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ANTONIO MACHADO Notte d’Estate – Poesia – Preludio

ANTONIO MACHADO

Notte d’Estate – Poesia – Viandante – Preludio

La poesia di Machado è caratterizzata da una profonda introspezione, da una sensibilità unica e da una visione del mondo che riflette sia la bellezza che la tragedia dell’esistenza umana. I suoi versi sono intrisi di nostalgia, di amore per la sua terra natale e di un profondo senso di perdita.

Nato a Siviglia nel 1875, Machado trascorse la sua giovinezza in ambienti teatrali e letterari, sviluppando una passione per l’arte e la scrittura. Dopo aver studiato presso la Institución Libre de Enseñanza di Madrid, iniziò a viaggiare molto, visitando anche Parigi e facendo incontri significativi con figure come Oscar Wilde e Rubén Darío.

La sua carriera letteraria decollò nel 1903 con la pubblicazione della sua prima raccolta di poesie, intitolata “Soledades” (Solitudini). Nel corso degli anni, Machado continuò a scrivere e a viaggiare, tuttavia, la vita di Machado non fu priva di tragedie. Nel 1907, sposò Leonor Izquierdo, una ragazza quindicenne, ma la felicità coniugale fu di breve durata. Leonor morì di tisi nel 1912, lasciando Machado profondamente affranto. Dopo la morte della moglie, si ritirò in solitudine a Baeza e successivamente si trasferì a Segovia, continuando a scrivere e ad impegnarsi nella lotta politica contro la dittatura di Primo De Rivera.

Machado si schierò a favore della Repubblica durante la guerra civile spagnola e appoggiò le azioni dei repubblicani. Nel 1939, durante l’esodo verso la Francia, Machado, la madre e il fratello fuggirono dalla guerra e si rifugiarono a Collioure. Fu qui, malato e disilluso, che Machado trascorse i suoi ultimi giorni.

Il 22 febbraio 1939, Antonio Machado morì a Collioure.

Nel suo cappotto, il fratello José trovò un pezzo di carta con l’ultimo verso scritto dal poeta: “Quei giorni azzurri e quel sole dell’infanzia”.

Machado fu sepolto nel cimitero di Collioure, con la bandiera repubblicana che copriva la sua bara. Tre giorni dopo, morì anche sua madre che venne sepolta accanto a lui. (R.P)

Notte d’estate

È una bella notte d’estate
Tengono le alte case
aperti i balconi
del vecchio paese sulla vasta piazza
Nell’ampio rettangolo deserto,
panchine di pietra, evonimi ed acacie
simmetrici disegnano
le nere ombre sulla bianca arena.
Allo zenit la luna, e sulla torre
la sfera dell’orologio illuminata.
Io in questo vecchio paese vo passeggiando
solo come un fantasma.

Poesia

Nuda è la terra, e l’anima
ulula contro il pallido orizzonte
come lupa famelica. Che cerchi,
poeta, nel tramonto?

Amaro camminare, perché pesa
il cammino sul cuore. Il vento freddo,
e la notte che giunge, e l’amarezza
della distanza… Sul cammino bianco,
alberi che nereggiano stecchiti;
sopra i monti lontani sangue ed oro…

Morto è il sole… Che cerchi,
poeta, nel tramonto?

Viandante

Tutto passa e tutto resta,
però il nostro è passare,
passare facendo sentieri,
sentieri sul mare.

Mai cercai la gloria,
né di lasciare alla memoria
degli uomini il mio canto,
io amo i mondi delicati,
lievi e gentili,
come bolle di sapone.

Mi piace vederle dipingersi
di sole e scarlatto, volare
sotto il cielo azzurro, tremare
improvvisamente e disintegrarsi…
Mai cercai la gloria.

Viandante, sono le tue orme
il sentiero e niente più;
viandante, non esiste il sentiero
il sentiero si fa camminando.

Camminando si fa il sentiero
e girando indietro lo sguardo
si vede il sentiero che mai più
si tornerà a calpestare.

Viandante non esiste il sentiero,
ma solamente scie nel mare…

Un tempo in questo luogo dove
ora i boschi si vestono di spine,
si udì la voce di un poeta gridare
«Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando…»

Colpo dopo colpo, verso dopo verso…

Il poeta morì lontano dal focolare.
Lo copre la polvere di un paese vicino.
Allontanandosi lo viderono piangere.
«Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando…»

Colpo dopo colpo, verso dopo verso…

Quando il cardellino non può cantare.
Quando il poeta è un pellegrino,
quando non serve a nulla pregare.
«Viandante non esiste il sentiero,
il sentiero si fa camminando…»

Colpo dopo colpo, verso dopo verso.

Preludio

Mentre transita l’ombra d’un santo amore, io voglio
sul mio vecchio leggio porre un salmo gentile.
Accorderò le note dell’organo severo
al fragrante sospiro del piffero d’Aprile.

Maturerà l’aroma delle mele autunnali,
salmodierà l’incenso con la mirra il suo odore;
esalando le rose il loro fresco aroma
sotto la pace in ombra del tiepido orto in fiore.

Al grave e lento accordo di musica e d’aroma

il solo e vecchio e nobile tema del mio pregare

innalzerà il suo volo soave di colomba,

(R. Puzzu)

e la parola bianca si leverà all’altare.

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