sorta di “ammuina”, movimenti palesi e in sordina che ricordano, molto da vicino, quelli delle campagne-acquisto calcistiche.

C’è aria di elezioni regionali e i diversi “venticelli”, quelli che un tempo erano solo romani e profumavano “de sole e d’amor”, stanno divenendo soffiate spavalde, folate che alitano sempre meno in sordina e cominciano ad alzare tediosi polveroni che possono creare, oltre al fastidio, anche  disorientamento.

Il mondo della politica, imitando  a suo modo quello del calcio (che al presente non offre, sicuramente, spettacoli da additare ad esempio), ha avviato la sua campagna acquisti-cessioni per poter arrivare, come “squadre partitiche”, alla competizione primaverile al meglio delle formazioni possibili e poter essere competitive al massimo.

Oddio, che tutto  si muova lo avevamo appreso già dai libri di scuola e ci eravamo, pur se bambini, silenziosamente congratulati, idealmente, con Galileo Galilei per averlo detto a voce piena e senza mezzi termini.

Solo che Galilei aveva parlato di movimenti soggetti a particolari leggi, in un certo senso regolamentati  da leggi fisiche che contenevano  non solo ragioni e motivazioni, ma anche regole ben precise e finalità assolutamente condivisibili. I principi ai quali egli si ispirava erano quelli del riferimento, come principio di autorità, alle “sensate esperienze” e alle “dimostrazioni certe”. Cioè alle esperienze che avessero un senso e che venissero, poi, suffragate da indubitabili dimostrazioni.

Le “sensate esperienze”, quelle, cioè, che più possono toccarci a livello di sensazioni, da sole non bastano a darci la misura del vero; hanno bisogno di dimostrazioni per poter essere prese come scienze.

Un’esperienza, sensata che voglia essere, da sola non diventa regola.

Il “si dice” o “si fa”, da soli, costituiscono pettegolezzo, supposizione e non assurgono a regole. Perché ciò avvenga hanno bisogno di un percorso deduttivo che, arricchendosi di prove, verifichi ciò che si è intuito. Insomma prima di dar credito al “si dice” occorre cimentarsi nel dimostrarlo, cioè osservando e verificando. Un po’ come per le sentenze del giudice: occorrono prove e non chiacchiere.

Politica e sport stanno vivendo da qualche anno vicissitudini similari.

Nel calcio gli idoli che, per qualche stagione, abbiamo visto indossare i colori della nostra squadra del cuore e per i quali abbiamo sinceramente tifato, oggi sostituito alla fede calcistica i richiami delle offerte monetarie del calcio-mercato per cui passano, con facilità, ad indossare divise di club antagonisti fino al giorno prima.

E la fede calcistica? La fede calcistica resta solo nel cuore del tifoso che non solo l’ha abbracciata in tenera età, ma l’ha sostenuta e difesa con tutto se stesso, subendo e soffrendo nei momenti bui perché sorretto, sempre, dalla speranza che un giorno, chissà, si sarebbe rifatto.

Sono cambiate le regole. Il dio danaro va largamente spopolando ovunque, il “metterci la faccia” rimane un pegno solo per pochi, un esempio destinato a venir meno e a perdersi tra  “quisquiglie e pinzellaccheri” di altra stagione.

Pensavo, ma mi illudevo, che almeno in politica non si perdesse il senso e il valore dell’appartenenza, del sentirsi e riconoscersi in un credo e in un simbolo. Non è più così. Le leggi della matematica, tanto care a Galileo Galilei, hanno fatto breccia anche nei cuori di diversi, tanti esponenti della politica recente e così, sommando, sottraendo, confrontando, se è vero che tanto mi dà tanto, è cominciato anche da noi il gioco dei “quattro cantoni”: la ricerca dell’angolo sicuro, del posto da poter occupare approfittando di…

Già, approfittando di che? Della migliore offerta? Della migliore collocazione? Di cos’altro? Quel che è strano è che i passaggi prevedano sia il passaggio in campo avversario che saltelli da quaglia, da una postazione alleata all’altra, da sotto un simbolo a sotto un altro simbolo sempre della stessa coalizione.

Quello che più mi dispiace e preoccupa e che si giochi a “fare ammuina” sulla pelle di tante oneste persone che lottano ogni giorno – e sono anni! – contro l’indifferenza di chi si era proposto, solo qualche anno fa, come paladino e difensore, di quei diritti civili rimasti, ancora una volta, disattesi grazie anche all’interessamento, promesso ma che non c’è stato, di chi oggi sta cambiando solo casacca, solo pelle politica, per poter continuare a rivendere identiche promesse e, forse, alle stesse persone già abbondantemente gabbate e prese in giro.

Un esempio? Magari tornerà a giustificare il proprio cambio di casacca giustificandolo con la possibilità di poter meglio tutelare e salvaguardare quei diritti, già vistosamente disattesi, come la mobilità per anziani e disabili che, nel nostro territorio, rimangono vistosamente e vergognosamente limitati proprio per il persistere di tante, troppe barriere, fisiche e mentali, che penalizzano la libertà di movimento e di vita socio-culturale, limitando occasioni e possibilità di relazioni che sono a fondamento di ogni scambio interpersonale e, perché no?  Anche del poter vivere ”de visu” l’incontro e il confronto socio- politico e operare, responsabilmente, la propria scelta elettorale. Per tentare di porre fine alle tante “ammuine” dei nostri giorni:

«…tutti chilli che stanno a prora vann’ a poppa
e chilli che stann’ a poppa vann’ a prora:
chilli che stann’ a dritta vann’ a sinistra
e chilli che stanno a sinistra vann’ a dritta:
tutti chilli che stanno abbascio vann’ ncoppa
e chilli che stanno ncoppa vann’ bascio
passann’ tutti p’o stesso pertuso:
chi nun tene nient’ a ffà, s’ aremeni a ‘cca e a ‘ll à”.

 

(«…tutti coloro che stanno a prua vadano a poppa
e quelli a poppa vadano a prua;
quelli a dritta vadano a sinistra
e quelli a sinistra vadano a dritta;
tutti quelli sottocoperta salgano sul ponte,
e quelli sul ponte scendano sottocoperta,
passando tutti per lo stesso boccaporto;
chi non ha niente da fare, si dia da fare qua e là.»)

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