Riciclo o riuso?

 Il Limite / 142

Riciclo o riuso?

di Raniero Regni

 L’unità di sopravvivenza è l’organismo più l’ambiente. Stiamo imparando sulla nostra pelle che l’organismo che distrugge il suo ambiente distrugge se stesso.
G. Bateson, Patologie dell’epistemologia (1969), in Verso un’ecologia della mente
 
“Più plastica produciamo, più ce la ritroviamo nel corpo: ci stiamo inquinando da soli”
The Washington Post, 21.1.2024

 Il testo del grande epistemologo che abbiamo messo in esergo a questo articolo è uno dei caposaldi del pensiero ecologico e sistemico. Avremmo dovuto incorporarla in ogni disciplina e ognuno di ogni avrebbe dovuto interiorizzarlo nel proprio sguardo, trasmettendolo poi ai propri figli e allievi. Ma così non è stato ed ora ne stiamo pagando le conseguenze. Un esempio eclatante viene dall’inquinamento di plastica che oramai, tra isole di rifiuti plastici nell’oceano e microplastiche nel nostro corpo, è presente dappertutto e sta creando un ambiente ostile alla vita.

Il 28 gennaio è uscito un articolo su The Washington Post intitolato Come porre fine all’inquinamento di plastica sulla terra di T. Schlossberg. L’autrice scrive, “se le future forme di vita intelligente cercheranno prove dell’esistenza umana nel XX e XXI secolo, sarà facile trovarci nella stratificazione geologica. Basterà cercare la plastica”. E aggiunge, “tra il 1950 e il 2021, l’umanità ha prodotto circa 11 miliardi di tonnellate di plastica vergine, pari al peso di 110.000 portaerei statunitensi. Solo circa 2 miliardi di tonnellate sono ancora in uso. Il resto – circa 8,7 miliardi di tonnellate – è costituito da rifiuti: il 71% è finito in discarica o in qualche altro luogo dell’ambiente, compresi gli oceani; il 12% è stato riciclato; il 17% è stato incenerito. Al ritmo che stiamo seguendo, i rifiuti plastici globali aumenteranno del 60% entro il 2050”. Il panorama appare disperante, eppure lo scorso anno più di 175 paesi si sono accordati per porre fine all’inquinamento di plastica, riducendo i rifiuti di plastica annui di oltre l’87%. Un trattato molto ambizioso, firmato anche dall’Italia, potrebbe richiedere una riduzione del 90% degli imballaggi monouso e un obbligo di riciclaggio minimo del 40%, per dimezzare i rifiuti di plastica.  E qui si inerisce il dibattito che si è sviluppato ddi recente nell’Unione Europea sul “riuso” e sul “riciclo”. Qual è la differenza?

Riciclare vuol dire utilizzare nuovamente materiali di scarto o di rifiuto di precedenti processi produttivi. Significa trasformare materiali di scarto e rifiuti recuperati grazie alla raccolta differenziata in nuovi beni – le cosiddette materie prime seconde –  dando loro una seconda vita. Quando parliamo di riuso, invece, ci riferiamo alla possibilità di riutilizzare oggetti che non sono ancora diventati scarti o rifiuti, dando loro una seconda possibilità di vita in cui non perdono la loro forma originaria. È evidente che il riuso ha un minore impatto ambientale perché tutti i passaggi necessari per il riciclo richiedono energia e prevedono una forte dispersione anche di materia prima.

Per ridurre l’inquinamento da plastica bisogna ridurre il packaging, ovvero gli imballaggi che troviamo dappertutto quando acquistiamo qualcosa. L’Unione va verso il riuso che abbatterebbe radicalmente anche il problema del packaging. L’Italia ha un grave conflitto di interessi perché è la sede dei maggiori produttori sia di plastica mono uso che di macchine per la loro produzione. Allora ha proposto una soluzione che rappresenta, più che una espressione del genio italico, una furbata per evitare e rimandare le scelte imposte dall’Unione. Ha proposto l’escamotage di potersi sottrarre alle regole del riuso volute dall’Europa qualora si riesca a riciclare più dell’85% della plastica monouso.

Come in altre occasioni, il nostro attuale governo, invece di capeggiare l’azione verso una società più sostenibile inventa scappatoie e sotterfugi per poter produrre più plastica e poter bruciare più rifiuti, derivati dagli imballaggi, in inceneritori e cementifici. Di nuovo, come abbiamo più volte sottolineato in questa rubrica, più furbi che intelligenti. Ma siamo al capolinea delle furbate. I tempi stanno cambiando. I rifiuti di plastica minacciano la salute degli ecosistemi, la biodiversità e gli sforzi per affrontare il cambiamento climatico, oltre a rappresentare un problema di salute e di giustizia ambientale. Le microplastiche sono state trovate nel latte materno e nel sangue. Per cui è condivisibile l’esortazione con cui si conclude l’articolo citato, “la produzione di plastica va ridota drasticamente ponendo fine all’inquinamento da plastica sulla Terra”.

Nessun Commento

Inserisci un commento