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E PUR SI MUOVE: TU CADI, IO TI AIUTO, MA PERDO Copia

Editoriale / 111

E PUR SI MUOVE: TU CADI, IO TI AIUTO, MA PERDO

di Pierluigi Palmieri

 

Dovremmo quindi domandarci: CHE COSA SI PERDE QUANDO SI VINCE? Dovremmo pure ridefinire il concetto di successo e di vittoria nella vita chiedendoci: “come abbiamo corso?”, e non “come siamo arrivati?”….

Raniero Regni

  Porta un nome che evoca, e forse lo sa,  profeti e concetti divini;  ha un età in cui gli effetti perversi della società in cui vive non hanno ancora avuto il sopravvento sulla schiettezza e la spontaneità infantile; è un ragazzo attratto dalla pista di atletica dove corre con disinvoltura per mettere alla prova  forza e resistenza aerobica, sue doti naturali,

Gioele, undici anni, atleta in erba, era arrivato nei pressi del traguardo dei 400 metri, categoria esordienti, nel prologo del Meeting di Lucca svoltosi la settimana scorsa per l’organizzazione della locale Virtus, la sua Società,  quando incrociava involontariamente le sue gambe con quelle del suo coetaneo di Massarosa, che gli contendeva il primo posto, facendolo cadere a terra. Gli altri concorrenti erano stati staccati dai due ragazzi, evidentemente più dotati, che senza l’incidente avrebbero conquistato il primo e il secondo posto. Gioele, invece si è fermato per aiutare l’avversario a rialzarsi, Quando i due hanno ripreso la corsa sono stati superati di slancio da un bimbo di Livorno, secondo posto per Giole terzo per il ragazzo caduto. Ma quanto fairplay ! Spontaneo?. Istintivo?. Semplicemente Puro. Sì, purezza allo stato puro (non suona cacofonico), perché, a guardare bene il filmato ( QUI quello ripreso da Watch : Il fair play dell’11enne durante la gara di atletica: si ferma quando cade l’avversario | Watch (msn.com ) e a voler essere pignoli il ragazzo di Massarosa dopo aver superato Giole  anziché proseguire sulla sua linea  di corsa si è posto improvvisamente davanti a lui provocando l’inevitabile intreccio delle gambe. A rigore di logica avrebbe dovuto essere squalificato. Ma i 400 metri degli “esordenti” non si corrono in corsia per cui l‘invasione” non sussiste, come pure il fallo di ostruzione  .

 Enfatizziamo ancora sulla purezza del gesto,  che va  al di là di ogni cavillo regolamentare.  

 Gioele, grazie alla diffusione sul web del filmato relativo all’episodio ( in questo caso evviva i telefonini!, fatte salve però le critiche alle invadenti interruzioni di carattere pubblicitario) ha posto una pietra miliare emblematica del valore educativo dello sport .

I genitori dei protagonisti, che fino a qualche attimo prima si stavano sgolando per incitare i loro figli, al termine della gara hanno applaudito all’unisono il generoso bambino.

Vengono in mente tante riflessioni di carattere pedagogico, tanti titoli di libri saggi e articoli, uno tra tutti “Il bambino padre dell’uomo”  di R. Regni  di forte ispirazione montessoriana, che si attaglia perfettamente all’ambito sportivo, dove il vero fair play è pietra rara.

I condizionamenti legati alle speculazioni economiche e alla spettacolarizzazione , soprattutto nel calcio,  trasformando il campanilismo in egoismo, e  l’appartenenza in idolatria partigiana, sfociano sistematicamente nella violenza Non è sempre così, ma siccome accade spesso, troppo spesso, che ai margini degli stadi,  ci scappino  feriti e morti, come non enfatizzare l’esempio di un bambino che se ne frega della vittoria e della medaglia per aiutare il suo diretto “avversario” che è caduto. Lui, in un lampo, ha compreso che quella vittoria e quella medaglia  non avrebbero avuto alcun valore. Non solo il bambino che educa l’uomo, padre o tifoso che sia, ma anche il bambino che trae, e fa trarre. insegnamento dalla sconfitta.

Quanto vale una sconfitta? E’ scontato dire che nel caso in questione la sconfitta vale quanto e più della vittoria, ma nel pensiero dominante, da Pindaro in poi la sconfitta viene considerata un’umiliazione. Chi perde si sente schiacciato a terra, scrive il nostro Regni nell’articolo dal titolo emblematico “Cosa si perde quando si vince?”, mentre ricorda che nelle Olimpiche il grande poeta greco  raccoglie poesie in onore dei vincitori delle gare ( vedi link : Che cosa si perde vincendo? – Centralmente ) .

Giole non ha letto l’articolo di Regni, ( da direttore di questa rivista spero vivamente che lo faccia in futuro), né i grandi scrittori che il pedagogista vi cita (da Omero a Nietzche, da Iung a S. Weil) ma ha scritto a sua volta una pagina indelebile di etica umana prima che sportiva.

Una pagina che deve essere affiancata a quella, analoga, di ammirevole fair play scritta da Francesco Panetta, campione mondiale dei 3000 metri siepi a Roma 1987 e campione europeo a Spalato 1990, che, alla finale degli  Europei 1994, aiutò a  rialzarsi e riportarsi nel gruppo dei migliori il compagno di squadra Lambruschini, inciampato in un ostacolo, che poi vinse quella gara e l’oro europeo.

Lo stesso vale per il gesto di  Suncar Dabo, della Guinea Bissau  che nel 2019  ai Campionati del mondo in Qatar,  durante la batteria dei 5000 metri quando  vede l’atleta di Aruba, Jonathan Busby, che si accascia improvvisamente a terra in una smorfia di dolore, si ferma, si piega su di lui, lo rialza, lo sostiene fino al traguardo.

Gesti meravigliosi, analoghi, ma  non della stessa valenza di quello del nostro bambino, 

Comunque sia, di fronte a questi episodi, supportati dalla “teofania” del nome di Giole, quello dell’atleta/bambino  che è anche del profeta dell’Antico Testamento ( Nomen omen ), prendiamo lo spunto e la forza morale di pensare che il destino dello sport, che sembra segnato dall’immobilismo opportunistico di chi ci specula sopra, sia quello di indicare la strada giusta verso l’affermazione del principio universale che è alla base dell’umano: il rispetto degli altri.  E pur si muove!

 

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