Umiltà va cercando…:Un Ministro in Purgatorio.E gli studenti? ….Anche!

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Editoriale / 84

Umiltà va cercando…:Un Ministro in Purgatorio E gli studenti? ….Anche!

 

di Pierluigi Palmieri

 

Or ti piaccia gradir la sua venuta

Libertà va cercando, che è sì cara,

come sa chi per lei vita rifiuta

Dante, Purgatrrio, Canto Primo

  Una gaffe si può tranquillamente sopportare, come pure un lapsus linguae, e se a farle è un ministro dell’Istruzione a maggior ragione dobbiamo pensare alla buona fede. Si tratta sempre di un personaggio che per  essere designato a svolgere un ruolo di così alto prestigio e di così grande responsabilità, è  passato al vaglio di uffici politici e di esperti del mondo della cultura e dell’educazione, battendo la concorrenza di personaggi dai curricula prestigiosi.

Della gaffe in questione è imputato di Giuseppe Valditara, che fresco di nomina come Ministro dell’Istruzione ha provato ad esporre un suo piano per affrontare i problemi a suo parere più urgenti della scuola, A proposito di bullismo,  ha pensato bene di  prendere di petto il problema proponendo “l’umiliazione” come antidoto a questa piaga sociale. Il pressoché anonimo avvocato non ha avuto il tempo per cucirsi addosso l’abitus  istituzionale  di chi ha la responsabilità del dicastero dell’istruzione, e soprattutto quello di adattare il suo vocabolario giuridico a quello pedagogico. Un’integrazione lessicale d’obbligo (pesare le parole?) per dialogare con i soggetti dell’educazione e provare ad arginare non solo la piaga del bullismo, ma anche quella della caduta di stile nel rapporto scuola/famiglia, e nei rispettivi ambiti nel rapporto  docenti/alunni e genitori/figli. Il ministro

Il ministro  tratta con  educatori ed educandi, è per loro il punto di riferimento istituzionale al quale guardare per  provare ad uscire dal groviglio di problemi relazionali e generazionali che li opprimono nella quotidianità. Quello che per genitori e insegnanti dovrebbe essere un faro illuminante nella nebbia in cui brancolano nella gestione dei figli/ alunni, ha fatto il suo esordio  da vero dilettante lanciando fumogeni e gas irritanti sul campo di battaglia.  Nel convegno Italia, direzione nord promosso dall’associazione Amici delle Stelline e dall’istituto di ricerca Osservatorio Metropolitano di Milano, Valditara ha parlato soprattutto degli episodi di violenza che avvengono in classe e delle sue soluzioni: tra le altre cose, ha proposto l’introduzione dei lavori socialmente utili e di un metodo «educativo» basato sull’umiliazione.

 “Soltanto lavorando per la collettività, umiliandosi anche, si prende la responsabilità dei propri atti. Evviva l’umiliazione che è un fattore fondamentale nella crescita e nella costruzione della personalità, di fronte ai propri compagni. Da lì nasce il riscatto. Quando io ero un bambino, il maestro era il maestro con la emme maiuscola. Così non si può più andare avanti”.

 Valditara ha  trovato la strada spianata per il Ministero di Viale Trastevere, perché tra i politici eletti nella tornata di settembre sono ben pochi quelli che  conoscono i problemi della scuola reale e questi pochi si guardano bene dal  sedersi sulla poltrona bollente della pubblica istruzione.  Una sorta di “Se la conosci la eviti!”: lo slogan inventato per combattere l’Aids sembra la parafrasi giusta per sintetizzare il concetto.

Lui. il  neo Ministro, che ha voluto la “bicicletta” ha fallito il primo colpo di pedale. Nell’economia del nostro discorso, conta poco che in una nota di precisazione abbia riconosciuto di aver sbagliato ad usare la parola umiliazione,  dichiarando testualmente di aver utilizzato un “termine sicuramente inadeguato, cosa di cui mi dispiaccio io per primo”.  Con un pizzico di ottimismo potremmo pensare che magari abbia volutamente fatto la gaffe per poter avere l’occasione di essere lui per primo ad ..umiliarsi. Ipotesi troppo sottile. Comunque nella stessa nota Valditara ha esteso l’elogio della “umiltà” usando il termine tre volte in quattro righe:“,,,occorre rispondere con la valorizzazione della cultura del rispetto e della riscoperta di un valore fondamentale, l’umiltà. Senza umiltà, non riusciremo mai a crescere, a maturare e a imparare. Aggiungo  che è proprio l’arroganza, il rifiuto della umiltà, l’anticamera degli estremismi”. Senno del poi,direte voi. Riconosciamo, anche se solo parzialmente, la buona fede, collocando Giuseppe Valditara nel limbo della riflessione e della purificazione lessicale dove, parafrasando Virgilio, “Umiltà va cercando..”Temiamo però che alle soglie del Purgatorio debba rimanerci a lungo, a causa delle reazioni degli stessi destinatari del suo messaggio soprattutto quelli che “estremisti” già lo sono. Come gli studenti di UDS, che alle consuete parole di contestazione dei “modelli di scuola calati dall’alto” ( classismo, repressione) hanno immediatamente affiancato la parola “umiliazione”, per l’appunto, rispolverando l’avversione al “merito”. Quest’ultima parola è stata aggiunta al nome del Ministero dell’Istruzione dalla Meloni che, , ha voluto prendere le distanze dai precedenti governi soprattutto di sinistra ( il PD già chiede che sia rimossa). Ma per chi mastica un po’ di politica scolastica la questione non è solo nominalistica perché il merito  e stato cassato dal sistema di valutazione dopo le “conquiste” sessantottine  (leggi 27 politico e/o sei politico!) e ciò  ha comportato una drastica  caduta verso il basso del livello culturale e della formazione pedagogica dei futuri docenti. Gravissime le ricadute sulla valorizzazione dei talenti e sulla consapevole presa d’atto delle proprie capacità di intere generazioni di discenti. “Il cane  si morde la coda” e bisogna fermarlo, carissimo Giuseppe e carissima Giorgia e soprattutto carissimi studenti. Carissimi giovani pensare che il classismo e la repressione si possano evitare, ricorrendo all’ignoranza di massa e /o all’appiattimento culturale è “peccato”.

“La didattica ed la  valutazione formative e narrative”  che reclamate a gran voce sono legate alla capacità dei vostri professori di esercitarle. Ma se alla laurea e alla cattedra ci si arriva senza averla “meritata” viene meno l’autorevolezza necessaria ad esercitarl, Così l’inconcepibile scorciatoia  “punitiva e repressiva”, che è sintomo di debolezza risulta inevitabile.

Non ci sono lavori socialmente utili né divieti di cellulari in classe che tengano: l’autorevolezza dell’insegnante porterebbe all’immediato riconoscere del proprio errore da parte degli studenti (con l’intelligenza dell’umiltà) e, perché no?, dello stesso insegnante. Mettere sui banchi , magari senza “rotelle”,un porta cellulare in vista, al posto del vecchio simpatico e utile  calamaio,  ne consentirebbe, fissando poche e semplici regole, l’uso appropriato perfino per la didattica e per le emergenze personali e/o familiari.

Anche gli studenti contestatori vanno quindi collocati in Purgatorio, di fronte a Catone Uticense e tra Virgilio e Dante, che…..”Libertà va cercando

L’alternativa per tutti,  è. “l’inferno”