HomeLa RivistaL’ARCHITETTURA DEL TERRORE NELLA POESIA DI DEMETRA CHRISTODOÙLOU

L’ARCHITETTURA DEL TERRORE NELLA POESIA DI DEMETRA CHRISTODOÙLOU

 La paura, e ancor di più il terrore, sono i temi centrali della recente produzione poetica di Christodoùlou. Nei suoi versi, la poetessa esplora le conseguenze di questi sentimenti, creando una vera e propria architettura del terrore.

È semplice: Il terrore non ti fa morire.

Il terrore ti fa solo rinascere.

I frammenti di un mondo spezzato dalla paura emergono prepotentemente dai versi di Christodoùlou. Questo elemento di frammentazione è presente anche nella struttura stessa della sua poesia: tutto e tutti cercano una ricomposizione. La forza del linguaggio di Christodoùlou risiede nella sua capacità di decodificare ciò che ci circonda e ciò che abbiamo dentro. È proprio in questo processo di decodifica che risiede il coraggio della poetessa: nella ricostruzione di tutto, e tutti, attraverso il linguaggio. capace di svelare e ricomporre le complessità della condizione umana. La poetessa affronta il caos e la frammentazione con un linguaggio preciso e penetrante, trasformando la poesia in uno strumento di guarigione e ricostruzione. L’abilità di Christodoùlou di rappresentare il terrore non è fine a sé stessa, ma serve a portare alla luce i frammenti di un mondo disintegrato dalla paura. Nei suoi versi, la poetessa esplora come la paura e il terrore non annientino, ma trasformino, costringendo aD una rinascita dolorosa e consapevole.

La sua poesia diventa così un atto di ricostruzione, un tentativo di dare senso a ciò che sembra non averne, così il  il suo linguaggio diventa l’elemento più potente della poesia di Christodoùlou, capace di svelare e ricomporre le complessità della condizione umana. La poesia di Christodoulou sembra abitare uno spazio bianco e ossessivo del sogno, dove le visioni della mente si trasformano in ripetizioni di parole e immagini senza fine, riflettendo la continuità stessa del pensiero. Gli elementi presenti nei suoi versi – pozzanghere, morti, insetti, bambini, mammut, uccelli, cielo e mare – compongono una realtà visionaria apparentemente scollegata dal mondo oggettivo ed esistenziale. Tuttavia, questo microcosmo chiuso e autosufficiente contiene inquietudine, morte, sacrificio e orrore, ma tutto è rappresentato in modo così perfetto e rovinoso da diventare elemento di turbamento profondo. Questo universo poetico, forse parmenideo nella sua immobilità, è popolato da bambini, passanti e gabbiani, fissati in una sorta di definitività archetipica. La poesia di Demetra Christodoulou è dunque  capace di trasportare il lettore in un mondo alternativo, dove la ripetizione e la sospensione creano un’atmosfera di sogno e riflessione profonda, dove il caos e la frammentazione resi con precisione  trasformano la poesia in uno strumento di guarigione e ricostruzione. (R.P.)

Nata a Patrasso nel ’53, studia legge e filologia all’università, vive ad Atene, dove è insegnante nelle scuole medie. Pubblica la prima raccolta di poesie nel 1974; ad oggi sono undici. Nel 2007 vince il Premio Nazionale di Poesia.

La traduzione

I versi che la mia insonnia non ha nutrito,
quelli infelici o quelli mai non nati,
li indosserò questa sera uno a uno,
camicia, maglione e paltò,
e uscirò, a pescare la luna.
Con questo freddo i canneti daranno riparo
a una rondine!
Le lame dei raggi di luna non la uccidono
ma canta, dio mio, certe canzoni nella sua lingua
che il mio corpo tutto traduce
tremando al di sotto dei vestiti pesanti.

Deus ex machina

È l’ora delle tenere decisioni:
di tagliarsi le vene?
Di bere una cosa con gli amici?
Potremmo anche spaccare tutto,
piatti, bicchieri, vasi…
Potremmo fare un bagno
con sali di scorpione e lava fredda.
Il naso chiuso, dentro le teste.
Potremmo afferrare la luna
e riempirla di baci,
ché mancava da tempo ed è ripassata
e con coraggio guarda verso casa nostra.

La semplicità del terrore

È semplice: Il terrore non ti fa morire.
Il terrore ti fa solo rinascere.
Ti estrae il serpente dal ventre.
L’ostetrico ti sorride, perché
vivi una tanto eterea notte.
È semplice: Il terrore non ti umilia.
T’innalza all’altezza delle circostanze.
Semplicemente, cammini sopra te stesso.
Il terrore non ha urgenza. Ti aspetta.
Puoi, pensandoci, sfuggire.
Semplicemente, non puoi pensare.
Nel terrore uno e uno fanno due.
Semplicemente, non trovi il primo e il secondo:
in questo momento l’uno ti cerca
e il secondo gli mostra dove ti trovi.
Il terrore provvede. Ha sangue freddo.
D’altronde sapete entrambi cosa concederà.
Si beve un altro sorso di caffè
e semplicemente alza gli occhi su di te.
È semplice: La voce del vento,
i sussurri saggi delle rovine,
lo straccio d’umidità che rimane
in qualche angolo d’ombra della febbre,
tutto scivola dentro il tombino.
Il sole poggia il dito sopra il vetro
e trasali. Era questo. Ora vedrai
in tutta la sua semplicità, il terrore.

Tangibile

Se il mio tempo è il pensiero,
il luogo mio è il senso.
Il mio dentro solo le ali
e incerto il mio scopo.

Se lo scopo è il mio tempo,
il mio pensiero solo le ali.
Il senso è il mio dentro
e indeterminato il luogo.

Se l’acqua trema alla fonte,
l’urlo che ha sete non ascolta.
Qualcuno è corso a portargli da bere
perché il suo pensiero abbia senso.

 

traduzione di Massimiliano Damaggio

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