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URSULA E LA SUA NOMENKLATURA.

Valore & Valori 153

di Mario Travaglini

 In queste ultime settimane la signora Presidente della Commissione Europea Ursula von der Layen è  apparsa molto spesso  sulle prime pagine di tutti i quotidiani europei. Le ragioni, come si potrebbe facilmente credere, non sono legate né a iniziative di pace, né a tentare di contribuire a risolvere il problema migratorio e di accesso in Europa, né,  tanto meno, a spendersi verso gli americani per ottenere un accordo sui dazi che colpiscono i prodotti industriali esportati verso gli Stati Uniti. La causa non è neppure legata al suo iper attivismo con cui cerca disperatamente di trovare agganci per una sua riconferma nel posto che occupa immeritatamente dal 2 luglio 2019 quando Angela Merkel la impose a tutti gli altri partners dell’Unione. No, niente di tutto questo. La sua popolarità deriva più semplicemente dalla denuncia penale presentata nei suoi confronti  riguardo lo scandalo degli scambi di SMS con la casa farmaceutica Pfizer e, in particolare, con il suo Amministratore Delegato Albert Bourla. L’accusa mossa  dai tribunali del Belgio alla Presidente non è di poco conto in quanto si sostiene che Ella ha agito personalmente, attraverso una negoziazione privata, senza il mandato degli Stati membri. Una vicenda che si incastra in maniera sinistra (forse inquietante) con quella di Heiko von der Leyen, marito di Ursula, medico e direttore scientifico della società statunitense  Orgenesis operante nel campo del biotech, specializzata in terapie cellulari e geniche, in prima linea nella realizzazione dei vaccini anti-Covid a Rna. Molti ricorderanno che il Barone fu costretto a rinunciare alla nomina nel comitato di sorveglianza della Fondazione creata dalla Università di Padova per gestire il filone di ricerca su terapia genica e farmaci a Rna, un piano finanziato dal Pnrr con 320 milioni di euro dentro il quale figuravano anche i colossi globali del farmaco come Pfizer, BioNTech, AstraZeneca, Tuttavia, nonostante il rumore degli avvenimenti, Ursula  vuole  a tutti i costi esercitare un nuovo mandato alla Presidenza della Commissione sebbene tutti i sondaggi annuncino un’ondata elettorale euroscettica. Il personaggio è indubbiamente enigmatico e si fa fatica ad abbinarlo a qualsivoglia  provvedimento che in questi cinque anni sia meritevole di essere ricordato. Il suo modus operandi va oltre l’attivismo mediatico: Ella cerca di sfruttare ogni crisi, mentre queste si accumulano, per rafforzare il potere della Commissione che, a sua volta, sembra volersi porre,  con il consenso attivo di molti burocrati, come un vero e proprio Governo dell’Europa pur non avendo né la struttura giuridica né, ovviamente, il mandato degli elettori.  Sia con la vicenda Covid 19 che con la guerra in Ucraina Ursula ha voluto imporsi come  immagine sostitutiva di una Europa che grazie a Lei era divenuta riconoscibile ed alla quale era possibile anche abbinare perfino un numero di telefono. È sempre a livello europeo che la Baronessa tende  velleitariamente ad affrontare i grandi problemi,  a centralizzarli senza mai risolverli, avviando le Nazioni non a  scomparire formalmente, ma a destabilizzarsi. Il bello è che lo ha detto anche  chiaramente nella prefazione di un libro : “ le risorse debbono essere utilizzate  sulla base di un concetto nuovo, ossia i piani nazionali sono secondari  rispetto alle priorità comuni europee in investimenti e riforme a livello locale”. Detto in maniera diversa e più prosaica: è a Bruxelles che vengono decise le  linee di condotta dei paesi che compongono l’Unione Europea, i quali hanno il solo compito di applicarle al meglio delle loro possibilità,  come un fattore che gestisce un latifondo di borbonica memoria. Questo meccanismo mira a rendere irreversibile  ogni ulteriore tappa di integrazione europea in quanto gli stati abituandosi alle trasfusioni finanziarie vengono risucchiati in un sistema di assistenza che ha un solo scopo, quello di addomesticare i popoli.

L’Ue, insomma,  è divenuta una sorta di orizzonte invalicabile dell’azione politica, e chiunque provi ad uscire dal cammino da essa tracciato, anche in un contesto elettorale, verrà riportato all’ordine. Non posso fare a meno di ricordare quando all’epoca delle elezioni del 2022  Ursula von der Layen disse  che se il nuovo Governo non fosse rimasto nel solco delle direttive europee avrebbe utilizzato tutti i mezzi a disposizione per rimettere in riga l’Italia. Il concetto di “rimettere in riga” aveva certamente il pregio della chiarezza ma sottintendeva anche che se un popolo vota male scegliendo, per esempio, un partito sovranista piuttosto che uno europeista la Commissione ha tutti gli strumenti per sanzionarlo. Tutto questo spiega anche la curvatura della Meloni verso l’Europa che con il passare dei mesi è divenuta sempre più evidente.  Di fatto, quindi, la Commissione targata Ursula von der Layen si presenta come una innegabile nomenklatrura che pensa a costruire il suo fortino ovvero  un vero e proprio organismo dirigente, molto verosimile ad un Politburo, dal quale far discendere tutte le determinazione della politica comunitaria. Alcune figure sono chiaramente identificabili, come la signora Ylva Johansson, commissaria agli Affari Interni, vecchia militante del partito Comunista svedese secondo la quale l’immigrazione non è un problema ma un progetto. Costei si sta quindi adoperando per rendere possibile lo spostamento demografico dall’Africa all’Europa senza il quale quest’ultima sarebbe apparentemente condannata, a suo dire, alla cancellazione. Senza dubbio le sue aperture non sono estranee alle richieste islamiste tanto che l’europeismo sembra divenire sempre più inseparabile dal multiculturalismo fino ad un sorprendente ribaltamento di prospettiva.

Ma ci sono anche i detrattori ? Certo, ma vengono silenziati. Un di questi (che per ovvie ragioni non posso nominare) ha presentato   una sua proposta di  regolamentazione dei servizi digitali europei, chiedendo di includere “…….i contenuti che incitano alla rivolta” tra quelli che prevedono sanzioni contro i social network. Non se ne è fatto niente e tutto è caduto nel dimenticatoio. Prima o poi, però  l’opposizione all’immigrazione di massa verrà interpretata come un appello alla rivolta, e potrà essere lo stesso con l’UE, che porta oggi molti a invocare una Bruxit o un’uscita tout court dall’Europa. E’ di tutta evidenza che  l’Ue si è trasformata con il passare del tempo in una tecnostruttura continentale che pretende di regolamentare  tutti i campi dell’esistenza, attuando un esperimento ideologico su larga scala dentro il quale la Commissione Europea pretende di condurci in un sofisticato sistema di governance libero dagli umori elettorali di ogni Stato membro. In tutto questo ci vedo  un sistema imperiale e postdemocratico il cui nome, per il momento, ho paura a pronunziarlo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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