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EDUCAZIONE SENTIMENTALE?  

Il dubbio / 132

EDUCAZIONE SENTIMENTALE?  

di Enea Di Ianni

 

  EDUCAZIONE SENTIMENTALE?  

La lista degli episodi di violenza sulle donne non si arresta, anzi si fa sempre più sconcertante e quando ci si trova di fronte all’intreccio di amore e morte diventa ancora più crudele il tutto, inspiegabile e straziante. I dati degli ultimi anni mostrano un crescente nel numero delle vittime: 101 nel 2020, 106 nel 2023 e più o meno in tutti questi accadimenti l’ “amore”, per un verso o per un altro, c’entra. Si uccide per amore tradito, ferito, finito, ma anche perché qualche donna, nella sua sacrosanta libertà di scelta, dice no o basta a certi rapporti e legami. La violenza non ha attenuanti né giustificazioni e quando si verifica mette allo scoperto aspettI dell’umano che sconcertano.
Ci diamo, giustamente, da fare in mille modi per averla vinta su malanni e problemi della quotidianità, ci ritroviamo fianco a fianco nel tentativo di contrastare i disastri naturali e i loro effetti  e poi ci ritroviamo, sgomenti, a ricercare pretesti e occasioni capaci  di dar vita alla trasformazione di tenere  carezze amorose in efferata improvvisa crudeltà.
Stupisce ancor oggi la dolce forza dell’amore  che tenne uniti, malgrado venti anni di lontananza, Ulisse e Penelope. Lei aspetta per vent’anni il ritorno del suo uomo e quando lo ha, finalmente, di fronte, pronto a riappropriarsi del talamo nuziale, lei frena l’ansia del concedersi , che pur la prende, tiene a bada il desiderio di lui, che è anche in lei, domina l’emozione e rivive, in un momento, tutte le incertezze che l’hanno turbata in quegli anni e che precedono una possibile nuova donazione di sé. Così la canta Omero:
“Agitata era nel cuore, incerta se mai interrogare da lungi il caro marito o se andargli vicino, baciare il suo capo e toccar le sue mani…”
Vincerà l’amore, ma l’emozione di quel preludio è immensamente grande.
Generazione di ragazze e ragazzi hanno coltivato il dolce dell’amare  ispirandosi a personaggi incrociati e conosciuti durante lo studio della storia, della letteratura, dei poeti latini, della mitologia… Parevano tanto reali quegli amori da riuscire a sopravvivere al tempo e alle stagioni fino a farli nostri, a poterli immaginare tangibili nei nostri adolescenziali sogni d’amore.         Così, magari, tornavamo a ridare idealmente vita ad Antonio e Cleopatra, a Paolo e Francesca, ad Anna Karenina e al conte Vrònskij  riuscendo, di volta in volta, a riviverli soprattutto nella voglia di dolcezza, tenerezza, nella pensosità, allegria, seriosità, passionalità e, a volte, anche nell’ irrequietezza di certi momenti che conducevano a momenti di estasi inenarrabili. Nel presente, purtroppo, tante storie cosiddette d’amore vanno facendosi preludio a qualcos’altro che sa di brutto, di innegabilmente disumano. Così la fonte per eccellenza della vita, l’ Eros, come in un gioco perverso, si tramuta in idea ossessiva di possesso, possesso esclusivo e  maniacale dell’altra, possesso ad ogni costo e totale.  Non è facile dire cos’è l’amore. Di certo è un sentimento che vive in noi, un germe che si nutre del nostro esistere, del nostro pensare, del nostro sognare, del nostro vedere, del nostro vissuto e del nostro fare e veder fare nella quotidianità.        L’amore matura e si colora di tutto ciò che, dalla nascita, ci accompagna nel crescere, nel divenire capaci e maturi di procreazione. La cosa più bella e più strana è che proprio l’amore ci dà la forza di tenere insieme, in una coesistenza meravigliosamente unica, affetti e sensazioni contrastanti e intriganti. Così, vivendolo, si ha l’impressione di essere in balia di qualcosa che travolge ma è dolce, sa di impetuoso eppure è protettivo, pare voglia tormentarci ed invece ci avvolge in momenti di tenerezza travolgenti, stupendi a viversi, difficile a narrarsi. “E’ bella la vita ora che il mondo mi ha dato te…” sono parole di Elton John, ma si addicono ad ogni vera storia di amore quando sa essere tale. Quando, invece, in nome dell’amore, si spezza una vita, si fa quasi naturale avvertire una cappa di impotenza che ci blocca nel fare e nel pensare, ci sconcerta al punto tale da spingerci a rimettere in discussione  tutto o quasi tutto del nostro modus vivendi.     