Attualità& Amarcord / 73
IL DRINK FACILE PRE-MOVIDA AL POSTO DEI GRANDI CHE ILLUMINAVANO LA CITTA’
di Marcello Martelli
Ecco il quadretto visto al ristorante con due giovanissime carine e disinvolte. Occupano il tavolo vicino, mentre confabulano e, molto interessate, si raccontano. Si interrompono quando arriva la cameriera con sul vassoio una bottiglia di pregiato cerasuolo ghiacciato, che farà più briosa la cena delle due amiche. Un quadretto che mi ricorda i pranzi domestici, quando mio padre nei bicchieri di noi ragazzi versava due dita appena di vino, accompagnando la piccola mescita con ripetitivi sermoni sui pericoli per i giovani di alcol e alcolismo. Altri tempi ed è impossibile non ricordarli, osservando le due ragazze che trincano con il distacco di abituali cultrici di Bacco.
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Con la mia commensale, impossibile non commentare il rapporto alcol-giovani, oggi. Quando, troppo spesso, la sostanza che è nel bicchiere permette di modificare illusoriamente la percezione di sé stessi e della realtà. Specie in tempi di pandemia e molti si appoggiano sull’alcol per uscire dalle insicurezze. Poi è l’Organizzazione mondiale della sanità a ricordarci le malattie e gl’incidenti attribuibili direttamente o indirettamente al consumo di alcol, con i giovani più vulnerabili ed esposti ai rischi. Vero: certi episodi sono circoscritti al fine settimana e i ragazzi bevono in modo occasionale, alle feste, all’aperitivo o in discoteca. Comunque, i drink alcolici d’una occasionale cena a due sono diversi da quelli dei bevitori abituali. Un tempo il vino e l’alcol erano intesi come sostanza alimentare, specie nelle campagne. Ma oggi? La carenza dei programmi di educazione alla salute ha portato la popolazione giovanile a ignorare anche i rischi dell’alcol. Mio padre usava il misurino? Mi chiedo che rilevanza abbia oggi la presenza dei genitori e se, a quelle simpatiche ragazze vicine di tavolo, hanno fatto capire bene la differenza che passa tra l’uso e l’abuso di alcol, che viene spesso considerato dai giovani un mezzo per ridurre la tensione e integrarsi socialmente. Mentre la cultura del misurino e del rischio scompare, e non c’è più. Una volta in Città arrivavano i grandi per illuminare le strade e i tavoli della città.
Ecco una foto storica con (da sinistra) Fernando Aurini, Mario Pomilio, Piero Ghilarducci, Michele Prisco, Marcello Martelli e, all’estremità del tavolo con il suo taccuino, Tiberio Cianciotta. Una immagine d’archivio della città-meta di illustri scrittori e grandi artisti. Carlo Bo, Pier Paolo Pasolini, Diego Valeri, Carlo Levi…Sono arrivati in tanti. E adesso? Ascoltiamo la risposta calzante di Roberto Vecchioni: “Senza la cultura siamo campati in aria, è come stare al sesto piano di un palazzo senza altri piani sotto, incapaci di capire ciò che succede”.