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COMPARE E COMARE SI O NO

Il dubbio / 119

COMPARE E COMARE SI O NO?

E’ di qualche giorno il Decreto del Vescovo di Sulmona-Valva, Michele Fusco, che cancella nella diocesi  la presenza di madrine e padrini di Battesimo e Cresima.  Lo fa al termine di una sperimentazione avviata tre anni fa.

La motivazione è che la scelta di queste figure ormai avveniva “con criteri e finalità diverse (parentela, amicizia, interesse), senza considerare lo specifico ruolo che il padrino e la madrina è chiamato  a svolgere ovvero trasmettere la fede che deve vivere in prima persona per poi poterla testimoniare”.

Ogni decisione ha bisogno di tempo per essere compresa, valutata e digerita. La velocità con la quale, nel nostro tempo, tutto si evolve è talmente eccessiva che qualunque riflessione sugli accadimenti quotidiani rischia di apparire tardiva anche se fatta con celerità.

Panta rei”, tutto scorre. Così diceva Eraclito, ma mai la velocità dello scorrere è stata così accelerata come quella del nostro presente da privarci anche degli attimi, quelle brevissime sequenze  temporali che ci consentono una pausa tra un respiro e l’altro.

La pratica del “padrino” non nasce col battesimo dei bambini, ma con quello di pagani adulti. Per impartire il sacramento del battesimo ad un pagano adulto occorreva che il soggetto da battezzare fosse accompagnato da un cristiano, noto al Vescovo, che garantiva per il battezzando e si assumeva l’impegno di accompagnarlo nel percorso  di crescita cristiana.

Ci sono dei requisiti richiesti per poter svolgere il ruolo di padrino o madrina? Sì: essere scelti, avere l’intenzione di farlo, aver compiuto 15 anni, essere cattolico, aver ricevuto battesimo, cresima e comunione, non essere oggetto di pena canonica, non essere genitore del battezzando o cresimando, vivere conformemente alla fede cattolica. Nello specifico il Codice di diritto Canonico, agli articoli 872 e 892 precisa, con chiarezza, che padrino e madrina di Battesimo  sono tenuti a “cooperare affinché il battezzato conduca una vita cristiana” e quelli di Cresima  a “provvedere che il confermando si comporti come un testimone di Cristo e adempia fedelmente gli obblighi inerenti allo stesso sacramento”.

Chi attesta i requisiti per poter esserecompari” o “comari” di Battesimo e Cresima? I documenti anagrafici possono garantire l’età, l’autocertificazione può essere valido strumento di espressione della volontà di voler svolgere quel compito; per le altre voci credo si debba rinviare direttamente alla Parrocchia di provenienza del candidato padrino o madrina.

Siamo d’accordo che non può bastare l’essere soltanto ”buoni amici di famiglia”, ma non si può neppure delegare a padrini e madrine l’impegno a “seguire il bambino negli anni del catechismo, ad insegnargli le prime preghiere o semplicemente a parlargli della presenza di Dio…” Esistono anche, ed ancora, i genitori e il primo diritto-dovere di chi mette su famiglia, in Italia, è ancora quello di prendersi cura dei propri figli, della loro educazione, anche religiosa,  e perciò del loro benessere psico-fisico e socio-affettivo (“E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio…!”)

Quali cognizioni sulle famiglie della parrocchia hanno i Parroci? Cosa e quanto sanno  dei loro parrocchiani?

La Diocesi di Bergamo – Ufficio Pastorale della Famiglia –, di fronte alle problematiche attuali che investono famiglie e parrocchie, ha posto in essere un  progetto, “FAMIGLIE PER LE FAMIGLIE”, fondandolo su una lettura attenta e obiettiva delle realtà familiari e parrocchiali insieme e pervenendo ad una condivisione operativa:

“ …l’importanza di dare più rilievo, soggettività, responsabilità alle famiglie nel pensare la vita delle nostre comunità e nel contempo di infondere nelle varie aƫtività pastorali uno stle e uno spirito familiare…”. Alla base c’è  una riflessione importante:  “…Siamo consapevoli della crisi che oggi passano le famiglie, anzi della complessità stessa della realtà della famiglia; come pure siamo consapevoli delle difficoltà che oggi incontrano i preti nel loro ministro…”

Difficoltà nelle famiglie, difficoltà nelle parrocchie. Una via possibile d’uscita? “…l’alleanza fra le due vocazioni può diventare una risorsa, sia sul versante personale che pastorale

Cosicché il progetto “FAMIGLIE PER LE FAMIGLIE” muove proprio dal convincimento che  “realizzare  l’alleanza fra le due vocazioni può diventare una risorsa, sia sul versante personale che pastorale”  Forse occorre proprio “dare voce alle famiglie creando luoghi anche informali di ascolto e dialogo”, per cogliere e raccogliere, finalmente e dal vivo, i bisogni, le domande, le richieste e, soprattutto il loro punto di vista. I padrini e le madrine di un tempo, i  “compari” e le “comari”, conoscevano quali fosse il proprio ruolo, nessuno ne dubitava: né i genitori che li sceglievano, né i parroci che, autorizzandoli, ne attestavano la religiosità.  I parroci vivevano con la gente, tra la gente e per la gente. Il loro compito era portare il Vangelo tra gli umani, far crescere fede, speranza e carità e, vivendo la quotidianità di tutti, di rendersi curatori di anime e di rapporti umani che, davvero, tenevano in vita la famiglia parrocchiale. Non è più così o, forse, non è più possibile che sia così. Merito o colpa del progresso? Merito o colpa del benessere? I medici di una volta  di fronte alla prospettiva di un intervento chirurgico, erano soliti ripetere al paziente: “I ferri sono ferri! Prima di arrivare all’intervento, tentiamo tutto quello che si può e che c’è da tentare. Tagliare è sempre un’estrema ratio! 

”Tanti piccoli paesi nostrani, spesso in contrapposizione dura per il possesso di un rigagnolo, di una striscia di pascolo, di un rettangolo di bosco con piante da taglio, hanno evitato la guerriglia grazie ai rapporti di “comparizia” tra cittadini dell’uno e dell’altro luogo. Tanti lavori si sono avvalsi dello scambio di manodopera tra compari, tanti amori sono nati per merito del “savoir faire” delle comari, tanta reciprocità di vicinanza e solidarietà si è andata costituendo grazie all’essere divenuti compari e comari. Ci arrendiamo e gettiamo la spugna senza provare a conoscere davvero il vissuto delle famiglie, la capacità che hanno di sapersi relazionare e di quanta spiritualità sono capaci? Ascoltare le famiglie è altro dal  sentire i singoli al confessionale. Per ascoltare bisogna disporsi al dialogo, anche a quello informale, e non per forza in luoghi canonici.  Non hanno davvero più senso oggi madrina e padrino? Per me “compare” vuol dire vivere, conservare e non perdere la reciprocità di un mondo di affetti e di rispetto di cui sono andato e vado fiero. Nell’esserlo mi sono sentito, e mi sento tutt’ora, unaffiancatore del padre (“cum patre”) e mai un suo sostituto. Sempre, però, un padre in “panchina”, allenato e in forma per entrare in campo in caso di bisogno. Sempre!

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