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L’ECONOMIA NELL’ETA’ DEI BENI COMUNI La International Summer School dell’Economia di Francesco

Raccontano le Fonti francescane, per l’esattezza La vita prima di Tommaso da Celano che, dopo essersi spogliato di tutto davanti al Vescovo di Assisi, Francesco, uomo di Dio ma non ancora santo, dopo aver vagato per le campagne umbre si reca a Gubbio dove veste il primo saio dono di un amico eugubino. Figlio di commerciante, commerciante ricco lui stesso, scopre invece l’altissimo valore della povertà, quella evangelica unita alla semplicità e alla fratellanza cosmica con tutto ciò che vive. Queste rappresentano le vere ricchezze e la libertà e l’amore per il prossimo sono più grandi del potere, del possesso e del denaro.

A Gubbio, la mia città, si è concluso venerdì scorso il Cammino di Francesco, ovvero il sentiero francescano che unisce Assisi e Gubbio che è oramai diventato uno dei sentieri di pellegrinaggio più conosciuti e devo dire, dopo averne rifatto anche quest’anno un tratto, uno dei più suggestivi. La mia Umbria riesce ancora a stupirmi per la sua bellezza, aiutata in questo da un inizio settembre fatto di cieli azzurri e sentieri verdi tra colline e montagne che sfumano come quinte di seta all’orizzonte. Sempre a Gubbio, si è conclusa ieri la prima International Summer School della Economy of Francesco, un laboratorio che è durato una settimana e a cui hanno partecipato 30 giovani dottorandi di economia provenienti da 14 paesi e che ha visto tra i docenti anche un premio Nobel per l’Economia. Una settimana di intensi lavori realizzati nella sede di Gubbio della Lumsa, l’Ateneo a cui appartengo, sotto i cui auspici si è svolta questa esperienza unica, animata da Luigino Bruni.

Ma che cos’è questa Economy of Francesco? Intanto si tratta di una proposta fatta da Papa Francesco, la quale richiama però persino le antiche fondamenta di un’economia francescana di cui si sa poco ma che fu importantissima nei secoli successi alla morte del santo, i cui seguaci rinunciarono al denaro ma diventarono maestri di economia, inventando, ad esempio, i monti di pietà. Si tratta di un lavoro internazionale che è in cammino da tempo per cercare in tutto il mondo giovani economisti (credo che esista persino un vincolo di età per potervi partecipare), non nomi famosi ma giovani studiosi desiderosi di cercare un’altra strada sostenibile per l’economia. Iniziata prima della pandemia, ha visto confermate le sue intuizioni in maniera inequivocabile dalla crisi pandemica stessa e dall’aggravarsi della crisi climatica sul nostro pianeta.

Un pianeta dove tutto è interconnesso, la crisi economica come quella sociale e quella ambientale. Un tentativo di rinnovare l’economia per ritrovare la vita, un ripensare l’economia partendo dall’essere umano.

Come ha scritto D. Diderot, “non basta fare il bene, bisogna anche farlo bene”, non si può pensare una nuova economia che esca dagli schemi dell’homo oeconomicus tradizionale, ovvero un essere egoista, guidato da una razionalità strumentale, teso a massimizzare i suoi interessi senza limiti. Bisogna essere molto preparati nell’economia classica per poterne proporre una nuova. Il punto di partenza è una nuova antropologia come base per una nuova economia, l’essere umano è un essere empatico, come dimostrano anche le neuroscienze, che non sarebbe sopravvissuto come specie se non avesse scoperto la collaborazione molto prima della competizione. Questa diversa antropologia porta a mettere in primo piano i beni comuni rispetto ai beni privati. Questi sono esclusivi e possono essere goduti singolarmente, i primi sono indivisibili e sono beni relazionali. L’atmosfera e la biodiversità sono un esempio di beni comuni, ma anche il lavoro delle madri è un esempio di beni relazionali, senza i quali l’umanità non potrebbe esistere. Il loro lavoro di cura dei figli non è tempo libero, ma è tempo di cura che ha un grande valore che l’economia ignora. Per cui è necessario far convivere il tempo della cura dell’ambiente, della cura delle persone assieme all’impegno lavorativo. Dico questo anche pensando a mia figlia Cecilia che proprio ieri ha messo al mondo mio nipote Paolo, appena approdato alle rive della vita.

Mentre l’economia classica parte sempre dall’individuo singolo, l’attore economico con i suoi interessi, l’economia integrale non ignora che la relazione ci precede sempre, siamo sempre il risultato di qualcosa che non abbiamo scelto e che ci ritroviamo come dono o come eredità e queste relazioni contano nella vita delle persone. Anzi, quello che conta, molto probabilmente non può essere contato, per cui una persona che conosce il prezzo di ogni casa e, in base a questo, calcola quello che gli conviene, vuol dire che non conosce il valore di nulla, che è poi la definizione che O. Wilde dava del cinico: “colui che conosce il prezzo di tutto ma non sa il valore di nulla”.

L’economia di Papa Francesco riporta l’accento, non solo teorico ma anche pratico, su quei beni come le risorse naturali di cui non ci si può appropriare come se fossero un supermercato, l’ambiente non è una risorsa da sfruttare ma è la nostra casa. In fondo è dal greco oikos che viene la parola economia e oikos è la casa, la nostra casa comune ovvero il Creato. La Natura non è un oggetto ma un partner dell’azione umana e il suo è un contributo non monetizzabile che porta al nostro benessere.

L’economia di Francesco richiama anche il valore della gratuità. Le relazioni umane fioriscono se c’è fiducia, un altro bene comune che fa parte di quel capitale sociale che è importante tanto quanto il capitale economico o il capitale materiale. Invece di far pagare chi depreda la natura, come accade ora con l’acquisto di quote di CO2, stratagemma che ha una sua logica ma che oggi non è più concepibile perché l’ambiente non ha prezzo, dovremmo invece premiare, anche tra gli imprenditori, quei comportamenti virtuosi perché ecocompatibili, capaci di far convivere rispetto per l’ambiente e lavoro, valori che non possono essere in opposizione.

Se l’economia tradizionale lavora nel breve termine, dove è possibile calcolare con sicurezza quali azioni sono più vantaggiose per il guadagno, una nuova economia dovrebbe avere un orizzonte temporale in cui far entrare tutte le utilità, anche quelle dei non nati, ovvero il futuro prossimo e remoto delle nuove generazioni.

Questa nuova economia non è il futuro, essa è già qui, sono questi giovani l’avanguardia della migliore gioventù, che segue una vocazione e si impegna per qualcosa di diverso dal successo personale.

Ai giovani studiosi, in questi giorni, si sono uniti grandi maestri del pensiero economico, come il richiamato premio Nobel per l’Economia J. Stiglitz. Ho assistito alla sua videoconferenza dagli Sati Uniti e chiudo con una sua battuta, la mano invisibile, ovvero il fatto che il comportamento egoista di molti soggetti produce magicamente il bene comune, su cui si basa la teoria economica, da A. Smith ai nostri giorni, è appunto invisibile, ovvero non funziona. Dobbiamo correggerla e guidarla con ragione e saggezza, magari ritrovando il sapore di quello che cantavano i fratelli di Francesco, nihil habentes omnia possidentes, non abbiamo nulla ma possediamo tutto.

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