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NAZIM HIKMET “IL ROMANTICO RIVOLUZIONARIO”

Letteratura e Poesia / 103

Nazim Hikmet, viene definito il “romantico rivoluzionario”. Considerato uno dei più importanti poeti dell’epoca moderna, Hikmet ha sviluppato un’attività letteraria di grande portata.  Proveniente da una famiglia aristocratica, in questa atmosfera pregna di cultura nasce il suo amore per la poesia che, nel tempo si fonde in un  fervido sentimento politico che sin dalla sua gioventù anima ogni gesto della sua vita e che si sviluppa parallelamente alla sua poetica: le due componenti si intrecciano, compenetrandosi una con l’altra.

 Perché il poeta ha fatto delle sue liriche non solo motivo di espressività artistica, ma anche mezzo per denunciare le ingiustizie di cui è stato testimone.

 Il suo percorso politico incrocia quello di Hataturk, importante leader politico turco.

 Nazim Hikmet dà la sua adesione al partito nazionalista di Hataturk, ma poco dopo se ne allontana a causa di forti divergenze.

 L’uomo ha il coraggio, pubblicamente, di denunciare il genocidio nei confronti degli armeni, motivo per cui, intorno agli anni ’20 è costretto a riparare in Russia, dove studia sociologia a Mosca, dedicandosi contemporaneamente all’attività letteraria e poetica, influenzata , fra gli altri, dal poeta Majakovskij.

Aderisce al pensiero comunista e proprio a Lenin dedica “Comunista! Voglio dirti due parole”.

 Tornato in Turchia, nel 1928 aderisce al Partito Comunista Turco e coltiva con passione la sua attività letteraria che continua ad essere il suo principale scopo di vita. Le sue iniziative antinaziste e antifranchiste non piacciono al regime.  E le sue poesie di argomento politico sono proibite perché considerate sovversive.

 Sarà perciò condannato a ventotto anni di prigione, di cui dodici scontati in un duro carcere dell’Anatolia.

 Durante questo periodo mette in atto uno sciopero della fame che si rivelerà deleterio per la sua salute provocandogli un infarto. Nonostante la detenzione da vita ad un considerevole numero di poesie,

 Il suo capolavoro è la raccolta “Poesie d’amore”, testimonianza del suo grande impegno sociale. Nel 1949  una commissione internazionale formata da intellettuali quali Sartre, Picasso, Neruda e Robeson ne chiede l’immediata scarcerazione.

 Esiliato dal suo paese, nel 1951 fa ritorno a Mosca, e da questo momento trascorre il suo esilio viaggiando per l’Europa.

 Durante il suo periodo romano dedicherà alcune poesie a Roma e alle donne romane .

(Ro.Pu)

 

Il più bello dei mari

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto.

Alla vita

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
come fa lo scoiattolo, ad esempio,
senza aspettarti nulla dal di fuori o nell’al di là.
Non avrai altro da fare che vivere.

La vita non è uno scherzo.
Prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che messo contro un muro, ad esempio, le mani legate,
o dentro un laboratorio
col camice bianco e grandi occhiali,
tu muoia affinché vivano gli uomini
gli uomini di cui non conoscerai la faccia,
e morrai sapendo
che nulla è più bello, più vero della vita.

Roma

“Quante belle donne ci sono al mondo quante belle ragazze s’affacciano sulle terrazze della città

contemplale vecchio

contemplale e mentre da un canto i tuoi versi si fanno più tersi e lucenti

dall’altro devi contrattare cercando di tirarla in lungo

con la morte che ti sta accanto”

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