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Crisi ambientale, Papa Francesco avverte ancora il mondo

Il Limite / 125

Crisi ambientale, Papa Francesco avverte ancora il mondo

di Raniero Regni

 

Dobbiamo tutti ripensare alla questione del potere umano, al suo significato e ai suoi limiti

Se i cittadini non controllano il potere politico – nazionale, regionale e municipale – neppure è possibile un contrasto dei danni ambientali

Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per sé stesso

Papa Francesco

Il giorno di S. Francesco, papa Francesco ha pubblicato una Esortazione apostolica, indirizzata a tutte le persone di buona volontà sulla crisi climatica. Dopo la Laudato si’, del 2015, il Pontefice torna su quella che è l’emergenza più importante dei nostri tempi. Il titolo è Laudate Deum, e parte anche questa volta da un’espressione del Santo di Assisi, “Lodate Dio per tutte le sue creature”. Il Papa è costretto a tornare ad avvertire il mondo perché la drammaticità della situazione non è stata ancora ben compresa, non solo dalla Chiesa cattolica di cui è il capo, non solo dai Cristiani di cui è la guida, ma dal mondo intero, nei confronti del quale si pone come uno dei veri pochi leader ad avere una visione di ampio respiro.

La cura per il pianeta e la cura per l’altro sono intimamente legati. La crisi ambientale, che ancora molti si ostinano a negare, è invece sempre più forte e accelerata in pochi anni. L’origine antropica di questa crisi è oramai fuori discussione, come anche la sua “insolita velocità”. A questo ritmo, “è possibile che tra dieci anni raggiungeremo il limite massimo globale auspicabile di 1,5 gradi centigradi.  L’aumento non si è verificato soltanto sulla superficie terrestre, ma anche a diversi chilometri di altezza nell’atmosfera, sulla superficie degli oceani e persino a centinaia di metri di profondità”. I paesi ricchi sono responsabili del riscaldamento globale molto più di quelli poveri, “le emissioni pro capite negli Stati Uniti sono circa il doppio di quelle di un abitante della Cina e circa sette volte maggiori rispetto alla media dei Paesi più poveri”.

Responsabile di questa situazione è quello che il Papa chiama il “paradigma tecnocratico”, che consiste “nel pensare come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell’economia. Come conseguenza logica, da qui si passa facilmente all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia”. Ed ecco il vero problema, “è l’ideologia che sottende un’ossessione: accrescere oltre ogni immaginazione il potere dell’uomo, per il quale la realtà non umana è una mera risorsa al suo servizio. Tutto ciò che esiste cessa di essere un dono da apprezzare, valorizzare e curare, e diventa uno schiavo, una vittima di qualsiasi capriccio della mente umana e delle sue capacità”. Siamo arrivati al punto di aver capito che “non ogni aumento del potere è un progresso per l’umanità”. La sua potenza è aumentata ma non la sua coscienza e la sua responsabilità. L’essere umano non può considerarsi esterno alla natura, la sua vita e la sua intelligenza sono parte di essa.

Il Papa smaschera con grande lucidità le strategie usate dalle imprese, come le loro complicità politiche, per agire indisturbate. “La decadenza etica del potere reale è mascherata dal marketing e dalla falsa informazione, meccanismi utili nelle mani di chi ha maggiori risorse per influenzare l’opinione pubblica attraverso di essi. Con l’aiuto di questi meccanismi, quando si pensa di avviare un progetto con forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti, gli abitanti della zona vengono illusi parlando del progresso locale che si potrà generare o delle opportunità economiche, occupazionali e di promozione umana che questo comporterà per i loro figli. Ma in realtà manca un vero interesse per il futuro di queste persone”. La logica del massimo profitto al minimo costo, mascherata da razionalità, come nel caso che più volte abbiamo analizzato in queste pagine dell’uso dei rifiuti come combustibile, ignora i danni ambientali e la minaccia alla salute.

Il Papa non fa solo un appello ideale e spirituale al mondo ma ripone una grande speranza nella prossima COP 28 di Dubai. Egli sa che la soluzione dovrà essere politica, a livello nazionale e internazionale, e che la politica significa coinvolgimento di tutti i cittadini. Per questo scende in campo a difesa di chi si impegna nella causa ambientale. “Poniamo finalmente termine all’irresponsabile presa in giro che presenta la questione come solo ambientale, “verde”, romantica, spesso ridicolizzata per interessi economici. Ammettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in senso ampio e a vari livelli. Per questo si richiede un coinvolgimento di tutti. Attirano spesso l’attenzione, in occasione delle Conferenze sul clima, le azioni di gruppi detti “radicalizzati”. In realtà, essi occupano un vuoto della società nel suo complesso, che dovrebbe esercitare una sana pressione, perché spetta ad ogni famiglia pensare che è in gioco il futuro dei propri figli”.

Molti, troppi i punti essenziali toccati da questo documento su cui dovremo tornare. Concludiamo richiamando una domanda cruciale posta dal Papa, domanda che ogni essere umano di buona volontà dovrebbe sinceramente porsi: “qual è il senso della mia vita, qual è il senso del mio passaggio su questa terra, qual è in definitiva il senso del mio lavoro e del mio impegno?”. Qual è, se non fare bene e fare il bene?

(continua)

 

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