HomeLa RivistaANTONIO PIBIRI POETA

ANTONIO PIBIRI POETA

Antonio Pibiri, nato a Sassari nel 1968, risiede ad Alghero dove si occupa di
scrittura creativa e musicologia.
Nel 2010 con Lampi di stampa pubblica Il mondo che rimane. Nel 2014, con lo stesso editore, Le matite di Henze.
Nel 2016 il suo terzo libro: Chiaro di terra (L’arcolaio, primo posto per l’opera edita al Plics di Sassari, ed. 2017).
Sempre nel 2017 gli viene assegnato il Premio Vp-Sardinia, arti contemporanee e ricerca, coordinatamente alle istituzioni letterarie di Austria / Salisburgo e la Società Dante Alighieri.
Nel 2018 pubblica Il prezzo della sposa (L’arcolaio).
Nel 2019 la sua opera trova spazio critico nell’Antologia di Marco Ercolani I fuochi complici.
Nel 2020 pubblica In cosa consiste il lavoro (L’arcolaio) e nel 2021 l’antologia critica, curata da Claudio Carmelo Pistillo e Antonio Fiori Le strane forme in cui ci salviamo (edizioni Delta3).
Hanno scritto di lui Flavio Ermini, Marco Ercolani, Cesari Viviani, Antonio Fiori, Rosa Pierno, Daniela Bisagno, Gisella Blanco, Carmelo Pistillo, Antonio Devicienti .

Questo autore si configura come un viaggiatore intrapprendente, portando con sé compagni di viaggio eccezionali: la musica e la memoria, forze abituate a sfidare l’ignoto. Come le navi di un tempo, si addentravano in mari inesplorati, così la parola dell’autore, accompagnata dalla melodia della musica e dalla persistenza della memoria, si spinge in territori sconosciuti, aprendo varchi destinati solo a coloro che possiedono il coraggio di esplorare l’ignoto.

La poesia è lo strumento principale di questo scrittore esploratore, il mezzo attraverso il quale si avvicina al mistero della vita e della memoria. Nonostante la potenza del contenuto e della forma, la poesia si rivela umile, consapevole della propria disarmata natura di fronte alla complessità della vita. In questo modo, l’autore riconosce la necessità di collaborare con le arti sorelle, nel domandare il supporto di pittura, musica e altre forme espressive neccessarie per catturare la vastità delle esperienze umane.

Così, nel cuore di questa esplorazione letteraria, emergono domande che non avranno mai risposta ed un profondo rispetto per il mistero della vita. L’autore, come un moderno Marco Polo della parola, si fa inseguire attraverso i labirinti della sua scrittura, nell’offrirci un viaggio affascinante e ricco di riflessioni sulla natura umana e sulle infinite sfaccettature della memoria.

Spatola a miglior febbre
crema dei colori più acuti
Tu sfuma grigi
o resta – se credi
dove addensa

La ghianda e la quercia

……………………(Così noi)
onoravamo Sun Tsu e l’autunno
nei colori disintegrati di Kiefer:
una scaltra battagliata di ghiande
marce, da frantumo – o acerbissime,
bossoli sordamente al rimbalzo
su schiene lanciate nel bosco.
Le urla in fuga disperavano i rifugi.
Pini e ruderi. Rovi. Filati.
Dove s’impolpa la tibia, lì il dettagliante
sceglie a quale prezzo il sangue.
I rovi sul litorale godevano al nostro urto,
si aprivano alle vocali della gioia.
A volte la ghianda schiantava il giovane petto.
Delle volte sino al fondo, nella torba.
La quercia sarebbe cresciuta col tempo
in un altro tempo. La quercia
nel teatro di guerra. Base sicura.
Le Case in costruzione sugli alberi.

Le stelle distanziano le ossa.

Sulle vie del tacere ho smarrito cosa dirti.
C’è solo l’ascolto da cui si ode
e al pari dell’oceano, come ogni elemento
raffina se stesso.

Il vero si firma somiglia a nomi
di fantasia.

Michele il pittore mi mostra una tela
un suolo dipinto per il viaggio
dice lui qualora perdessimo la via

– È un tuo informale, non corrisponde
a nessun stradario, dov’è casa, periferia?
C’è di che disperare in un luogo simile…

– Appunto, non vedi, è il Mondo, e l’altro,
che ingenuamente pensavi di conoscere:
niente treni, né viuzze, nosocomi, municipio…

– Se guardi bene c’è un vaporetto, lascia dietro
di sé la laguna per il grandioso scenario,
ma ci dovrò ancora lavorare, sfumarne

Nessun Commento

Inserisci un commento