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NEL 2040 …………………

Il National Intelligence Council (NIC), in occasione della elezione del nuovo Presidente americano, a  partire dal 1997 e con cadenza quadriennale, deposita sul suo tavolo un rapporto intitolato: “Il mondo fra vent’anni”. L’obiettivo del programma non è prevedere il futuro, cosa peraltro impossibile, bensì stimolare il pensiero critico e la riflessione strategica dei consiglieri più stretti e dello stesso Presidente, sui rapidi e vasti cambiamenti geopolitici attuali e futuri, al fine di incoraggiare e contribuire ad una più efficace pianificazione di lungo termine.

Lo scopo principale dei Global Trends è quindi  quello di fornire ai vertici dell’amministrazione governativa in carica, un quadro completo di informazioni, tendenze e scenari su come il mondo possa evolvere nel medio e lungo periodo, mettendo in evidenza le dinamiche più significative per consentire ai decision maker di assumere le risoluzioni più opportune e porre in essere gli interventi necessari al fine di incidere sulle forze strutturali e le loro interazioni, sempre perseguendo gli interessi degli Stati Uniti e la tutela della sicurezza nazionale. Il progetto si fonda su un complesso processo analitico che, oltre a trarre spunto dalle tecniche e dalle capacità della Comunità di Intelligence statunitense, si caratterizza per la sinergia tra più soggetti, appartenenti ad istituzioni differenti (pubbliche e private) e provenienti da paesi diversi.                                                                                    L’edizione del 2021 apparsa nel marzo scorso presenta un titolo emblematico che non ha bisogno di essere tradotto:“Global Trends 2040: A more contested World”.

Non è certo una lettura da fare sotto l’ombrellone sia per gli argomenti trattati, complessi e interdisciplinari, e sia anche per il contenuto della premessa, emblematica e premonitrice, che testualmente recita  :” Nei decenni a venire il mondo dovrà affrontare sfide gigantesche come il cambiamento climatico,  le perturbazioni legate alle nuove tecnologie ed alle crisi finanziarie. Questi eventi metteranno a dura prova la capacità di adattamento delle comunità, degli Stati e del sistema economico mondiale”.  Saper rispondere agli inevitabili disequilibri che con il tempo finiranno per insorgere e “…metteranno le istituzioni in una scomoda posizione perché dal suo comportamento i conflitti potranno esacerbarsi e suscitare forti contrasti a tutti i livelli “. Leggendo a fondo e con attenzione il corposo documento ci si rende conto che i focolai delle contestazioni sparsi per il mondo potranno costituire una delle dinamiche più difficili da gestire e finiranno per pesare sul nostro avvenire. Se a tutto  questo dovessero associarsi rapidi cambiamenti tecnologici, rallentamento della crescita economica e scarsa attenzione ai problemi della sanità e della educazione, sarà facile assistere ad :”… uno sviluppo di un sentimento di insicurezza e diffidenza nei confronti dei governi che potranno essere visti sempre più come inefficienti e/o corrotti”.  In tal modo le nostre società, sempre più connesse e super informate che mai, saranno nello stesso tempo più inquiete, disilluse e divise, tanto da poter costituire un bersaglio o uno strumento per gruppi fanatici, siano religiosi o politici, che proveranno ad impadronirsi del potere attraverso la violenza. Una violenza dapprima verbale, troppe volte oggi tollerata con la compiacenza o il cinismo (fate voi) di chi dovrebbe controllare e porre un freno. Questa, in sostanza, la dura diagnosi contenuta nel rapporto che, peraltro, non fornisce una ricetta miracolosa ma propone per il 2040 cinque scenari plausibili, l’uno alternativo rispetto agli altri quattro. Il più preoccupante di essi prevede una carestia mondiale, diretta conseguenza del riscaldamento climatico, mentre il più ottimista  pronostica una sorta di “rinascimento delle democrazie”  sulle basi di un importante sviluppo tecnologico  e di una rinnovata crescita economica.

In sintesi, due  certezze si impongono sin da ora. La prima :”.. dobbiamo essere preparati all’imprevisto”. La seconda :”..gli Stati  più efficienti saranno quelli che riusciranno ad instaurare un clima di fiducia in seno alla società attraverso una progressiva azione di adattamento collettivo”.  In simili contesti mi pare di capire che gli Stati che esprimono regimi autoritari saranno piuttosto svantaggiati mentre le nostre democrazie della cosiddetta “vecchia Europa”,  anche se spesso fragili e conflittuali, potranno avere più probabilità di uscirne indenni. In ogni caso è opportuno che ciascuno di noi ne prenda nota e riprenda in mano il proprio futuro ben sapendo che nei prossimi anni la vera partita si giocherà sul terreno della moderazione.

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