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DEMOCRAZIA COI DENTI?

Il Dubbio / 102

DEMOCRAZIA COI DENTI?

di Enea Di Ianni 

E’ bello incrociare persone che, nel sorridere, mostrano, senza alcun timore, il biancore di una dentatura curata, perfettamente tersa e che, al solo lasciarsi notare, trasmette il senso e quasi l’odore di fresco che tanti prodotti specifici per l’igiene orale promettono nei loro spot pubblicitari.

Non sempre è stato così e. probabilmente, quello che viviamo noi rientra nel bello che il progresso è riuscito a darci.

Intorno agli anni 70-80 capitava, ed anche molto spesso, di incrociare bambini/e e ragazzi/e  con la dentatura imprigionata dentro speciali e particolari gabbie metalliche color argento.

Non era del tutto una moda, forse un poco sì, ma era soprattutto il contagio che si generava tra i genitori nel prevenire difformità dentarie e nell’attivarsi, a fin di bene, ricorrendo all’ausilio dei crescenti dentisti che avviavano, proprio in quel periodo, un’intensa azione di cure preventive attivando, periodicamente, con la cura dell’igiene del cavo orale, anche l’uso di accorgimenti per accompagnare meglio la ricrescita della dentatura definitiva.

Certo facevano non poca tenerezza quei sorrisi di bimbi sottolineato dal colore metallico dell’apparecchio e altrettanto strano era accorgersi che, spesso, i sorrisi venivano trattenuti dalle bimbe, dalle femminucce che, andando sempre un passo avanti rispetto ai maschietti, già da piccole avvertivano che quell’aggeggio in bocca non era di sicuro strumento di fascino. Erano vistosi quegli gli “apparecchi” dentali (così li chiamavano i più!) e il fatto che fossero metallici li rendeva fin troppo visibili.

Tra me e me provavo a domandarmi come saremmo stati noi, gli adulti, con quell’aggeggio in bocca. Avremmo continuato a parlare liberamente e sempre tanto? Ci saremmo abbandonati ancora ai tanti finti sorrisi di compiacimento  e complicità apparente?

Credo fermamente nell’importanza della prevenzione che, poi, significa prestare attenzione e cura in tutto ciò che si fa, evitare abitudini non utili e non buone per assumerne, invece, altre oggettivamente più salutari.

Prevenire, anziché curare, vale in tutto ciò che si fa e maggiormente nell’educazione del corpo e della mente, nella cura dell’ integralità della persona e di tutte le sue componenti. E vale per tutti gli esseri viventi.

Non affiancavano, forse, i nostri nonni, al tronco di un tenero alberello, dei paletti dritti per far sì che, crescendo, l’alberello andasse dritto dritto verso l’alto? Tra i ricordi della mia infanzia trascorsa in quel di Villalago, nell’alta valle del Sagittario, una delle scene più frequenti ed usuali erano incrociare  ragazzi e adulti che, a causa di mal di denti, andavano, in giro con una sorta di imbracatura che, legata sopra la testa e passando per sotto il mento, avvolgeva entrambe le guance.

In pratica, incontrandoli, incrociavo degli esseri umani con il capo a forma di uovo di Pasqua, con tanto di nocca sul capo e tutto questo per tenere al caldo le mascelle e tentare di sedare il mal di denti. Parallelamente, va detto, si invocava l’intervento di San Domenico Abate, protettore del paese e particolarmente bravo nel lenire il mal di denti.

Quando proprio nulla riusciva a lenirlo, ci si affidava alla mano abile del medico condotto, all’epoca  specialista in tutto e, perciò, stimato da tutti. Proprio il medico condotto procedeva all’estrazione del dente dolente.

Un dente in meno alla volta voleva dire, per tanti, restarne senza o quasi. Forse anche per questo in molti avevano smesso di sorridere, altri si erano fatti improvvisamente taciturni e solitari e diverse donne erano divenute, di punto in bianco, amiche inseparabili di sciarpe che le tenevano coperta la bocca  sia d’inverno che d’estate.

Inizio anni 60 cominciarono a diminuire, a vista d’occhio, i senza denti  e tornarono a fiorire i sorrisi mettendo in mostra dentature perfette e funzionali. In tanti tornarono a masticare e tutti a parlare mentre iniziarono a perdere attrattiva i cosiddetti “denti d’oro”, vezzo di facoltosi emigranti tornati da oltre oceano e che, parlando, amavano contraddire, vistosamente,  il detto che  “il silenzio è d’oro”.

La curiosità del primo apparire delle nuove dentiere si mutò rapidamente in una corsa a dotarsi di quell’ausilio da parte di chi, per tanto tempo, aveva dovuto limitarsi nel mangiare proprio per problemi connessi con la masticazione.

A voler cercare nella storia dell’umanità antecedenti della dentiera si rimane stupiti e sorpresi proprio per i diversi tentativi più volte fatti dall’uomo. Addirittura risale al 2500 avanti Cristo la prima protesi dentaria ritrovata in Messico e fatta con denti di animali, forse di lupi. Anche gli Etruschi, poi, si erano dati da fare utilizzando fili e bande in oro dove attaccavano denti di animali e di umani per rimpiazzare quelli mancanti. Nel 1500 dopo Cristo compare la dentiera giapponese realizzata in legno e i successivi interventi sperimentali dei dentisti, intorno al 1700, aprono definitivamente la strada ai denti di porcellana. Siamo nel 1800 quando, almeno per pochissimi, se non per “alcuni” fu possibile ricorrere alla dentiera. Il ventesimo secolo, con le resine acriliche,  realizza il miracolo: tutto più semplice, più bello esteticamente, più duraturo.

Recuperata la dentatura, si fa possibile per tutti il confronto dialettico-vocale. Non più scialli a velar le bocche, nemmeno silenzi dovuti a mancanza di denti; torna la parola sulla bocca di tutti e, senza remore, la voce concretizza i pensieri, li palesa e li comunica all’esterno, agli altri.

Anche gli altri, tutti, fan la stessa cosa e, finalmente, si dialoga, si torna a conversare tutti con tutti cercando di dimenticare le brutture delle ultime esperienze belliche. Il bello del dialogare non sono le parole che si dicono o, almeno, non solo esse; il bello del dialogare sta nel dire e guardarsi, nel condividere e compiacersi, ma anche nel contrapporsi con garbo e pacatezza senza mai tralasciare il dono di un filo di sorriso che aiuta a porgere e ricevere.

La verità, com’era solito ripetere Socrate, tocca l’anima e in essa cresce attraverso il linguaggio. Più il linguaggio è chiaro e semplice, più facilmente la verità traspare e si rafforza.

Con le dentiere tornano i sorrisi e sorridendo si stimolano altri sorrisi, confronti, atteggiamenti di condivisione. Tornare ad essere coscienti di poter sorridere senza più imbarazzo, riconciliò tantissimi col linguaggio, con gli approcci, con la quotidianità della conversazione. Anche con la libertà di esprimere proprie idee e di vivere, finalmente, il bello della democrazia. Certo non è una dentiera a renderci “democratici”, ma, a volte, non averla può tenerci isolati in un angolo.

 

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