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Impegno individuale e scelte politiche

 Il Limite /145

Impegno individuale e scelte politiche

di Raniero Regni

 In uno dei suoi numerosi libri, il meteorologo e climatologo Luca Mercalli, elencando le cose che andrebbero fatte subito, scrive “dobbiamo ridurre subito la pressione umana su ambiente e clima (Antropocene), riducendo i consumi di energia e materie prime, con convergenza di strategie individuali e collettive (dal basso) e politiche (dall’alto) che permettano di soddisfare i bisogni primari dell’Umanità rimendo però entro i limiti planetari”. L’azione di riduzione dell’impatto ambientale delle nostre vite dovrebbe essere la combinazione di due iniziative. Una di tipo individuale, che confina con l’etica e il genere di scelte incondizionate, ovvero che vengono prima di ogni calcolo di utilità. L’altra di tipo collettive o meglio sistemico, legata alla politica.

Penso a queste cose mentre leggo sul mio smartphone la App che mi informa sull’andamento del mio impianto fotovoltaico. Sì, assieme a mia sorella e a mio fratello abbiamo realizzato un impianto fotovoltaico di trenta metri quadrati capace di generare 6 KWh di energia elettrica, a cui abbiamo aggiunto una batteria di stoccaggio per le ore notturne. È bello vedere che con l’allungarsi dei giorni l’energia prodotta è sempre di più, così come quella immessa nella rete, rispetto a quella importata. Anche se saltasse la corrente i nostri appartamenti rimarrebbero illuminati. Presto riconvertiremo molti servizi come i fornelli a induzione e il tosaerba elettrico. L’idea che le scelte più ecocompatibili significhino solo rinuncia non è vera ed è frutto della distrazione di massa messa in atto da tutte le filiere legate alla produzione industriale e dell’energia fossile che cercano di contrastare la necessaria transizione alle fonti rinnovabili.

Controllando la produzione di energia rinnovabile decidiamo a che ora accendere gli altri elettrodomestici e questo ci educa e ci costringe a comportamenti più responsabili e più sostenibili. Certo, ci sono anche incentivi che provengono dalle politiche energetiche, ma c’è da dire che il nostro paese a metà degli anni ’10 del 2000 era partito bene con forti contributi per chiunque volesse realizzare degli impianti fotovoltaici. Poi sono rimasti solo gli sgravi fiscali e così l’Italia è rimasta indietro rispetto ad altri paesi europei ed ora arranca tra una crisi energetica e l’altra.

Coloro che criticavano e criticano ancora quelli che loro definiscono ambientalisti si sono spesso appellati alle scelte private non sempre coerenti che ognuno faceva. È evidente che i comportamenti individuali sono importanti ma lo diventano solo se si incontrano con le scelte politiche collettive, altrimenti diventano solo pretesti per polemiche che non fanno altro che rimandare, che spostare più avanti le scelte necessarie perché la crisi climatico-ambientale non diventi irreversibile e distruttiva.

Questo fa parte delle soluzioni-non soluzioni e di una forma di distrazione di massa in atto da quei gruppi che sono riconducibili ad un’idea di sviluppo industriale completamente distruttivo.

“Dovremmo tutti impegnarci in azioni individuali che fanno bene all’ambiente. Ci fanno sentire meglio e danno il buon esempio agli altri – ha scritto il climatologo M. Mann –  Ma non eccedere nel compiacimento, pensando che basti riciclare bottiglie o andare al lavoro in bicicletta. Non possiamo risolvere questi problemi senza profonde trasformazioni sistemiche, e per attuarle servono azioni da parte dei governi”. Così scrive l’autore del fondamentale La nuova guerra per il clima. La battaglia per riprenderci il pianeta. Quindi scelte individuali sì ma anche scelte collettive che sostengano politici e governi realmente impegnati nel cambiamento (incentivi economici e volontà politica), in questa battaglia che si profila sempre più drammaticamente come una battaglia per la vita delle generazioni future.

Le scelte ambientalisti sembrano migliorare la qualità della vita mentre il costo dell’inazione peggiorerà le nostre esistenze. Un ultimo pensiero. Ho parlato di pannelli fotovoltaici sui tetti delle case e, soprattutto, di miglia e miglia di capannoni industriali. Non parlo delle cosiddette piantagioni di impianti fotovoltaici. Piantagioni, termine furbescamente preso dal mondo della vita naturale e riferito a forme intensive di speculazione legate all’industria energetica che rischiano di danneggiare il paesaggio. Certo, meglio quelli che un cementificio che brucia rifiuti, ma si può fare meglio anche in quel settore. I pannelli possono essere messi in vecchie cave dismesse che hanno già ferito le nostre montagne e in altri luoghi già degradati, più che su colline e pianure che possono essere riconvertite ad una produzione biologica e che fanno parte dell’unicità e della straordinaria bellezza del nostro paese.

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