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Gli alberi salveranno il mondo?

Il Limite / 132

Gli alberi salveranno il mondo?

di Raniero Regni 

“e i vetri diventan sabbia / l’inchiostro ritorna acqua / i banchi tornano alberi / il gesso diventa scoglio / la penna ridiventa uccello…/… e i muri della classe / tranquillamente crollano”

J. Prevert

Una cultura non è superiore ai suoi boschi

W. H.  Auden

 

Secondo il pensiero classico occidentale gli elementi di cui è costituito il mondo sono quattro: aria, acqua, terra, fuoco. Se si confronta questa concezione con quella del pensiero antico cinese si trova che gli elementi sono invece cinque, ai quattro già indicati se ne aggiunge un altro: il legno. Trovo molto saggia e vera questa visione e si capisce come un immenso paese contadino come la Cina abbia valorizzato il legno come un elemento cosmico fondamentale. Qualche anno fa, in un soggiorno ad Hong Kong, mi è capitato di vedere delle impalcature su edifici moderni molto alti fatte di gigantesche canne di bambù, che forse hanno una leggerezza, una resistenza e una flessibilità invidiabili, rispetto a quelle di ferro che si usano da noi.

L’elemento legno ha accompagnato la nostra storia come specie. Legno vuol dire alberi e gli alberi sono stati al centro della nostra vita e del nostro immaginario per centinaia di migliaia di anni. Lo scintillante mondo vegetale, assieme al brulicante mondo animale, hanno costituito non l’oggetto delle nostre azioni ma l’ambiente nel quale ci siamo co-evoluti assieme a tutte le altre specie viventi.

L’albero fornisce il legno, quello di cui sono state fatte le culle e le bare, quello con cui sono state costruite sia la barca che la ruota. L’albero cosmico, simbolo della vita, prima religione del mondo, sta al centro di molti miti. Un albero è un passaggio tra la terra e il cielo, un essere capace di trasformare il fango in luce. Gli alberi sono maestri, non parlo di quelli delle navi a vela, ma letteralmente gli alberi anche se non parlano hanno molte cose da insegnarci. L’intelligenza verde delle piante ci insegna che la collaborazione più che la competizione è alla base della vita. La competizione non può essere separata dalle infinite forme della cooperazione verde. Il mutuo aiuto e lo scambio di sostanze tra organismi e ambiente è di reciproco vantaggio. E questo le culture antiche lo hanno sempre saputo. Noi lo abbiamo dimenticato. Gran parte dell’umanità è andata ad abitare in citta, tra asfalto e cemento, come canta una famosa canzone, “lì dove c’era l’erba ora c’è una citta”.

Oggi, alcuni architetti di avanguardia hanno reimportato le piante anche nei grattacieli (penso al famoso “bosco verticale” milanese). Ce lo ricorda incessantemente anche S. Mancuso, neurobiologo vegetale dell’università di Firenze, anche nel suo ultimo libro intitolato Fitopolis, la città vivente. Da troppo tempo ci siamo posti al di fuori della natura, ci siamo separati dalla natura. Questo ci espone oggi a grandi rischi ambientali ed esistenziali. Come osserva Mancuso, il nostro successo urbano richiede, infatti, un flusso continuo ed esponenzialmente crescente di risorse e di energia, che però non sono illimitate. E poi c’è il riscaldamento globale che può cambiare in maniera definitiva l’ambiente delle nostre città rendendole invivibili. Ecco perché è diventato vitale riportare la natura all’interno del nostro habitat. Le città del futuro, siano esse costruite ex novo o rinnovate, devono trasformarsi in “fitopolis”, luoghi in cui il rapporto fra piante e animali si riavvicini al rapporto armonico che troviamo in natura.

Penso a questi temi nella giornata che celebra in tutto il mondo la festa gli alberi. Ma l’idea che avevamo da bambini, quando ci portavano a piantare delle fragili pianticelle di cui poi dovevamo prenderci cura, è molto cresciuta oggi. Non siamo noi che dobbiamo proteggere gli alberi ma sono le piante che ci proteggono. Le centomila varietà di alberi presenti in tutto il mondo, non sono solo una risorsa, sono ciò che rende possibile la vita. Non ci sono più gli umani, da una parte, e la natura, dall’altra; il soggetto umano e l’oggetto naturale. Dobbiamo prendere consapevolezza che siamo assieme, che dobbiamo coesistere perché condividiamo un unico destino.

Per prendere coscienza di questo è sempre necessaria un’azione educativa. La scuola dovrebbe essere in prima linea in questa battaglia. Non dovrebbe portare solo il bosco nella scuola ma la scuola nel bosco. Andare fuori per andare dentro se stessi, come invitava a fare Thoreau. Ma per fare questo dovrebbe abbattere le sue pareti, come ci inviata al fare la poesia di Prevert, liberando le sue energie creative. Intanto, per quel che mi riguarda, ho piantato un ulivo per ogni figlia e per ogni nipote e mi piace veder crescere loro e le loro piante.

Ascolto le loro parole ma provo ad ascoltare anche quello che, per richiamare un grande libro di qualche anno fa, “il sussurro del mondo” (del premio Pulitzer 2019, R. Powers), il brusio degli alberi. E il pensiero va agli auguri, i sacerdoti latini. Non era poi così strano che essi ascoltassero le fronde della quercia attraverso cui parlavano gli dei. Tra poco la distruzione degli ecosistemi ci chiederà il conto e noi non riusciremo a pagarlo. Gli alberi salveranno di nuovo il mondo?

( Foto e albero son di Raniero Regni)

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