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PATRIZIA VALDUGA, CENTO QUARTINE E ALTRE STORIE D’AMORE

“Cento quartine e altre storie d’amore” di Patrizia Valduga è una raccolta di poesie che affonda le sue radici nell’incontro fra il teatro e la poesia, risultando così un’esperienza intensa e coinvolgente per il lettore. L’autrice, una nota poetessa e traduttrice italiana, dimostra una profonda comprensione delle dinamiche emotive e relazionali fra uomini e donne.

La scelta di cento quartine per descrivere le sfumature di un incontro d’amore in “tempo reale” è una mossa audace e sorprendente. Questo formato breve e incisivo cattura l’essenza del momento e le emozioni in modo immediato e intenso. Senza censure, Valduga ci regala uno sguardo autentico e senza filtri sugli alti e bassi delle relazioni, suscitando nei lettori una gamma di sentimenti, dall’amore alla passione, dall’euforia alla delusione.

La sua padronanza della parola e la profonda conoscenza dei grandi autori che ha studiato emergono chiaramente nelle sue composizioni. La poesia di Valduga si presenta come un affresco di esperienze umane, ispirato dalle opere di autori come Mallarmé, Valery, Donne, Molière, Céline, Cocteau e Shakespeare. Queste influenze si fondono armoniosamente nella sua voce, dando vita a un linguaggio potente ed evocativo.

La seconda parte della raccolta, in cui mille versi descrivono la metamorfosi di un’esperienza erotica in una sorta di rivelazione iniziatica, è un vero e proprio capolavoro. Qui, l’autrice esplora il confine tra il fisico e il metafisico, tra il corpo e l’anima, consegnando al lettore una serie di immagini intense e simboliche che lo coinvolgono completamente. Questa parte della raccolta, in particolare, dimostra la versatilità e la profondità della poetessa.

(R.Puzzu)

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Come sei bello quando sei eccitato!
Come hai gli occhi più neri…
così neri: due nere notti che stanno in agguato
sopra i miei sensi, sopra i miei pensieri.

 

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«Tu mandali a dormire i tuoi pensieri,
devi ascoltare i sensi solamente;
sarà un combattimento di guerrieri:
combatterà il tuo corpo e non la mente…»

 

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Terra la terra, vieni su di me:

Voglio il tuo vomere nella mia terra,

Fiorire ancora traboccando e

offrire il fiore a te, mio cielo in terra.

 

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In questa stanza che non ha più uscita,
come stormisce il sangue, e al suo stormire
è il mio turno di vivere… di vita…
Io so che sai che cosa voglio dire.

«So solo quello che mi basta a stento
per non sprecare i battiti del cuore,
perché sapere, sappilo, è un tormento:
è sempre chi più sa che ha più dolore.»

Sono il mare di me, mugghiante in me,
e senza oriente, senza più occidente,
la mia matrice muove verso sé
e bagno le mie rive lentamente. 

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