IN MORTE DI UN AMICO

 Il Limite / 138

In morte di un amico

di Raniero Regni

  Ho sempre creduto nell’amicizia. L’amicizia rappresenta un valore. Anche per questa ragione ho dedicato il mio ultimo libro, che si intitola proprio come questa rubrica, alle amiche e agli amici che sono impegnati nel nostro paese a difesa della salute e dell’ambiente. “L’amicizia è la scienza degli uomini liberi”, ha scritto A. Camus. E sempre lo scrittore francese ricorda come, nell’Iliade, persino i cavalli piangano la morte di Patroclo, che presto verrà vendicato dal suo amico Achille.

La saggezza antica ha sempre sostenuto che se anche si possedesse ogni altra ricchezza ma non si avesse un amico, saremmo comunque molto poveri. Se l’amicizia è un sapere e un sentire, se c’è una scienza dell’amicizia, è una “Froeliche Wissenshaft”, una “gaia scienza”. Così come intitola F. Nietzsche una delle sue opere più belle, misteriose ed inquietanti. Una scienza non musona ma sorridente, non triste ma allegra, non solo scienza ma anche arte. In uno dei paragrafi fiammeggianti di questo libro, Nietzsche parla della “amicizia stellare”.  E scrive, “eravamo amici e ci siamo diventati estranei. Ma è giusto così…Noi siamo due navi, ognuna delle quali ha la sua meta e la sua strada; possiamo benissimo incrociarci e celebrare una festa tra noi…forse potrà anche darsi che ci si veda, ma senza riconoscerci: i diversi mari e soli ci hanno mutati!”. Che cosa vuole dirci Nietzsche? Che niente è per sempre, che anche le amicizie finiscono o sono destinate a finire?

Qualche giorno fa se ne è andata una persona con cui ho avuto, all’altro capo della mia vita, un’importante amicizia. Più grande di me, è stato mio maestro, poi mio amico e poi mio fratello maggiore. E poi più niente. Mi ha aperto porte e fatto conoscere persone, mi ha lanciato nel mondo intellettuale, mi ha permesso di incontrare i miei veri maestri, vivi e morti, e poi, senza capire perché, la nostra amicizia è finita. Certo, io ero cresciuto e l’ammirazione aveva lasciato il posto ad una più giusta valutazione dei limiti della persona. Allora ognuno è andato per la sua strada, non senza contatti e contrasti, anche a distanza. Guardandomi indietro, credo di aver fatto persino tutte quelle cose che lui avrebbe voluto fare se solo non fosse rimasto prigioniero del suo carattere. Ne avrebbe avuto le capacità ma forse non ne possedeva la disciplina.

Quando ero giovane, agli inizi della mia formazione e della mia vita professionale, è stato un incontro importante. E questo non può essere cancellato e devo essergli riconoscente e grato. Poi l’inimicizia ha preso il sopravvento sull’amicizia, troppe le differenze. O forse perché, come mi suggerì un mio maestro pessimista, la prima è più antica della seconda?

Ma, nonostante tutto, un’amicizia non la si può e non la si deve cancellare. Ascoltiamo ancora Nietzsche. “Che ci dovessimo divenire estranei è la legge incombente su noi: ma appunto per questo dobbiamo diventare più degni di noi! Appunto per questo il pensiero della nostra trascorsa amicizia deve diventare più sacro! Esiste verosimilmente un’immensa invisibile curva e orbita siderale, in cui potrebbero essere ricomprese, quasi esigui tratti di strada, le nostre diverse vie e mete…Ma la vita è troppo breve, troppo scarsa la nostra facoltà visiva per poter essere più che degli amici nel senso di quella nobile possibilità. E così vogliamo credere nella nostra amicizia stellare, anche se dovessimo essere terrestri nemici l’un l’altro”.

Sì, nonostante tutto, nell’Infinito cerchio siderale che tutto comprende e tutto unisce, possiamo dire di essere ancora amici. Ora, di fronte alla morte, tutte le divergenze scompaiono. Come cantava un poeta a te caro: “dormi, vola, riposa”. Luciano, che ti sia lieve la terra.

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