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Clima e ambiente secondo Luca Mercalli

 Il Limite / 139

Clima e ambiente secondo Luca Mercalli

di Raniero Regni

 

Sarebbe già un conforto per la nostra debolezza se tutto perisse con la stessa lentezza con cui si è formato. Invece la crescita è lenta, la rovina è rapida.

Seneca, Lettere a Licilio

 Oramai i climatologi sono tra gli esperti quelli che hanno più cose da dire e la trasmissione delle previsioni del tempo sicuramente è destinata ad avere una sempre maggiore importanza nelle programmazioni televisive. Sì, perché la crisi climatica sta facendo impazzire gli umani e non solo. La nostra azione, diventata forza geologica e battezzata per questo dal 2016 età dell’Antropocene, sta rompendo delicati equilibri sistemici che regolano l’omeostasi del pianeta vivente. Equilibri che si sono creati in milioni di anni e che noi, in meno di duecento anni, stiamo irresponsabilmente distruggendo. Luca Mercalli, uno dei maggiori studiosi del clima, presidente della società di metereologica italiana e divulgatore scientifico noto ai telespettatori e ai lettori di giornali, è intervenuto venerdì scorso su questi temi durante la serata della scienza che si è svolta a Gubbio presso l’istituto tecnico.

La sua analisi è stata precisa e molto chiara. La dismisura è la parola adatta per definire l’Antropocene. I danni che stiamo arrecando all’ambiente sono irreversibili perché cambiano l’assetto fisico del nostro pianeta e rimarranno per migliaia di anni. Il tema ha riecheggiato quello che aveva già affrontato in una delle sue pubblicazioni di qualche anno fa, Non c’è più tempo. Come reagire agli allarmi ambientali. Noi stiamo modificando forze planetarie ben più grandi di noi, che siamo in grado di modificare ma non di arrestare, come l’aumento della temperatura che sa provocando lo scioglimento dei ghiacci della Groenlandia e l’aumento dell’evaporazione marina, che porterà ad un innalzamento del livello del mare e a fenomeni estremi come tempeste ed uragani. Certo, poi una nuova glaciazione potrebbe avvenire in futuro, magari tra centomila anni.

I rischi di creare un pianeta invivibile per gli esseri umani sono molti. Questo perché dei nove limiti indicati dallo studioso J. Rockstrom, nel 2023 sei sono stati già superati. Infatti ci sono dei limiti, delle condizioni, dei confini che non dovrebbero essere superati perché l’essere umano possa sopravvivere sulla TerraSecondo gli studi dello Stockholm Resilience Centre, guidati dal professor Johan Rockström, i nove limiti o confini planetari (planetary boundaries) sono: cambiamento climatico, perdita di biodiversità, ciclo dell’azoto e del fosforo, inquinamento da sostanze chimiche, modifica del sistema agrario, utilizzo delle acque dolci, acidificazione degli oceani, riduzione dello strato di ozono, aerosol. Si tratta di raffinati indicatori globali, frutto di un gigantesco lavoro interdisciplinare, che si possono però paragonare ad una specie di cruscotto su cui convergono oggi gli scienziati. Sei su nove spie si sono accese perché abbiamo superato i limiti, anche l’acidificazione degli oceani ha raggiunto valori al limite della tolleranza. Oltrepassare questi limiti significa inoltrarsi in un campo sconosciuto e pericoloso.

E cosa si fa, mentre si guida, quando si accendono tante spie sul cruscotto della nostra auto, si è domandato Mercalli? Ci si ferma e si va dal meccanico e non si fa finta di niente, continuando a spingere sull’acceleratore. Sei spie su nove! Eppure ci sarebbero tutta una serie di azioni da intraprendere subito come, ad esempio: l’immediato freno al consumo di suolo; la riqualificazione degli edifici esistenti; riduzione drastica della produzione di rifiuti, andando verso il riuso più che il riciclo; conservazione e non spreco dell’acqua, un bene rinnovabile ma non infinito; verde ovunque e agricoltura; riduzione del consumo di carne; energie rinnovabili e creazione di comunità energetiche. Le cose da fare ci sono ed anche le soluzioni. Perché si sta però perdendo tempo?

Nelle parole di Mercalli, che parlava dalla sua casa in Val di Susa dove ha costruito il suo rifugio auto-sufficiente in alta montagna, come anche dall’espressione del suo volto, pur nella simpatia comunicativa che lo contraddistingue, si poteva leggere una certa stanchezza e delusione. I suoi interventi, come quelli di tanti altri scienziati, che vengono talvolta interpellati anche nei telegiornali, sono ridotti a pochi secondi, ma poi si dà spazio e approfondimenti alle chiacchiere di molti politici, che parlano per ore. Perché accade questo? Perché forse non vogliamo sapere la verità e perché molte delle azioni da intraprendere sono o appaiono, almeno al loro inizio, impopolari. E, quale politico vuol rendersi impopolare?

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