Basta poco a stilare una scaletta di responsabilità: “Troppa libertà… troppa precocità…!  Colpa  di questa società…   della politica… delle famiglie… della  Scuola!   Anche dei cellulari…  della televisione… dell’assenza di controlli…!    Così tanti           responsabili? Può essere, Penso davvero, però, che non si debba  fare l’abitudine a simili tragici fatti, ma cominciare sul serio a porci, tutti, nella posizione di chi si interroga davvero sul da farsi e si impegna, poi, di persona.  Apuleio, in “Amore e Psiche” lascia intendere che l’amore è sempre un percorso ad ostacoli e gli strumenti per viverlo sono pazienza e determinazione, non avere fretta e non desistere.  Dove si apprendono pazienza e determinazione? Verrebbe da dire così, di botto, a Scuola e non è sbagliato. La Scuola è il luogo dove si educano, coordinano, integrano  ed affinano tutte le potenzialità per arrivare davvero al miglior risultato  atteso. Scrivere è il frutto del fare  e rifare segni, di farli in un certo modo, fino a che siano davvero lettere e cifre. Non importa se si fanno con la mano destra o con la sinistra, importa, invece, che siano inequivocabili per chi li scrive e per quanti li leggeranno.  Anche leggere e fare i conti  richiedono pazienza e determinazione, provare e riprovare fino a quando si è  autonomi nella lettura, capaci di comunicare a chi ci ascolta e, nel calcolo, essere in grado di tenere la piccola contabilità personale commisurando i desiderata alla consistenza della disponibilità di cassa.  Detto così sembra una cosa da niente per la Scuola e invece… Invece la Scuola di oggi è, spesso, in gara con se stessa: una corsa tra chi dà di più, in minor tempo e con meno sacrifici per l’utenza. I diplomi? Si comprano, perché sudarseli? Ormai tutti gli studenti sono dotati di strumenti onnipotenti e ultraveloci, gli stessi che consentono di scoprire  tutto a tutti e quando si vuole. Basta digitare una parola e si apre un mondo senza fine. L’amore non è scrittura e neppure lettura, lo so, ma anch’esso ha bisogno di essere appreso e maturare seguendo un’ evoluzione che è fatta di sensazioni, stati d’animo, sentimenti che si nutrono di timori, piaceri, attese, tristezze, delusioni, momenti di solitudine, di confidenze da farsi, segreti da custodire, delusioni da digerire. La vita di ognuno di noi si origina da un atto d’amore, crescendo, non può fare a meno dell’amor: di riceverlo e donarlo.  Per dare amore, però, bisogna averlo ricevuto, averlo conosciuto ed essersene innamorato. La Famiglia è la prima sorgente d’ amore, la Scuola è ambiente e cultura d’amore nelle diverse sue accezioni. Ha senso un’educazione sentimentale relegata, parcellizzata, in una, due, tre ore settimanali, a scuola, a cura di un’insegnante specifico? E in famiglia? La Scuola, a mio parere, di ogni ordine e grado, è ambiente d’amore, amore in tutte le sue sfumature ed espressioni, anche amore della competizione se leale e corretta. E gli studenti devono poterlo avvertire, sentire e respirare sempre questo amore, nella quotidianità dei rapporti tra i docenti e tra docenti e discenti, tra maestri ed alunni. La Famiglia è fonte e riserva d’amore, amore vero che non si compra e non si vende, non si contratta né baratta,  si scambia perché è  amore che vive attraverso “il fiato” stesso che in essa si respira.

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